martedì 17 giugno 2008

  • Silenzio sulla richiesta di permesso di costruire: sostanza e rimedi

  • TAR Lazio-Roma, sez. II bis, sentenza 03.01.2008 n° 14
  • (Alessandro Del Dotto)

    Per giurisprudenza consolidata, il silenzio serbato integra la violazione di un preciso dovere giuridico sanzionabile in sede giurisdizionale con l’accertamento dell’obbligo dell’Amministrazione di esitare con provvedimento esplicito la richiesta del privato, atteso che il rifiuto di provvedere, senza alcuna giustificazione, si risolve in una grave limitazione delle facoltà del cittadino di esercitare il diritto di edificare, espressione tipica del diritto dominicale.
    Il rifiuto implicito sia per propria natura sempre illegittimo, specie se connesso a situazioni di diritto degradate, come si verifica nel caso di richiesta di concessione edilizia, rispetto alla quale il proprietario del bene fa valere un diritto soggettivo condizionato in attesa di espansione, dal momento che tale comportamento omissivo e di inerzia, oltre a rivelarsi elusivo di un preciso dovere provvedimentale imposto dalla legge, risulta anche carente della dovuta motivazione, precludendo in tal modo anche il diritto di difesa del cittadino che ne viene a subire gli effetti negativi.
    Di qui l’utilizzabilità del procedimento delineato dall’art. 21 bis della L. 1034/71 caratterizzato dalla snellezza e dalla velocità che culmina – nel caso di accoglimento del ricorso – con la declaratoria dell’obbligo di provvedere imponendo pertanto all’Amministrazione inadempiente il rispetto dei principi sul giusto procedimento.
    Del resto la stessa giurisprudenza ha chiarito che – per espressa definizione normativa – il silenzio sull’istanza di rilascio del permesso di costruire si qualifica come silenzio rifiuto e non come silenzio rigetto e che, come tale, può essere oggetto di impugnazione con il procedimento ex art. 21 bis della L. 1034/71.
    La normativa di riferimento non dà adito ad apprezzabili dubbi interpretativi: decorsi i termini di legge per l’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento per il rilascio del permesso di costruire, si forma il silenzio-rifiuto (art. 20, nono comma), immediatamente impugnabile in sede giurisdizionale (art. 21, primo comma, ultimo periodo).
    Questi i passaggi fondamentali della decisione del T.A.R. Lazio all’interno di un ricorso promosso per sentir dichiarare l’illegittimità del silenzio serbato dalla p.a. in ordine ad una istanza di rilascio di titolo edificatorio.
    La precisazione operata in massima, in particolare, si è posta quale necessaria premessa onde motivare il non accoglimento della questione di inammissibilità proposta dalla amministrazione resistente, la quale – come implicitamente si evince dalla lettura della motivazione della sentenza in “diritto” – aveva eccepito la pregiudiziale in rito proprio sull’argomento della sostanziale configurazione del silenzio serbato sull’istanza.
    In tal senso, se è vero – com’è vero: cfr. ricostruzione normativa in materia di permessi di costruire – che in tali fattispecie si versa in ipotesi di silenzio-rifiuto (o “inadempimento) e non di silenzio-rigetto, alla medesima fattispecie si possono applicarei rimedi ordinariamente previsti per la tutela contro i silenzi inerti della p.a. (“posti in essere” in violazione manifesta dell’articolo 2 della
    l. n. 241/1990).
    Tuttavia, un ulteriore appunto non può, di certo, essere omesso, nell’occasione che si coglie sul punto dei silenzi-rifiuto della p.a.
    Non si può, infatti, mancare di osservare (accodandosi, peraltro, alle posizioni espresse da numerosi giuristi) come la
    l. n. 241/1990 stabilisca l’obbligo del provvedimento espresso della p.a., e cioé l’obbligo della p.a. di concludere un procedimento amministrativo con una decisione (motivata: art. 3); una formulazione chiara e molto poco equivoca circa l’obbligo per la p.a. italiana di provvedere.
    Ebbene, l’assurdo del sistema di tutela di fronte ai silenzi-inadempimento sta, appunto, nella circostanza che il ricorrente propone domanda al giudice perché, accertata la sussistenza del silenzio inadempimento, condanni l’amministrazione a provvedere, quando il contenuto di tale condanna è già chiaramente e sufficientemente disposto dalla norma di legge che obbliga la p.a. a provvedere sempre ed espressamente.
    Al cittadino, in due parole, tale sistema di tutela processuale non pare offrire alcuna utilità rispetto a quanto stabilito in sede sostanziale.
    Tale notazione – si è ben cosciente – offre il fianco ad appunti, specie in ordine ai poteri che allora, bisognerebbe riconoscere al G.a., dal momento che a quest’ultimo – per esser coerenti e logici, rispetto ai rilievi anzidetti – dovrebbe attribuirsi non solo il potere di sentenziare accertando l’obbligo (invece, inesitato) di provvedere e conseguente condanna, ma anche quello – ben più efficace – di entrare nel merito e delibare la fondatezza dell’istanza nonché giudicare del merito della stessa (pu se, si è ben coscienti, simile soluzione rischia di confondere i ruoli di amministrazione e Giudice).
    E questo non solo per gli atti vincolati – come già esiste e di cui, in generale, i Giudici amministrativi paiono molto dubitare – ma per tutti gli atti che la p.a. deve emanare e non emana a fronte delle legittime istanze del cittadino.
    E’ in ogni caso una scelta di valori: la preservazione dell’ordinamento giurisdizionale o l’efficacia della tutela da accordare al cittadino?


(Altalex, 13 giugno 2008. Nota di Alessandro Del Dotto)


T.A.R.


Lazio - Roma


Sezione II bis

Sentenza 3 gennaio 2008, n. 14

Massima e Testo Integrale

MASSIMA


Permesso di costruire – domanda – risposta della P.A. – silenzio – illegittimità


Di fronte ad una domanda di permesso di costruire, la P.A. non può limitarsi a negare il permesso con il silenzio, ma vi deve essere un provvedimento espresso.


(Fonte: Altalex Massimario 14/2008. Cfr. nota di Alessandro Del Dotto)

T.A.R.

Lazio - Roma

Sezione II bis

Sentenza 3 gennaio 2008, n. 14

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

- Sezione Seconda Bis -

composto dai signori magistrati:
Dott. Francesco Corsaro Presidente
Dott. Francesco Riccio Consigliere
Dott. Stefania Santoleri Consigliere, relatore
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 8111/07, proposto da X., rappresentato e difeso dall’Avv. Luisa Totino ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Roma, Via G. Ferrari n. 11.
contro
il COMUNE DI ROMA in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Alessandro Rizzo ed elettivamente domiciliato presso gli uffici dell’Avvocatura Comunale siti in Roma, Via del Tempio di Giove n. 21
il COMUNE DI ROMA – Dipartimento IX – in persona del legale rappresentante p.t.
per l'annullamento
del silenzio rifiuto formatosi sulla domanda di rilascio del permesso di costruire in data 12/4/07 prot. n. QI/2007/24270, avente ad oggetto l’ampliamento di un fabbricato residenziale, nonché di ogni atto presupposto, connesso, consequenziale a quello impugnato.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione resistente;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Udita alla Camera di Consiglio del 6 dicembre 2007 la relazione della Dott.ssa Stefania Santoleri, e uditi, altresì, per le parti gli avvocati come da verbale di udienza allegato agli atti del giudizio.
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO
Il ricorrente è proprietario di un terreno con sovrastante fabbricato destinato ad abitazione propria e del nucleo familiare, sito in Roma, Via Tenuta S. Agata n. 20, distinto in catasto al foglio 193, part. 31 e 32.
Con domanda prot. n. QI/2007/24270 del 12/4/07, il ricorrente ha chiesto il rilascio del permesso di costruire per realizzare l’ampliamento del proprio fabbricato.
Il Comune è rimasto inerte.
Essendo trascorso il termine di cui all’art. 20 del D.P.R. 380/01[1], il ricorrente ha impugnato il silenzio rifiuto deducendo i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 20 del D.P.R. 380/01 e succ. mod. ed integr. Eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione.
L’art. 20 del D.P.R. 380/01 assegna all’Amministrazione il termine tassativo entro il quale adottare il provvedimento.
Ai sensi dell’art. 20 comma 9 del D.P.R. 380/01, decorso il termine previsto dalla legge il permesso si intende rifiutato.
Nella fattispecie il Comune non avrebbe adottato alcun provvedimento nei termini previsti dalla legge e quindi si sarebbe formato il silenzio rifiuto impugnabile dinanzi al giudice amministrativo.
2) Violazione degli artt. 2 comma 2 e 3 comma 1 della L. 241/90 e succ. mod. ed integr. Difetto di motivazione.
Il silenzio prestato dall’Amministrazione sarebbe illegittimo dovendo la P.A. concludere il procedimento con un provvedimento espresso e motivato.
Insiste quindi il ricorrente per l’accoglimento del ricorso.
Il Comune di Roma si è costituito in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.
Alla Camera di Consiglio del 6 dicembre 2007 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO
Preliminarmente ritiene il Collegio di dover respingere l’eccezione di inammissibilità sollevata da parte resistente atteso che – per giurisprudenza consolidata – il silenzio serbato integra la violazione di un preciso dovere giuridico sanzionabile in sede giurisdizionale con l’accertamento dell’obbligo dell’Amministrazione di esitare con provvedimento esplicito la richiesta del privato, atteso che il rifiuto di provvedere, senza alcuna giustificazione, si risolve in una grave limitazione delle facoltà del cittadino di esercitare il diritto di edificare, espressione tipica del diritto dominicale (cfr. T.A.R. Basilicata n. 145/07; TAR Lazio, Latina, 14 marzo 2001, n.295).
Con riferimento a quanto precisato, ritiene dunque il Collegio che il rifiuto implicito sia per propria natura sempre illegittimo, specie se connesso a situazioni di diritto degradate, come si verifica nel caso di richiesta di concessione edilizia, rispetto alla quale il proprietario del bene fa valere un diritto soggettivo condizionato in attesa di espansione, dal momento che tale comportamento omissivo e di inerzia, oltre a rivelarsi elusivo di un preciso dovere provvedimentale imposto dalla legge, risulta anche carente della dovuta motivazione, precludendo in tal modo anche il diritto di difesa del cittadino che ne viene a subire gli effetti negativi.
Di qui l’utilizzabilità del procedimento delineato dall’art. 21 bis dellaL. 1034/71 [2] caratterizzato dalla snellezza e dalla velocità che culmina – nel caso di accoglimento del ricorso – con la declaratoria dell’obbligo di provvedere imponendo pertanto all’Amministrazione inadempiente il rispetto dei principi sul giusto procedimento.
Del resto la stessa giurisprudenza ha chiarito che – per espressa definizione normativa – il silenzio sull’istanza di rilascio del permesso di costruire si qualifica come silenzio rifiuto e non come silenzio rigetto (T.A.R. Marche n. 413/06) e che come tale può essere oggetto di impugnazione con il procedimento ex art. 21 bis della L. 1034/71.
Ne consegue l’infondatezza della proposta eccezione.
Nel merito il ricorso è fondato.
L’art. 20 (Procedimento di rilascio del permesso di costruire) del D.P.R. n. 380/2001 fissa termini ben definiti per la conclusione del procedimento di rilascio del permesso di costruire, stabilendo in particolare che: a) entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento, acquisiti i prescritti pareri e valutata la conformità del progetto alla normativa vigente, formula una proposta di provvedimento, corredata da una dettagliata relazione, con la qualificazione tecnico-giuridica dell’intervento richiesto (terzo comma); b) il responsabile del procedimento, qualora ritenga che ai fini del rilascio del permesso di costruire sia necessario apportare modifiche di modesta entità rispetto al progetto originario, può nel predetto termine di sessanta giorni, richiedere tali modifiche, illustrandone le ragioni. L’interessato si pronuncia sulla richiesta di modifica entro il termine fissato e, in caso di adesione, è tenuto ad integrare la documentazione nei successivi quindici giorni. La richiesta del responsabile del procedimento sospende, fino al relativo esito, il decorso del termine di sessanta giorni (quarto comma); c) il termine di sessanta giorni può essere interrotto una sola volta dal responsabile del procedimento entro quindici giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità dell’amministrazione o che questa non possa acquisire autonomamente. In tal caso, il termine ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa (quinto comma); d) nell’ipotesi in cui, ai fini della realizzazione dell’intervento, sia necessario acquisire atti di assenso, comunque denominati, di altre amministrazioni, diverse da quelle di cui all’art. 5 comma 3 (aziende sanitarie e vigili del fuoco), il competente ufficio comunale convoca una conferenza di servizi (sesto comma); e) il provvedimento finale è adottato dal dirigente entro quindici giorni dalla proposta formulata dal responsabile del procedimento ovvero dall’esito della conferenza di servizio (settimo comma); f) i termini di cui ai commi 3 e 5 sono raddoppiati per i comuni con più di 100.000 abitanti, nonché per i progetti particolarmente complessi, secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento (ottavo comma); g) decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-rifiuto (nono comma).
A sua volta il successivo art. 21 (Intervento sostitutivo regionale) del citato D.P.R. n. 380/2001 oltre ad aver previsto la facoltà per l’interessato di richiedere l’intervento sostitutivo regionale, stabilisce all’ultimo periodo del primo comma che "Resta comunque ferma la facoltà di impugnare in sede giurisdizionale il silenzio-rifiuto formatosi sulla domanda di permesso di costruire".
La riportata normativa di riferimento non dà adito ad apprezzabili dubbi interpretativi: decorsi i termini di legge per l’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento per il rilascio del permesso di costruire, si forma il silenzio-rifiuto (art. 20, nono comma), immediatamente impugnabile in sede giurisdizionale (art. 21, primo comma, ultimo periodo).
Nella fattispecie alla domanda di rilascio del permesso di costruire del 12 aprile 2007 non ha fatto seguito alcun atto – neppure istruttorio – da parte del Comune di Roma fino al momento della proposizione del ricorso (e cioè fino al 21 settembre 2007, data di notifica dell’impugnazione).
Sicchè essendo trascorsi i termini previsti dall’art. 20 del D.P.R. 380/91 si è formato il silenzio impugnabile in sede giurisdizionale, ed avendo la P.A. l’obbligo di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento espresso, che consenta all’interessato di comprendere le ragioni della scelta operata dall’Amministrazione e che quindi gli garantisca idonea tutela giurisdizionale, il silenzio serbato dal Comune di Roma deve ritenersi illegittimo.
Non può infatti assumere rilievo la richiesta di integrazione documentale avanzata dal Comune di Roma in data 2 ottobre 2007, in quanto successiva allo spirare del termine per la conclusione del procedimento e all’instaurazione del giudizio, alla quale, peraltro, non ha fatto seguito l’adozione di alcun provvedimento decisorio, unico elemento in grado di comportare la declaratoria di improcedibilità dell’impugnazione.
Il ricorso va quindi accolto, ai limitati fini di ordinare al Comune di Roma di provvedere all’adozione del provvedimento conclusivo entro il termine di 60 (sessanta) giorni decorrenti dalla comunicazione o dalla notifica, se anteriore, della presente sentenza.
Il Tribunale nomina sin d’ora come Commissario ad acta, il Responsabile dei servizi urbanistici della Regione Lazio, o un funzionario dal medesimo direttamente designato, con l’incarico di provvedere in via sostitutiva nei successivi sessanta giorni, qualora il Comune non provveda nel termine al medesimo assegnato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Seconda Bis -
accoglie
- il ricorso in epigrafe indicato e per l’effetto annulla il silenzio rifiuto e dichiara l’obbligo per l’Amministrazione di provvedere sull’istanza di rilascio del permesso di costruire presentata dal ricorrente in data 12/4/07 prot. n. QI/2007/24270;
- nomina sin d’ora come Commissario ad acta, il Responsabile dei servizi urbanistici della Regione Lazio, o un funzionario dal medesimo direttamente designato, con l’incarico di provvedere in via sostitutiva nei successivi sessanta giorni, qualora il Comune non provveda nel termine al medesimo assegnato;
- condanna il Comune di Roma al pagamento delle spese di lite che liquida complessivamente in € 500 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 dicembre 2007.


Francesco Corsaro PRESIDENTE


Stefania Santoleri ESTENSORE


Depositata in Segreteria il 3 gennaio 2008.

  • Silenzio sulla richiesta di permesso di costruire: sostanza e rimedi

  • TAR Lazio-Roma, sez. II bis, sentenza 03.01.2008 n° 14
  • (Alessandro Del Dotto)

    Per giurisprudenza consolidata, il silenzio serbato integra la violazione di un preciso dovere giuridico sanzionabile in sede giurisdizionale con l’accertamento dell’obbligo dell’Amministrazione di esitare con provvedimento esplicito la richiesta del privato, atteso che il rifiuto di provvedere, senza alcuna giustificazione, si risolve in una grave limitazione delle facoltà del cittadino di esercitare il diritto di edificare, espressione tipica del diritto dominicale.
    Il rifiuto implicito sia per propria natura sempre illegittimo, specie se connesso a situazioni di diritto degradate, come si verifica nel caso di richiesta di concessione edilizia, rispetto alla quale il proprietario del bene fa valere un diritto soggettivo condizionato in attesa di espansione, dal momento che tale comportamento omissivo e di inerzia, oltre a rivelarsi elusivo di un preciso dovere provvedimentale imposto dalla legge, risulta anche carente della dovuta motivazione, precludendo in tal modo anche il diritto di difesa del cittadino che ne viene a subire gli effetti negativi.
    Di qui l’utilizzabilità del procedimento delineato dall’art. 21 bis della L. 1034/71 caratterizzato dalla snellezza e dalla velocità che culmina – nel caso di accoglimento del ricorso – con la declaratoria dell’obbligo di provvedere imponendo pertanto all’Amministrazione inadempiente il rispetto dei principi sul giusto procedimento.
    Del resto la stessa giurisprudenza ha chiarito che – per espressa definizione normativa – il silenzio sull’istanza di rilascio del permesso di costruire si qualifica come silenzio rifiuto e non come silenzio rigetto e che, come tale, può essere oggetto di impugnazione con il procedimento ex art. 21 bis della L. 1034/71.
    La normativa di riferimento non dà adito ad apprezzabili dubbi interpretativi: decorsi i termini di legge per l’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento per il rilascio del permesso di costruire, si forma il silenzio-rifiuto (art. 20, nono comma), immediatamente impugnabile in sede giurisdizionale (art. 21, primo comma, ultimo periodo).
    Questi i passaggi fondamentali della decisione del T.A.R. Lazio all’interno di un ricorso promosso per sentir dichiarare l’illegittimità del silenzio serbato dalla p.a. in ordine ad una istanza di rilascio di titolo edificatorio.
    La precisazione operata in massima, in particolare, si è posta quale necessaria premessa onde motivare il non accoglimento della questione di inammissibilità proposta dalla amministrazione resistente, la quale – come implicitamente si evince dalla lettura della motivazione della sentenza in “diritto” – aveva eccepito la pregiudiziale in rito proprio sull’argomento della sostanziale configurazione del silenzio serbato sull’istanza.
    In tal senso, se è vero – com’è vero: cfr. ricostruzione normativa in materia di permessi di costruire – che in tali fattispecie si versa in ipotesi di silenzio-rifiuto (o “inadempimento) e non di silenzio-rigetto, alla medesima fattispecie si possono applicarei rimedi ordinariamente previsti per la tutela contro i silenzi inerti della p.a. (“posti in essere” in violazione manifesta dell’articolo 2 della
    l. n. 241/1990).
    Tuttavia, un ulteriore appunto non può, di certo, essere omesso, nell’occasione che si coglie sul punto dei silenzi-rifiuto della p.a.
    Non si può, infatti, mancare di osservare (accodandosi, peraltro, alle posizioni espresse da numerosi giuristi) come la
    l. n. 241/1990 stabilisca l’obbligo del provvedimento espresso della p.a., e cioé l’obbligo della p.a. di concludere un procedimento amministrativo con una decisione (motivata: art. 3); una formulazione chiara e molto poco equivoca circa l’obbligo per la p.a. italiana di provvedere.
    Ebbene, l’assurdo del sistema di tutela di fronte ai silenzi-inadempimento sta, appunto, nella circostanza che il ricorrente propone domanda al giudice perché, accertata la sussistenza del silenzio inadempimento, condanni l’amministrazione a provvedere, quando il contenuto di tale condanna è già chiaramente e sufficientemente disposto dalla norma di legge che obbliga la p.a. a provvedere sempre ed espressamente.
    Al cittadino, in due parole, tale sistema di tutela processuale non pare offrire alcuna utilità rispetto a quanto stabilito in sede sostanziale.
    Tale notazione – si è ben cosciente – offre il fianco ad appunti, specie in ordine ai poteri che allora, bisognerebbe riconoscere al G.a., dal momento che a quest’ultimo – per esser coerenti e logici, rispetto ai rilievi anzidetti – dovrebbe attribuirsi non solo il potere di sentenziare accertando l’obbligo (invece, inesitato) di provvedere e conseguente condanna, ma anche quello – ben più efficace – di entrare nel merito e delibare la fondatezza dell’istanza nonché giudicare del merito della stessa (pu se, si è ben coscienti, simile soluzione rischia di confondere i ruoli di amministrazione e Giudice).
    E questo non solo per gli atti vincolati – come già esiste e di cui, in generale, i Giudici amministrativi paiono molto dubitare – ma per tutti gli atti che la p.a. deve emanare e non emana a fronte delle legittime istanze del cittadino.
    E’ in ogni caso una scelta di valori: la preservazione dell’ordinamento giurisdizionale o l’efficacia della tutela da accordare al cittadino?


(Altalex, 13 giugno 2008. Nota di Alessandro Del Dotto)


T.A.R.


Lazio - Roma


Sezione II bis

Sentenza 3 gennaio 2008, n. 14

Massima e Testo Integrale

MASSIMA


Permesso di costruire – domanda – risposta della P.A. – silenzio – illegittimità


Di fronte ad una domanda di permesso di costruire, la P.A. non può limitarsi a negare il permesso con il silenzio, ma vi deve essere un provvedimento espresso.


(Fonte: Altalex Massimario 14/2008. Cfr. nota di Alessandro Del Dotto)

T.A.R.

Lazio - Roma

Sezione II bis

Sentenza 3 gennaio 2008, n. 14

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

- Sezione Seconda Bis -

composto dai signori magistrati:
Dott. Francesco Corsaro Presidente
Dott. Francesco Riccio Consigliere
Dott. Stefania Santoleri Consigliere, relatore
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 8111/07, proposto da X., rappresentato e difeso dall’Avv. Luisa Totino ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Roma, Via G. Ferrari n. 11.
contro
il COMUNE DI ROMA in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Alessandro Rizzo ed elettivamente domiciliato presso gli uffici dell’Avvocatura Comunale siti in Roma, Via del Tempio di Giove n. 21
il COMUNE DI ROMA – Dipartimento IX – in persona del legale rappresentante p.t.
per l'annullamento
del silenzio rifiuto formatosi sulla domanda di rilascio del permesso di costruire in data 12/4/07 prot. n. QI/2007/24270, avente ad oggetto l’ampliamento di un fabbricato residenziale, nonché di ogni atto presupposto, connesso, consequenziale a quello impugnato.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione resistente;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Udita alla Camera di Consiglio del 6 dicembre 2007 la relazione della Dott.ssa Stefania Santoleri, e uditi, altresì, per le parti gli avvocati come da verbale di udienza allegato agli atti del giudizio.
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO
Il ricorrente è proprietario di un terreno con sovrastante fabbricato destinato ad abitazione propria e del nucleo familiare, sito in Roma, Via Tenuta S. Agata n. 20, distinto in catasto al foglio 193, part. 31 e 32.
Con domanda prot. n. QI/2007/24270 del 12/4/07, il ricorrente ha chiesto il rilascio del permesso di costruire per realizzare l’ampliamento del proprio fabbricato.
Il Comune è rimasto inerte.
Essendo trascorso il termine di cui all’art. 20 del D.P.R. 380/01[1], il ricorrente ha impugnato il silenzio rifiuto deducendo i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 20 del D.P.R. 380/01 e succ. mod. ed integr. Eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione.
L’art. 20 del D.P.R. 380/01 assegna all’Amministrazione il termine tassativo entro il quale adottare il provvedimento.
Ai sensi dell’art. 20 comma 9 del D.P.R. 380/01, decorso il termine previsto dalla legge il permesso si intende rifiutato.
Nella fattispecie il Comune non avrebbe adottato alcun provvedimento nei termini previsti dalla legge e quindi si sarebbe formato il silenzio rifiuto impugnabile dinanzi al giudice amministrativo.
2) Violazione degli artt. 2 comma 2 e 3 comma 1 della L. 241/90 e succ. mod. ed integr. Difetto di motivazione.
Il silenzio prestato dall’Amministrazione sarebbe illegittimo dovendo la P.A. concludere il procedimento con un provvedimento espresso e motivato.
Insiste quindi il ricorrente per l’accoglimento del ricorso.
Il Comune di Roma si è costituito in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.
Alla Camera di Consiglio del 6 dicembre 2007 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO
Preliminarmente ritiene il Collegio di dover respingere l’eccezione di inammissibilità sollevata da parte resistente atteso che – per giurisprudenza consolidata – il silenzio serbato integra la violazione di un preciso dovere giuridico sanzionabile in sede giurisdizionale con l’accertamento dell’obbligo dell’Amministrazione di esitare con provvedimento esplicito la richiesta del privato, atteso che il rifiuto di provvedere, senza alcuna giustificazione, si risolve in una grave limitazione delle facoltà del cittadino di esercitare il diritto di edificare, espressione tipica del diritto dominicale (cfr. T.A.R. Basilicata n. 145/07; TAR Lazio, Latina, 14 marzo 2001, n.295).
Con riferimento a quanto precisato, ritiene dunque il Collegio che il rifiuto implicito sia per propria natura sempre illegittimo, specie se connesso a situazioni di diritto degradate, come si verifica nel caso di richiesta di concessione edilizia, rispetto alla quale il proprietario del bene fa valere un diritto soggettivo condizionato in attesa di espansione, dal momento che tale comportamento omissivo e di inerzia, oltre a rivelarsi elusivo di un preciso dovere provvedimentale imposto dalla legge, risulta anche carente della dovuta motivazione, precludendo in tal modo anche il diritto di difesa del cittadino che ne viene a subire gli effetti negativi.
Di qui l’utilizzabilità del procedimento delineato dall’art. 21 bis dellaL. 1034/71 [2] caratterizzato dalla snellezza e dalla velocità che culmina – nel caso di accoglimento del ricorso – con la declaratoria dell’obbligo di provvedere imponendo pertanto all’Amministrazione inadempiente il rispetto dei principi sul giusto procedimento.
Del resto la stessa giurisprudenza ha chiarito che – per espressa definizione normativa – il silenzio sull’istanza di rilascio del permesso di costruire si qualifica come silenzio rifiuto e non come silenzio rigetto (T.A.R. Marche n. 413/06) e che come tale può essere oggetto di impugnazione con il procedimento ex art. 21 bis della L. 1034/71.
Ne consegue l’infondatezza della proposta eccezione.
Nel merito il ricorso è fondato.
L’art. 20 (Procedimento di rilascio del permesso di costruire) del D.P.R. n. 380/2001 fissa termini ben definiti per la conclusione del procedimento di rilascio del permesso di costruire, stabilendo in particolare che: a) entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento, acquisiti i prescritti pareri e valutata la conformità del progetto alla normativa vigente, formula una proposta di provvedimento, corredata da una dettagliata relazione, con la qualificazione tecnico-giuridica dell’intervento richiesto (terzo comma); b) il responsabile del procedimento, qualora ritenga che ai fini del rilascio del permesso di costruire sia necessario apportare modifiche di modesta entità rispetto al progetto originario, può nel predetto termine di sessanta giorni, richiedere tali modifiche, illustrandone le ragioni. L’interessato si pronuncia sulla richiesta di modifica entro il termine fissato e, in caso di adesione, è tenuto ad integrare la documentazione nei successivi quindici giorni. La richiesta del responsabile del procedimento sospende, fino al relativo esito, il decorso del termine di sessanta giorni (quarto comma); c) il termine di sessanta giorni può essere interrotto una sola volta dal responsabile del procedimento entro quindici giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità dell’amministrazione o che questa non possa acquisire autonomamente. In tal caso, il termine ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa (quinto comma); d) nell’ipotesi in cui, ai fini della realizzazione dell’intervento, sia necessario acquisire atti di assenso, comunque denominati, di altre amministrazioni, diverse da quelle di cui all’art. 5 comma 3 (aziende sanitarie e vigili del fuoco), il competente ufficio comunale convoca una conferenza di servizi (sesto comma); e) il provvedimento finale è adottato dal dirigente entro quindici giorni dalla proposta formulata dal responsabile del procedimento ovvero dall’esito della conferenza di servizio (settimo comma); f) i termini di cui ai commi 3 e 5 sono raddoppiati per i comuni con più di 100.000 abitanti, nonché per i progetti particolarmente complessi, secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento (ottavo comma); g) decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-rifiuto (nono comma).
A sua volta il successivo art. 21 (Intervento sostitutivo regionale) del citato D.P.R. n. 380/2001 oltre ad aver previsto la facoltà per l’interessato di richiedere l’intervento sostitutivo regionale, stabilisce all’ultimo periodo del primo comma che "Resta comunque ferma la facoltà di impugnare in sede giurisdizionale il silenzio-rifiuto formatosi sulla domanda di permesso di costruire".
La riportata normativa di riferimento non dà adito ad apprezzabili dubbi interpretativi: decorsi i termini di legge per l’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento per il rilascio del permesso di costruire, si forma il silenzio-rifiuto (art. 20, nono comma), immediatamente impugnabile in sede giurisdizionale (art. 21, primo comma, ultimo periodo).
Nella fattispecie alla domanda di rilascio del permesso di costruire del 12 aprile 2007 non ha fatto seguito alcun atto – neppure istruttorio – da parte del Comune di Roma fino al momento della proposizione del ricorso (e cioè fino al 21 settembre 2007, data di notifica dell’impugnazione).
Sicchè essendo trascorsi i termini previsti dall’art. 20 del D.P.R. 380/91 si è formato il silenzio impugnabile in sede giurisdizionale, ed avendo la P.A. l’obbligo di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento espresso, che consenta all’interessato di comprendere le ragioni della scelta operata dall’Amministrazione e che quindi gli garantisca idonea tutela giurisdizionale, il silenzio serbato dal Comune di Roma deve ritenersi illegittimo.
Non può infatti assumere rilievo la richiesta di integrazione documentale avanzata dal Comune di Roma in data 2 ottobre 2007, in quanto successiva allo spirare del termine per la conclusione del procedimento e all’instaurazione del giudizio, alla quale, peraltro, non ha fatto seguito l’adozione di alcun provvedimento decisorio, unico elemento in grado di comportare la declaratoria di improcedibilità dell’impugnazione.
Il ricorso va quindi accolto, ai limitati fini di ordinare al Comune di Roma di provvedere all’adozione del provvedimento conclusivo entro il termine di 60 (sessanta) giorni decorrenti dalla comunicazione o dalla notifica, se anteriore, della presente sentenza.
Il Tribunale nomina sin d’ora come Commissario ad acta, il Responsabile dei servizi urbanistici della Regione Lazio, o un funzionario dal medesimo direttamente designato, con l’incarico di provvedere in via sostitutiva nei successivi sessanta giorni, qualora il Comune non provveda nel termine al medesimo assegnato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Seconda Bis -
accoglie
- il ricorso in epigrafe indicato e per l’effetto annulla il silenzio rifiuto e dichiara l’obbligo per l’Amministrazione di provvedere sull’istanza di rilascio del permesso di costruire presentata dal ricorrente in data 12/4/07 prot. n. QI/2007/24270;
- nomina sin d’ora come Commissario ad acta, il Responsabile dei servizi urbanistici della Regione Lazio, o un funzionario dal medesimo direttamente designato, con l’incarico di provvedere in via sostitutiva nei successivi sessanta giorni, qualora il Comune non provveda nel termine al medesimo assegnato;
- condanna il Comune di Roma al pagamento delle spese di lite che liquida complessivamente in € 500 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 dicembre 2007.


Francesco Corsaro PRESIDENTE


Stefania Santoleri ESTENSORE


Depositata in Segreteria il 3 gennaio 2008.

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