giovedì 15 gennaio 2015

UTILITA': COME CONTESTARE LE BOLLETTE DI LUCE E GAS (in www.giuffré.it) NEW






Come contestare le bollette di luce e gas










di Paola Vitaletti


Il processo di liberalizzazione del servizio di fornitura per gli utenti privati del gas metano, prima, e dell’energia poi, avviato in attuazione delle direttive del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 2003/55/CE e n. 2003/54/CE, in linea generale ha prodotto una serie di vantaggi. La questione se ciò si sia anche tradotto in concreti benefici a favore dei consumatori però è ancora aperta. Ancora alto il grido di allarme delle associazioni dei consumatori che lamentano in moltissimi casi addirittura l’aumento dei costi a carico degli utenti, alle prese con offerte non agevoli da valutare.




Attualmente le citate direttive sono state abrogate dal D.Lgs. 01/06/2011 n. 93 (di attuazione delle Direttive 2009/72/CE e 2009/72/CE inerenti norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, del gas naturale e la procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale id gas e di energia elettrica) il cui art. 22 disciplina gli obblighi relativi al servizio pubblico e la tutela dei c.d. clienti vulnerabili.




Certamente ancora lunga è la strada da percorrere nel senso della semplificazione della gestione del rapporto contrattuale con i fornitori, della trasparenza nei sistemi di calcolo dei consumi, delle tariffe e dell’elaborazione delle fatture, spesso di difficile lettura, che complicano la verifica della correttezza dei dati ivi riportati.




Parimenti può non risultare agevole districarsi tra le diverse procedure per contestare le fatture senza rivolgersi all’autorità giudiziaria. Nel concreto infatti il percorso da intraprendere in tal caso è tutt’altro che in discesa. Spesso l’esiguità degli importi erroneamente computati nelle fatture al cospetto della complessità del procedimento di contestazione, scoraggia l’utente sul quale torna a gravare l’onere di essere parte debole contrattualmente. Diversi sono comunque gli strumenti normativi ed informativi a


disposizione dei consumatori, cui questi possono accedere per acquisire maggiore consapevolezza nella scelta del fornitore di luce e gas che meglio risponde alle esigenze dell’utente. Un utile strumento per comprendere come "interpretare" le voci di spesa e servizi riportati nelle fatture, per esempio, è rappresentato dal Glossario pubblicato sul sito dell’Autorità per l’energia, per il gas ed il sistema idrico (http://www.autorita.energia.it/it/glossario/indice-termini.htm). Sul sito dell’Autorità dell’energia e del gas è anche pubblicata la Carta Verde dei consumatori di energia, redatta dalla Commissione Europea, dove sono elencati in modo semplice e chiaro i principali diritti fondamentali dei consumatori, che ha lo scopo di "tutelare attivamente gli interessi dei consumatori perché possano sfruttare appieno i vantaggi dell’apertura dei mercati energetici".




Cerchiamo dunque di fare luce sul percorso da seguire per far valere i propri diritti, senza aggravio di costi o a costi contenuti, nonostante le carenze del sistema rilevate dalla stessa Autorità dell’energia del gas e del sistema idrico ed a cui la stessa Autorità sta cercando di ovviare (cfr. documento di consultazione del 30/10/14 n. 528/2014/A, ove nel determinare le linee strategiche dell’Autorità per il periodo 2015-2018 determina gli obiettivi in tema di riorganizzazione e sviluppo degli strumenti di assistenza ai clienti finali, di accountability, trasparenza ed efficienza dell’azione volta al miglioramento delle procedure di reclamo (1)), tenuto conto delle nuove disposizioni a tutela dei consumatori introdotte dal D.Lgs. 21/02/2014 n. 21, di attuazione della Direttiva 2011/83/UE (G.U. 11/03/2014 n. 58). Modifiche che hanno determinato un aggiornamento del Codice del Consumo (in particolare artt. 45-67), rafforzato le tutele dei consumatori nella fase precontrattuale imponendo maggiori informazioni alle imprese, principalmente, nel caso dei contratti a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali; esteso il diritto di ripensamento entro 14 giorni e non più 10 e, in mancanza di informativa sul ripensamento, la facoltà di recedere








fino a 12 mesi dalla conclusione del contratto o consegna del bene; divieto di aumento dei costi in caso di pagamento con bancomat o carte di credito.


I soggetti cui è affidato il controllo del sistema, ancora "in bilico" tra libero mercato e mercato regolato: Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico - Acquirente Unico S.p.A.


L'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico è un organismo indipendente, istituito nel 1995 (Legge n. 481/1995), cui sono state attribuite competenze anche in materia di servizi idrici nel 2011 (DL. N. 201/2011, convertito con L. n. 214/2011), che ha il compito di "garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza" nei settori dell'energia elettrica e del gas, nonché assicurare "la fruibilità e la diffusione [dei servizi] in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori, ...". L'Autorità svolge inoltre una funzione consultiva nei confronti di Parlamento e Governo ai quali può formulare segnalazioni e proposte; presenta una Relazione Annuale sullo stato dei servizi e sull'attività svolta (cfr. http://www.autorita.energia.it/it/che_cosa/presentazione.htm). Altri compiti svolti, di diretto interesse per i consumatori, sono: assicurare la pubblicità e la trasparenza delle condizioni di servizio; aggiornare trimestralmente le condizioni economiche di riferimento per i clienti che non hanno scelto il mercato libero.




Acquirente Unico S.p.A. è una società pubblica (2) che opera in base delle direttive del Ministero dello Sviluppo Economico e delle delibere dell'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas. Svolge per legge una serie di attività correlate alle azioni a difesa dei consumatori, tra le quali: acquistare dell’elettricità per le famiglie e le piccole-medie imprese rimaste nell’ambito del mercato tutelato (c.d. Sistema Unico di Acquisto); favorire il processo di




liberalizzazione del mercato elettrico e del gas; gestire lo Sportello del Consumatore di Energia per conto dell'Authority.








Le norme a tutela dei "clienti vulnerabili" alle prese con la scelta del fornitore di energia elettrica e gas naturale e la non agevole gestione del rapporto


Sono considerati "clienti vulnerabili (art. 22 D.Lgs. 93/2011): i clienti domestici, le utenze relative ad attività di servizio pubblico (ospedali, case di cura e di riposo, carceri, scuole, e altre strutture pubbliche e private che svolgono un'attività riconosciuta di assistenza), nonché i clienti civili e non civili con consumo non superiore a 50.000 metri cubi annui.




In favore di tale categoria di consumatori la legge impone una serie di obblighi a carico dell’Autorità per l’energia e il gas. L’art. 22, co. 4, D.Lgs. 93/2011, stabilisce inoltre che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas provveda affinché:




a) il cliente che intende cambiare fornitore, nel rispetto delle condizioni contrattuali, possa ottenere il cambiamento entro tre settimane assicurando comunque che l'inizio della fornitura coincida con il primo giorno del mese;




b) i clienti ricevano i dati di consumo, obbligando le società di distribuzione a rendere disponibili i dati di consumo dei clienti alle società di vendita, garantendo la qualità e la tempestività dell'informazione fornita;




c) qualora un cliente finale connesso alla rete di distribuzione si trovi senza un fornitore di gas naturale e non sussistano i requisiti per l'attivazione del fornitore di ultima istanza, l'impresa di distribuzione territorialmente competente intervenga come previsto dalla legge, garantendogli una adeguata remunerazione dell'attività svolta e la copertura dei costi sostenuti.




L'Autorità per l'energia elettrica e il gas, avvalendosi della società Acquirente unico SpA (art. 27, co. 2, L. 23/07/2009 n. 99), gestisce inoltre gli Sportelli Unici che hanno il




compito di mettere a disposizione dei clienti tutte le informazioni concernenti i loro diritti, la normativa in vigore e le modalità di risoluzione delle controversie di cui dispongono.


Gli strumenti per contestare le "bollette che non tornano" senza ricorrere al giudice.


Tra i diritti tutelati dalla Carta europea dei consumatori di energia vi è quello di poter contare su sistemi semplici e poco costosi in caso di controversia, il cui valore nella generalità dei casi è di importo contenuto. A prescindere dall’oggetto specifico della contestazione, la procedura da seguire da parte dei consumatori di elettricità e gas per uso domestico può così sintetizzarsi:


1) primo passo la contestazione al fornitore: il consumatore che ritiene errata la fattura deve in primo luogo presentare un reclamo al proprio fornitore, indicando l’errore che ha rilevato ovvero l’anomalia rispetto alla quale chiede spiegazioni. Ciò è possibile via e-mail ovvero on line, agli appositi indirizzi o form disponibili sui siti internet del fornitore. In alternativa, si può richiedere telefonicamente l’apertura di una procedura di reclamo mediante l’apposito numero verde messo a disposizione dei fornitori per i propri clienti; laddove tale reclamo rimanesse inevaso meglio inviarne uno scritto o comunque tracciabile. In molti casi il fornitore riporta nella fattura l’indirizzo di casella postale cui poter inviare la contestazione a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno.








In ogni caso, se non si riceve alcuna risposta da parte del fornitore oppure si ritiene che la risposta fornita è insoddisfacente, il consumatore ha due strade: la via giudiziaria ricorrendo al Giudice di Pace competente in base alla residenza del consumatore (se il valore della contestazione non è superiore ad € 5.000,00); oppure attivare uno degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie (noti con l’acronimo, dalla definizione inglese, ADR-Alternative Dispute Resolution), che per tali tipologie di




controversie è volontaria (dunque non è condizione di procedibilità per l’azione giudiziaria).


2) Gli strumenti di composizione della controversia, alternativi a quello giudiziario, che è possibile attivare in caso di contestazioni inerenti rapporti di fornitura o vendita di energia o gas sono:




a) servizio conciliazione clienti energia dell’Autorità: è un servizio gratuito, che può essere attivato, personalmente o tramite un delegato, non prima di cinquanta giorni dall’invio del reclamo al fornitore/venditore di luce o gas ma non oltre sei mesi dalla data in cui si riceve la risposta al reclamo, o entro un anno se non si riceve alcuna risposta. Possono ricorre a tale servizio:




per il settore elettrico: tutti i clienti domestici e clienti non domestici se connessi in bassa tensione (BT) aventi meno di 50 dipendenti e fatturato annuo o totale di bilancio non superiore a 10 milioni di euro;




per il settore gas: tutti i clienti domestici; il condominio uso domestico con consumi non superiori a 200.000 metri cubi annui; i clienti non domestici con consumi non superiori a 50.000 metri cubi annui.









Non è possibile presentare domanda di conciliazione quando, per la stessa controversia, si è già fatto ricorso all'autorità giudiziaria, oppure sia stata avviata o svolta un’altra procedura di risoluzione alternativa della controversia, oppure un’altra procedura di conciliazione clienti energia dell’Autorità. La domanda di avvio si presenta compilando l’apposito form (modello) presente sul sito dell’Autorità e si svolge completamente on line. Gli incontri tra le parti ed il conciliatore avvengono in chat-room o in video-conferenza; se ciò non è possibile attraverso l'utilizzo del telefono (c.d. call conference, da fisso o cellulare). La procedura prevede il coinvolgimento del cliente con il venditore e/o il distributore di energia ed il conciliatore in veste di facilitatore dell'accordo. Il conciliatore, esperto in materia di mediazione e conoscitore del funzionamento del settore, non decide




la controversia, non interviene per giudicare ma per aiutare le parti a raggiungere un accordo per risolvere la problematica portata in conciliazione. Se le parti lo richiedono concordemente, il conciliatore può anche formulare una proposta di soluzione che le parti sono libere di accettare o rifiutare. Se le parti trovano una soluzione per la controversia, sottoscrivono un verbale di accordo che ha valore di transazione (contratto di transazione). Se l’accordo non si raggiunge la procedura si chiude e viene archiviata. Il consumatore, fatta salva l’eventuale prescrizione, può ancora ricorrere all’autorità giudiziaria. La procedura deve concludersi in 90 giorni.


b) procedura di conciliazione paritetica: diverse aziende del settore su invito dell’Autorità dell’energia e del gas hanno aderito a protocolli di intesa stilati con diverse associazioni dei consumatori per mettere a disposizione dei propri clienti procedure di conciliazioni paritetiche volte ad attuare "un tentativo di fare incontrare le parti per aiutarle a trovare una soluzione basata sul consenso" (in conformità alle Raccomandazioni della Comunità Europea, in particolare n. 2001/310/CE). In tal caso, lo svolgimento della procedura è indicato nell’apposito Regolamento che ciascuna azienda deve portare a conoscenza dell’utenza. Il Regolamento deve ispirarsi ai principi di semplicità di accesso e di svolgimento, riservatezza dei dati e delle questioni trattate, gratuità, riconoscimento di idoneo indennizzo per i disservizi oggetto della controversia. Possono farvi ricorso i medesimi soggetti abilitati ad avviare il "servizio di conciliazione clienti energia dell’Autorità". Si caratterizza per essere una procedura gestita dalla stessa azienda contro cui si agisce, la quale organizza l’Ufficio di conciliazione che se ne occupa. In luogo del conciliatore unico, in tali casi, vi sono almeno due soggetti che svolgono tale funzione (Commissione di conciliazione) da scegliere nell’ambito dei soggetti abilitati iscritti nell’elenco all’uopo predisposto dall’Ufficio di conciliazione dell’azienda, di cui uno è indicato dalla stessa azienda e l’altro dall’Associazione che assiste l’utente che ha avviato la procedura. L’Associazione dei consumatori è indicata dal cliente, tra quelle firmatarie








del Protocollo, o individuata dall’azienda se l’utente non ha espresso una preferenza. La procedura, anche in tal caso può essere avviata trascorsi 40 giorni dall’invio del reclamo all’azienda fornitrice o venditrice e questa non ha risposto, ovvero la risposta non è considerata soddisfacente. Gli incontri di conciliazione avvengono di persona su convocazione della segreteria di mediazione (importante verificare la sede dell’Ufficio di conciliazione e degli incontri, spesso diversi dal luogo di residenza dell’utente che si avvale di tale strumento). Il ruolo della Commissione di conciliazione è sempre quella di agevolare l’accordo, dunque la sottoscrizione del verbale di conciliazione (che ha valore il valore di transazione). Se non si raggiunge l’accordo la procedura si archivia, senza pregiudizi per il cliente di rivolgersi al giudice. I regolamenti di regola prevedono che la procedura si chiuda, in genere, nel termine di 60/90 giorni circa dall’avvio della procedura.


c) procedura di mediazione civile (3) (regolata dal D.Lgs. 28/2010 come modificato dal c.d. decreto del fare, D.L. 69/2013 e relativa legge di conversione n. 98/2013 (4)). Si tratta sempre di un procedimento volto a favorire l’accordo amichevole per risolvere la controversia mediante la figura del conciliatore, che in tal caso però è un terzo imparziale. Si avvia presentando la richiesta ad uno degli Organismi di mediazione (pubblici o privati) da scegliere tra quelli iscritti nell’apposito registro tenuto presso il Ministero della Giustizia, che abbia sedi autorizzate a svolgere la mediazione nel luogo di residenza del consumatore (c.d. foro del consumatore, coincidente al criterio di determinazione del giudice territorialmente competente in caso di controversie che coinvolgono i consumatori). Le controversie aventi ad oggetto le contestazioni di fatture relative ai consumi di energia elettrica e gas non rientrano tra le mediazioni obbligatorie per legge (vale a dire quelle che sono condizione di procedibilità del contenzioso giudiziario). Non sono gratuite ed i costi da sostenere (posti a carico di chi richiede la








mediazione e di chi è convocato in mediazione) si determinano in ragione dei seguenti elementi:




- spese di avvio, stabilite in misura fissa ed unitaria, (€48,80 comprensivi di IVA) dovute alla presentazione della domanda di mediazione ed a prescindere dalla prosecuzione della procedura;




- compenso per l’attività del mediatore, predeterminato e conoscibile anticipatamente, in base al valore della controversia (es. importo della fattura che si contesta). Il compenso è dovuto se, dopo il primo incontro finalizzato a verificare la disponibilità delle parti a tentare di mediare la lite, si accede alla fase di mediazione vera e propria (uno o più incontri successivi), anche se non si raggiunge l’accordo. I Costi ed i regolamenti di procedura osservati dai diversi Organismi di mediazione sono pubblicati sui siti internet degli Organismi stessi (in genere non sono dissimili tra loro, dovendo rispondere a criteri imposti ex lege);




- compenso del legale da cui la parte si fa assistere durante la mediazione (concordati con il professionista dal consumatore). Per le mediazioni non obbligatorie (come quelle scaturenti dai contratti di fornitura o vendita di energia elettrica e gas) l’assistenza del legale non è obbligatoria. Si tenga conto che: l’accordo firmato anche da tutti gli avvocati che assistono le parti coinvolte costituisce titolo esecutivo. Se una delle parti non è assistita dal legale l’accordo deve essere omologato con decreto del Presidente del Tribunale (per controllo regolarità formale). E’ possibile farsi assistere dal legale nella sola fase finale della procedura. In ogni caso, rispetto alle altre ipotesi di soluzioni conciliative esaminate (gestita da Acquirente Unico SpA per conto dell’Autorità e la conciliazione paritetica), il verbale di mediazione positiva anche in tal caso ha una diversa e maggiore valenza. Quanto alla durata, il procedimento di mediazione deve avere una durata non superiore a tre mesi ed il primo incontro di mediazione deve essere fissato non oltre trenta giorni dal deposito della domanda.




Note:


(1) http://www.autorita.energia.it/allegati/docs/14/528-14.pdf




(2) Acquirente Unico S.p.A. Società pubblica interamente partecipata da Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.a. (società costituita ai sensi dell’articolo 3, co. 4, D.Lgs. 79/1999 n. 79 di attuazione Dir. 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, e dell’articolo 1, co. 1, lett. a, b e c e 3, D.P.C.M. 11 maggio 2004; http://www.parlamento.it/parlam/leggi/deleghe/99079dl.htm)




(3) http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_7_11.wp




(4) Si veda anche la Circolare 27 novembre 2013 - Entrata in vigore dell’art. 84 del d.l. 69/2013 come convertito dalla l. 98/2013 recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, che modifica il d.lgs. 28/2010. Primi chiarimenti, emanata dal Dipartimento per gli affari di giustizia Ufficio III Reparto mediazione, a firma del Direttore Generale della Giustizia civile, reperibile alla pagina web: http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_8_1.wp?facetNode_1=4_10&previsiousPage=mg_1_8&contentId=SDC971358











© Copyright Dott. A. Giuffrè Editore Spa – 2014

UTILITA': COME CONTESTARE LE BOLLETTE DI LUCE E GAS (in www.giuffré.it) NEW



Come contestare le bollette di luce e gas




di Paola Vitaletti
Il processo di liberalizzazione del servizio di fornitura per gli utenti privati del gas metano, prima, e dell’energia poi, avviato in attuazione delle direttive del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 2003/55/CE e n. 2003/54/CE, in linea generale ha prodotto una serie di vantaggi. La questione se ciò si sia anche tradotto in concreti benefici a favore dei consumatori però è ancora aperta. Ancora alto il grido di allarme delle associazioni dei consumatori che lamentano in moltissimi casi addirittura l’aumento dei costi a carico degli utenti, alle prese con offerte non agevoli da valutare.

Attualmente le citate direttive sono state abrogate dal D.Lgs. 01/06/2011 n. 93 (di attuazione delle Direttive 2009/72/CE e 2009/72/CE inerenti norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, del gas naturale e la procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale id gas e di energia elettrica) il cui art. 22 disciplina gli obblighi relativi al servizio pubblico e la tutela dei c.d. clienti vulnerabili.

Certamente ancora lunga è la strada da percorrere nel senso della semplificazione della gestione del rapporto contrattuale con i fornitori, della trasparenza nei sistemi di calcolo dei consumi, delle tariffe e dell’elaborazione delle fatture, spesso di difficile lettura, che complicano la verifica della correttezza dei dati ivi riportati.

Parimenti può non risultare agevole districarsi tra le diverse procedure per contestare le fatture senza rivolgersi all’autorità giudiziaria. Nel concreto infatti il percorso da intraprendere in tal caso è tutt’altro che in discesa. Spesso l’esiguità degli importi erroneamente computati nelle fatture al cospetto della complessità del procedimento di contestazione, scoraggia l’utente sul quale torna a gravare l’onere di essere parte debole contrattualmente. Diversi sono comunque gli strumenti normativi ed informativi a
disposizione dei consumatori, cui questi possono accedere per acquisire maggiore consapevolezza nella scelta del fornitore di luce e gas che meglio risponde alle esigenze dell’utente. Un utile strumento per comprendere come "interpretare" le voci di spesa e servizi riportati nelle fatture, per esempio, è rappresentato dal Glossario pubblicato sul sito dell’Autorità per l’energia, per il gas ed il sistema idrico (http://www.autorita.energia.it/it/glossario/indice-termini.htm). Sul sito dell’Autorità dell’energia e del gas è anche pubblicata la Carta Verde dei consumatori di energia, redatta dalla Commissione Europea, dove sono elencati in modo semplice e chiaro i principali diritti fondamentali dei consumatori, che ha lo scopo di "tutelare attivamente gli interessi dei consumatori perché possano sfruttare appieno i vantaggi dell’apertura dei mercati energetici".

Cerchiamo dunque di fare luce sul percorso da seguire per far valere i propri diritti, senza aggravio di costi o a costi contenuti, nonostante le carenze del sistema rilevate dalla stessa Autorità dell’energia del gas e del sistema idrico ed a cui la stessa Autorità sta cercando di ovviare (cfr. documento di consultazione del 30/10/14 n. 528/2014/A, ove nel determinare le linee strategiche dell’Autorità per il periodo 2015-2018 determina gli obiettivi in tema di riorganizzazione e sviluppo degli strumenti di assistenza ai clienti finali, di accountability, trasparenza ed efficienza dell’azione volta al miglioramento delle procedure di reclamo (1)), tenuto conto delle nuove disposizioni a tutela dei consumatori introdotte dal D.Lgs. 21/02/2014 n. 21, di attuazione della Direttiva 2011/83/UE (G.U. 11/03/2014 n. 58). Modifiche che hanno determinato un aggiornamento del Codice del Consumo (in particolare artt. 45-67), rafforzato le tutele dei consumatori nella fase precontrattuale imponendo maggiori informazioni alle imprese, principalmente, nel caso dei contratti a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali; esteso il diritto di ripensamento entro 14 giorni e non più 10 e, in mancanza di informativa sul ripensamento, la facoltà di recedere



fino a 12 mesi dalla conclusione del contratto o consegna del bene; divieto di aumento dei costi in caso di pagamento con bancomat o carte di credito.
I soggetti cui è affidato il controllo del sistema, ancora "in bilico" tra libero mercato e mercato regolato: Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico - Acquirente Unico S.p.A.
L'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico è un organismo indipendente, istituito nel 1995 (Legge n. 481/1995), cui sono state attribuite competenze anche in materia di servizi idrici nel 2011 (DL. N. 201/2011, convertito con L. n. 214/2011), che ha il compito di "garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza" nei settori dell'energia elettrica e del gas, nonché assicurare "la fruibilità e la diffusione [dei servizi] in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori, ...". L'Autorità svolge inoltre una funzione consultiva nei confronti di Parlamento e Governo ai quali può formulare segnalazioni e proposte; presenta una Relazione Annuale sullo stato dei servizi e sull'attività svolta (cfr. http://www.autorita.energia.it/it/che_cosa/presentazione.htm). Altri compiti svolti, di diretto interesse per i consumatori, sono: assicurare la pubblicità e la trasparenza delle condizioni di servizio; aggiornare trimestralmente le condizioni economiche di riferimento per i clienti che non hanno scelto il mercato libero.

Acquirente Unico S.p.A. è una società pubblica (2) che opera in base delle direttive del Ministero dello Sviluppo Economico e delle delibere dell'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas. Svolge per legge una serie di attività correlate alle azioni a difesa dei consumatori, tra le quali: acquistare dell’elettricità per le famiglie e le piccole-medie imprese rimaste nell’ambito del mercato tutelato (c.d. Sistema Unico di Acquisto); favorire il processo di

liberalizzazione del mercato elettrico e del gas; gestire lo Sportello del Consumatore di Energia per conto dell'Authority.



Le norme a tutela dei "clienti vulnerabili" alle prese con la scelta del fornitore di energia elettrica e gas naturale e la non agevole gestione del rapporto
Sono considerati "clienti vulnerabili (art. 22 D.Lgs. 93/2011): i clienti domestici, le utenze relative ad attività di servizio pubblico (ospedali, case di cura e di riposo, carceri, scuole, e altre strutture pubbliche e private che svolgono un'attività riconosciuta di assistenza), nonché i clienti civili e non civili con consumo non superiore a 50.000 metri cubi annui.

In favore di tale categoria di consumatori la legge impone una serie di obblighi a carico dell’Autorità per l’energia e il gas. L’art. 22, co. 4, D.Lgs. 93/2011, stabilisce inoltre che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas provveda affinché:

a) il cliente che intende cambiare fornitore, nel rispetto delle condizioni contrattuali, possa ottenere il cambiamento entro tre settimane assicurando comunque che l'inizio della fornitura coincida con il primo giorno del mese;

b) i clienti ricevano i dati di consumo, obbligando le società di distribuzione a rendere disponibili i dati di consumo dei clienti alle società di vendita, garantendo la qualità e la tempestività dell'informazione fornita;

c) qualora un cliente finale connesso alla rete di distribuzione si trovi senza un fornitore di gas naturale e non sussistano i requisiti per l'attivazione del fornitore di ultima istanza, l'impresa di distribuzione territorialmente competente intervenga come previsto dalla legge, garantendogli una adeguata remunerazione dell'attività svolta e la copertura dei costi sostenuti.

L'Autorità per l'energia elettrica e il gas, avvalendosi della società Acquirente unico SpA (art. 27, co. 2, L. 23/07/2009 n. 99), gestisce inoltre gli Sportelli Unici che hanno il

compito di mettere a disposizione dei clienti tutte le informazioni concernenti i loro diritti, la normativa in vigore e le modalità di risoluzione delle controversie di cui dispongono.
Gli strumenti per contestare le "bollette che non tornano" senza ricorrere al giudice.
Tra i diritti tutelati dalla Carta europea dei consumatori di energia vi è quello di poter contare su sistemi semplici e poco costosi in caso di controversia, il cui valore nella generalità dei casi è di importo contenuto. A prescindere dall’oggetto specifico della contestazione, la procedura da seguire da parte dei consumatori di elettricità e gas per uso domestico può così sintetizzarsi:
1) primo passo la contestazione al fornitore: il consumatore che ritiene errata la fattura deve in primo luogo presentare un reclamo al proprio fornitore, indicando l’errore che ha rilevato ovvero l’anomalia rispetto alla quale chiede spiegazioni. Ciò è possibile via e-mail ovvero on line, agli appositi indirizzi o form disponibili sui siti internet del fornitore. In alternativa, si può richiedere telefonicamente l’apertura di una procedura di reclamo mediante l’apposito numero verde messo a disposizione dei fornitori per i propri clienti; laddove tale reclamo rimanesse inevaso meglio inviarne uno scritto o comunque tracciabile. In molti casi il fornitore riporta nella fattura l’indirizzo di casella postale cui poter inviare la contestazione a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno.



In ogni caso, se non si riceve alcuna risposta da parte del fornitore oppure si ritiene che la risposta fornita è insoddisfacente, il consumatore ha due strade: la via giudiziaria ricorrendo al Giudice di Pace competente in base alla residenza del consumatore (se il valore della contestazione non è superiore ad € 5.000,00); oppure attivare uno degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie (noti con l’acronimo, dalla definizione inglese, ADR-Alternative Dispute Resolution), che per tali tipologie di

controversie è volontaria (dunque non è condizione di procedibilità per l’azione giudiziaria).
2) Gli strumenti di composizione della controversia, alternativi a quello giudiziario, che è possibile attivare in caso di contestazioni inerenti rapporti di fornitura o vendita di energia o gas sono:

a) servizio conciliazione clienti energia dell’Autorità: è un servizio gratuito, che può essere attivato, personalmente o tramite un delegato, non prima di cinquanta giorni dall’invio del reclamo al fornitore/venditore di luce o gas ma non oltre sei mesi dalla data in cui si riceve la risposta al reclamo, o entro un anno se non si riceve alcuna risposta. Possono ricorre a tale servizio:

per il settore elettrico: tutti i clienti domestici e clienti non domestici se connessi in bassa tensione (BT) aventi meno di 50 dipendenti e fatturato annuo o totale di bilancio non superiore a 10 milioni di euro;

per il settore gas: tutti i clienti domestici; il condominio uso domestico con consumi non superiori a 200.000 metri cubi annui; i clienti non domestici con consumi non superiori a 50.000 metri cubi annui.



Non è possibile presentare domanda di conciliazione quando, per la stessa controversia, si è già fatto ricorso all'autorità giudiziaria, oppure sia stata avviata o svolta un’altra procedura di risoluzione alternativa della controversia, oppure un’altra procedura di conciliazione clienti energia dell’Autorità. La domanda di avvio si presenta compilando l’apposito form (modello) presente sul sito dell’Autorità e si svolge completamente on line. Gli incontri tra le parti ed il conciliatore avvengono in chat-room o in video-conferenza; se ciò non è possibile attraverso l'utilizzo del telefono (c.d. call conference, da fisso o cellulare). La procedura prevede il coinvolgimento del cliente con il venditore e/o il distributore di energia ed il conciliatore in veste di facilitatore dell'accordo. Il conciliatore, esperto in materia di mediazione e conoscitore del funzionamento del settore, non decide

la controversia, non interviene per giudicare ma per aiutare le parti a raggiungere un accordo per risolvere la problematica portata in conciliazione. Se le parti lo richiedono concordemente, il conciliatore può anche formulare una proposta di soluzione che le parti sono libere di accettare o rifiutare. Se le parti trovano una soluzione per la controversia, sottoscrivono un verbale di accordo che ha valore di transazione (contratto di transazione). Se l’accordo non si raggiunge la procedura si chiude e viene archiviata. Il consumatore, fatta salva l’eventuale prescrizione, può ancora ricorrere all’autorità giudiziaria. La procedura deve concludersi in 90 giorni.
b) procedura di conciliazione paritetica: diverse aziende del settore su invito dell’Autorità dell’energia e del gas hanno aderito a protocolli di intesa stilati con diverse associazioni dei consumatori per mettere a disposizione dei propri clienti procedure di conciliazioni paritetiche volte ad attuare "un tentativo di fare incontrare le parti per aiutarle a trovare una soluzione basata sul consenso" (in conformità alle Raccomandazioni della Comunità Europea, in particolare n. 2001/310/CE). In tal caso, lo svolgimento della procedura è indicato nell’apposito Regolamento che ciascuna azienda deve portare a conoscenza dell’utenza. Il Regolamento deve ispirarsi ai principi di semplicità di accesso e di svolgimento, riservatezza dei dati e delle questioni trattate, gratuità, riconoscimento di idoneo indennizzo per i disservizi oggetto della controversia. Possono farvi ricorso i medesimi soggetti abilitati ad avviare il "servizio di conciliazione clienti energia dell’Autorità". Si caratterizza per essere una procedura gestita dalla stessa azienda contro cui si agisce, la quale organizza l’Ufficio di conciliazione che se ne occupa. In luogo del conciliatore unico, in tali casi, vi sono almeno due soggetti che svolgono tale funzione (Commissione di conciliazione) da scegliere nell’ambito dei soggetti abilitati iscritti nell’elenco all’uopo predisposto dall’Ufficio di conciliazione dell’azienda, di cui uno è indicato dalla stessa azienda e l’altro dall’Associazione che assiste l’utente che ha avviato la procedura. L’Associazione dei consumatori è indicata dal cliente, tra quelle firmatarie



del Protocollo, o individuata dall’azienda se l’utente non ha espresso una preferenza. La procedura, anche in tal caso può essere avviata trascorsi 40 giorni dall’invio del reclamo all’azienda fornitrice o venditrice e questa non ha risposto, ovvero la risposta non è considerata soddisfacente. Gli incontri di conciliazione avvengono di persona su convocazione della segreteria di mediazione (importante verificare la sede dell’Ufficio di conciliazione e degli incontri, spesso diversi dal luogo di residenza dell’utente che si avvale di tale strumento). Il ruolo della Commissione di conciliazione è sempre quella di agevolare l’accordo, dunque la sottoscrizione del verbale di conciliazione (che ha valore il valore di transazione). Se non si raggiunge l’accordo la procedura si archivia, senza pregiudizi per il cliente di rivolgersi al giudice. I regolamenti di regola prevedono che la procedura si chiuda, in genere, nel termine di 60/90 giorni circa dall’avvio della procedura.
c) procedura di mediazione civile (3) (regolata dal D.Lgs. 28/2010 come modificato dal c.d. decreto del fare, D.L. 69/2013 e relativa legge di conversione n. 98/2013 (4)). Si tratta sempre di un procedimento volto a favorire l’accordo amichevole per risolvere la controversia mediante la figura del conciliatore, che in tal caso però è un terzo imparziale. Si avvia presentando la richiesta ad uno degli Organismi di mediazione (pubblici o privati) da scegliere tra quelli iscritti nell’apposito registro tenuto presso il Ministero della Giustizia, che abbia sedi autorizzate a svolgere la mediazione nel luogo di residenza del consumatore (c.d. foro del consumatore, coincidente al criterio di determinazione del giudice territorialmente competente in caso di controversie che coinvolgono i consumatori). Le controversie aventi ad oggetto le contestazioni di fatture relative ai consumi di energia elettrica e gas non rientrano tra le mediazioni obbligatorie per legge (vale a dire quelle che sono condizione di procedibilità del contenzioso giudiziario). Non sono gratuite ed i costi da sostenere (posti a carico di chi richiede la



mediazione e di chi è convocato in mediazione) si determinano in ragione dei seguenti elementi:

- spese di avvio, stabilite in misura fissa ed unitaria, (€48,80 comprensivi di IVA) dovute alla presentazione della domanda di mediazione ed a prescindere dalla prosecuzione della procedura;

- compenso per l’attività del mediatore, predeterminato e conoscibile anticipatamente, in base al valore della controversia (es. importo della fattura che si contesta). Il compenso è dovuto se, dopo il primo incontro finalizzato a verificare la disponibilità delle parti a tentare di mediare la lite, si accede alla fase di mediazione vera e propria (uno o più incontri successivi), anche se non si raggiunge l’accordo. I Costi ed i regolamenti di procedura osservati dai diversi Organismi di mediazione sono pubblicati sui siti internet degli Organismi stessi (in genere non sono dissimili tra loro, dovendo rispondere a criteri imposti ex lege);

- compenso del legale da cui la parte si fa assistere durante la mediazione (concordati con il professionista dal consumatore). Per le mediazioni non obbligatorie (come quelle scaturenti dai contratti di fornitura o vendita di energia elettrica e gas) l’assistenza del legale non è obbligatoria. Si tenga conto che: l’accordo firmato anche da tutti gli avvocati che assistono le parti coinvolte costituisce titolo esecutivo. Se una delle parti non è assistita dal legale l’accordo deve essere omologato con decreto del Presidente del Tribunale (per controllo regolarità formale). E’ possibile farsi assistere dal legale nella sola fase finale della procedura. In ogni caso, rispetto alle altre ipotesi di soluzioni conciliative esaminate (gestita da Acquirente Unico SpA per conto dell’Autorità e la conciliazione paritetica), il verbale di mediazione positiva anche in tal caso ha una diversa e maggiore valenza. Quanto alla durata, il procedimento di mediazione deve avere una durata non superiore a tre mesi ed il primo incontro di mediazione deve essere fissato non oltre trenta giorni dal deposito della domanda.

Note:
(1) http://www.autorita.energia.it/allegati/docs/14/528-14.pdf

(2) Acquirente Unico S.p.A. Società pubblica interamente partecipata da Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.a. (società costituita ai sensi dell’articolo 3, co. 4, D.Lgs. 79/1999 n. 79 di attuazione Dir. 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, e dell’articolo 1, co. 1, lett. a, b e c e 3, D.P.C.M. 11 maggio 2004; http://www.parlamento.it/parlam/leggi/deleghe/99079dl.htm)

(3) http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_7_11.wp

(4) Si veda anche la Circolare 27 novembre 2013 - Entrata in vigore dell’art. 84 del d.l. 69/2013 come convertito dalla l. 98/2013 recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, che modifica il d.lgs. 28/2010. Primi chiarimenti, emanata dal Dipartimento per gli affari di giustizia Ufficio III Reparto mediazione, a firma del Direttore Generale della Giustizia civile, reperibile alla pagina web: http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_8_1.wp?facetNode_1=4_10&previsiousPage=mg_1_8&contentId=SDC971358




© Copyright Dott. A. Giuffrè Editore Spa – 2014

lunedì 12 gennaio 2015

NEWS DALLA SUPREMA CORTE: COMODATO ED ESIGENZE FAMILIARI

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, sentenza 21 novembre 2014, n. 24838 - Presidente
Finocchiaro – Rel. Lanzillo
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 7 settembre 2009 V.A.M. ha chiesto al Tribunale di Roma di dichiarare
risolto il contratto di comodato avente ad oggetto un appartamento in Roma, di sua proprietà, che
nel 1996 aveva lasciato in uso al figlio, G.D. , che lo abitava con i genitori, allorché si è trasferita
con il marito in (omissis) .
Ha dedotto di avere necessità di abitare personalmente l'immobile, essendo rimasta vedova e non in
condizione di vivere sola in località isolata, ove trovasi la casa in (omissis) , ma di non averne
potuto ottenere la restituzione dal figlio e dalla nuora, T.M.L. , che hanno adibito l'appartamento ad
abitazione coniugale.
I convenuti hanno resistito alla domanda.
Il G. ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva poiché è sopraggiunto provvedimento
del giudice di separazione fra i coniugi, con assegnazione alla moglie della casa coniugale e della
custodia dei figli.
La T. ha eccepito trattarsi di comodato destinato ad un determinato uso (abitazione coniugale), non
soggetto a scioglimento prima della cessazione dell'uso medesimo, non sussistendone le condizioni.
Il Tribunale ha accolto la domanda attrice e ha ordinato il rilascio dell'appartamento.
Proposto appello dalla T. , a cui ha resistito l'appellata ed ha aderito il G. , con sentenza 12 giugno -
4 luglio 2012 la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la
domanda di scioglimento del contratto e di restituzione dell'immobile, con la motivazione che il
comodato era stato concesso perché la casa venisse adibita a residenza della famiglia e che le
ragioni addotte dalla V. non giustificano la domanda di restituzione ai sensi dell'art. 1809 cod. civ..
Con atto notificato il 24 gennaio 2013 la V. propone due motivi di ricorso per cassazione, illustrati
da memoria.
Resiste la T. con controricorso.
Il G. non ha depositato difese.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo, denunciando violazione degli art. 1803 e 1809 cod. civ., omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione, la ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia
arbitrariamente ed in mancanza di ogni elemento di prova — ed anzi, in contrasto con le risultanze
probatorie - ritenuto che il comodato sia stato concesso per adibire la casa ad abitazione della
famiglia. Assume essersi invece trattato di un comodato in precario, concesso nel 1996 al solo G.D.
, all'epoca celibe.
Solo nel 1998, dopo il matrimonio con la T. , il comodatario aveva di sua iniziativa adibito
l'immobile a residenza coniugale.
Rileva la ricorrente che la Corte di appello ha dato atto che il rapporto è iniziato nel 1996, due anni
prima che il G. contraesse matrimonio, quando ancora non sussistevano esigenze familiari e che, a
fronte di ciò, sarebbe stato onere dei comodatari dimostrare che l'uso era stato concesso in
previsione del matrimonio: dimostrazione che nella specie è mancata.
2.- Con il secondo motivo denuncia ancora violazione degli art. 1803, 1804, 1809 e 2733 cod. civ.,
115, 116 e 228 cod. proc. civ., nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, nella
parte in cui la Corte di appello ha escluso la ricorrenza delle condizioni per lo scioglimento del
rapporto, ai sensi dell'art. 1809 2 comma cod. civ., pur nella denegata ipotesi in cui lo si ritenga a
tempo determinato.
3.- Debbono essere preliminarmente disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla
resistente.
Il ricorso è stato tempestivamente proposto con atto notificato il 24 gennaio 2013, entro i sei mesi
dal deposito della sentenza impugnata, dovendosi applicare anche alle cause in tema di locazione e
comodato la sospensione feriale dei termini processuali. La circostanza che le regole processuali
della locazione coincidano (peraltro non del tutto) con quelle che regolano il rito del lavoro non ha
nulla a che fare con le disposizioni sulla sospensione feriale dei termini, sospensione dalla quale
sono esonerate solo le controversie espressamente elencate dall'art. 92 dell'Ordinamento giudiziario
30 gennaio 1941, richiamato dall'art. 3 legge 7 ottobre 1969 n. 742, fra le quali non rientrano quelle
in tema di locazione e comodato.
Neppure è applicabile alla controversia in oggetto, quanto alle denunce di vizio di motivazione, il
nuovo testo dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., introdotto con d.l. 22 giugno 2012 n. 83, convertito in
legge 7 agosto 2012 n. 134, norma applicabile alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno
successivo a quello dell'entrata in vigore della legge di conversione del decreto (art. 54 d.l. cit.),
cioè alle sentenze depositate dal giorno 11 settembre 2012 in avanti, mentre la sentenza impugnata
in questa sede è stata pubblicata il 4 luglio 2012.
5.- Nel merito i due motivi, che vanno congiuntamente esaminati perché connessi, sono fondati.
La motivazione della sentenza impugnata è manifestamente contraddittoria, quindi inidonea a
giustificare la decisione, nella parte in cui ha accertato che la concessione in uso dell'immobile ha
avuto inizio nel 1996 e che il matrimonio del comodatario è stato contratto solo nel dicembre del
1998 (cfr. sentenza, pag. 3 e 5), e ciò nonostante ha ritenuto che il comodato sia stato concesso per
"adibire l'immobile a residenza coniugale", in mancanza di ogni supporto probatorio anche solo
presuntivo a conferma di una tale circostanza: anche in considerazione del fatto che l'uso
dell'abitazione da parte del G. , all'epoca celibe e convivente con i genitori, ha avuto inizio in via di
mero fatto e senza alcuna formalizzazione, a seguito del trasferimento altrove dei genitori stessi.
Il principio per cui il comodatario ha il diritto alla prosecuzione del rapporto per tutto il tempo per
cui si protraggano le esigenze familiari (Cass. civ. S.U. 21 luglio 2004 n. 13603 e successive) si
riferisce ai casi in cui sia certo ed inequivocabile che il rapporto abbia avuto origine in vista di una
tale destinazione: ma nessuna prova del genere è stata menzionata dalla sentenza di appello.
Si ricorda che, con il contratto di comodato, il proprietario concede gratuitamente a terzi il diritto di
uso del bene proprio e che, soprattutto quando si tratti di un immobile, la sussistenza di un'effettiva
volontà di assoggettare il bene a vincoli e a destinazioni d'uso particolarmente gravosi - qual è
quello di cui qui si tratta - non può essere presunta, ma deve essere positivamente accertata.
Nel dubbio, va adottata la soluzione più favorevole alla cessazione del vincolo, considerato anche il
sospetto ed il disfavore con cui l'ordinamento considera i trasferimenti gratuiti di beni e di diritti sui
beni.
Deve essere invece interpretata ed applicata con larghezza la norma che autorizza il comodante a
chiedere la restituzione del bene concesso gratuitamente in uso: soprattutto, si ripete, quando si tratti
di bene immobile e quando vengano prospettate esigenze abitative personali: per di più facenti capo
ad una persona anziana, sola e bisognosa di cure; per di più a fronte di un'utilizzazione gratuita già
protrattasi per anni.
Insufficiente ed illogica è anche la motivazione con cui la Corte di appello ha ritenuto irrilevanti le
esigenze personali della comodante, perché non imprevedibili in quanto legate al progredire dell'età.
Prevedibile è il progredire dell'età. Non le condizioni di salute in cui ci si arriva; non il fatto di
restare vedova; non il fatto di venirsi a trovare in condizioni fisiche tali da non poter vivere sola in
luogo isolato: in una parola, non il peculiare stato di bisogno che nella specie è stato addotto al fine
di giustificare lo scioglimento anticipato del rapporto, ai sensi dell'art. 1809, 2 comma, cod. civ..
6.- La sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio della causa alla Corte di appello di
Roma, in diversa composizione, affinché decida la controversia con congrua e logica motivazione.
7.- La Corte di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte di cassazione accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte
di appello di Roma, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di
cassazione.

NEWS DALLA SUPREMA CORTE: COMODATO ED ESIGENZE FAMILIARI

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, sentenza 21 novembre 2014, n. 24838 - Presidente
Finocchiaro – Rel. Lanzillo
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 7 settembre 2009 V.A.M. ha chiesto al Tribunale di Roma di dichiarare
risolto il contratto di comodato avente ad oggetto un appartamento in Roma, di sua proprietà, che
nel 1996 aveva lasciato in uso al figlio, G.D. , che lo abitava con i genitori, allorché si è trasferita
con il marito in (omissis) .
Ha dedotto di avere necessità di abitare personalmente l'immobile, essendo rimasta vedova e non in
condizione di vivere sola in località isolata, ove trovasi la casa in (omissis) , ma di non averne
potuto ottenere la restituzione dal figlio e dalla nuora, T.M.L. , che hanno adibito l'appartamento ad
abitazione coniugale.
I convenuti hanno resistito alla domanda.
Il G. ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva poiché è sopraggiunto provvedimento
del giudice di separazione fra i coniugi, con assegnazione alla moglie della casa coniugale e della
custodia dei figli.
La T. ha eccepito trattarsi di comodato destinato ad un determinato uso (abitazione coniugale), non
soggetto a scioglimento prima della cessazione dell'uso medesimo, non sussistendone le condizioni.
Il Tribunale ha accolto la domanda attrice e ha ordinato il rilascio dell'appartamento.
Proposto appello dalla T. , a cui ha resistito l'appellata ed ha aderito il G. , con sentenza 12 giugno -
4 luglio 2012 la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la
domanda di scioglimento del contratto e di restituzione dell'immobile, con la motivazione che il
comodato era stato concesso perché la casa venisse adibita a residenza della famiglia e che le
ragioni addotte dalla V. non giustificano la domanda di restituzione ai sensi dell'art. 1809 cod. civ..
Con atto notificato il 24 gennaio 2013 la V. propone due motivi di ricorso per cassazione, illustrati
da memoria.
Resiste la T. con controricorso.
Il G. non ha depositato difese.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo, denunciando violazione degli art. 1803 e 1809 cod. civ., omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione, la ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia
arbitrariamente ed in mancanza di ogni elemento di prova — ed anzi, in contrasto con le risultanze
probatorie - ritenuto che il comodato sia stato concesso per adibire la casa ad abitazione della
famiglia. Assume essersi invece trattato di un comodato in precario, concesso nel 1996 al solo G.D.
, all'epoca celibe.
Solo nel 1998, dopo il matrimonio con la T. , il comodatario aveva di sua iniziativa adibito
l'immobile a residenza coniugale.
Rileva la ricorrente che la Corte di appello ha dato atto che il rapporto è iniziato nel 1996, due anni
prima che il G. contraesse matrimonio, quando ancora non sussistevano esigenze familiari e che, a
fronte di ciò, sarebbe stato onere dei comodatari dimostrare che l'uso era stato concesso in
previsione del matrimonio: dimostrazione che nella specie è mancata.
2.- Con il secondo motivo denuncia ancora violazione degli art. 1803, 1804, 1809 e 2733 cod. civ.,
115, 116 e 228 cod. proc. civ., nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, nella
parte in cui la Corte di appello ha escluso la ricorrenza delle condizioni per lo scioglimento del
rapporto, ai sensi dell'art. 1809 2 comma cod. civ., pur nella denegata ipotesi in cui lo si ritenga a
tempo determinato.
3.- Debbono essere preliminarmente disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla
resistente.
Il ricorso è stato tempestivamente proposto con atto notificato il 24 gennaio 2013, entro i sei mesi
dal deposito della sentenza impugnata, dovendosi applicare anche alle cause in tema di locazione e
comodato la sospensione feriale dei termini processuali. La circostanza che le regole processuali
della locazione coincidano (peraltro non del tutto) con quelle che regolano il rito del lavoro non ha
nulla a che fare con le disposizioni sulla sospensione feriale dei termini, sospensione dalla quale
sono esonerate solo le controversie espressamente elencate dall'art. 92 dell'Ordinamento giudiziario
30 gennaio 1941, richiamato dall'art. 3 legge 7 ottobre 1969 n. 742, fra le quali non rientrano quelle
in tema di locazione e comodato.
Neppure è applicabile alla controversia in oggetto, quanto alle denunce di vizio di motivazione, il
nuovo testo dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., introdotto con d.l. 22 giugno 2012 n. 83, convertito in
legge 7 agosto 2012 n. 134, norma applicabile alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno
successivo a quello dell'entrata in vigore della legge di conversione del decreto (art. 54 d.l. cit.),
cioè alle sentenze depositate dal giorno 11 settembre 2012 in avanti, mentre la sentenza impugnata
in questa sede è stata pubblicata il 4 luglio 2012.
5.- Nel merito i due motivi, che vanno congiuntamente esaminati perché connessi, sono fondati.
La motivazione della sentenza impugnata è manifestamente contraddittoria, quindi inidonea a
giustificare la decisione, nella parte in cui ha accertato che la concessione in uso dell'immobile ha
avuto inizio nel 1996 e che il matrimonio del comodatario è stato contratto solo nel dicembre del
1998 (cfr. sentenza, pag. 3 e 5), e ciò nonostante ha ritenuto che il comodato sia stato concesso per
"adibire l'immobile a residenza coniugale", in mancanza di ogni supporto probatorio anche solo
presuntivo a conferma di una tale circostanza: anche in considerazione del fatto che l'uso
dell'abitazione da parte del G. , all'epoca celibe e convivente con i genitori, ha avuto inizio in via di
mero fatto e senza alcuna formalizzazione, a seguito del trasferimento altrove dei genitori stessi.
Il principio per cui il comodatario ha il diritto alla prosecuzione del rapporto per tutto il tempo per
cui si protraggano le esigenze familiari (Cass. civ. S.U. 21 luglio 2004 n. 13603 e successive) si
riferisce ai casi in cui sia certo ed inequivocabile che il rapporto abbia avuto origine in vista di una
tale destinazione: ma nessuna prova del genere è stata menzionata dalla sentenza di appello.
Si ricorda che, con il contratto di comodato, il proprietario concede gratuitamente a terzi il diritto di
uso del bene proprio e che, soprattutto quando si tratti di un immobile, la sussistenza di un'effettiva
volontà di assoggettare il bene a vincoli e a destinazioni d'uso particolarmente gravosi - qual è
quello di cui qui si tratta - non può essere presunta, ma deve essere positivamente accertata.
Nel dubbio, va adottata la soluzione più favorevole alla cessazione del vincolo, considerato anche il
sospetto ed il disfavore con cui l'ordinamento considera i trasferimenti gratuiti di beni e di diritti sui
beni.
Deve essere invece interpretata ed applicata con larghezza la norma che autorizza il comodante a
chiedere la restituzione del bene concesso gratuitamente in uso: soprattutto, si ripete, quando si tratti
di bene immobile e quando vengano prospettate esigenze abitative personali: per di più facenti capo
ad una persona anziana, sola e bisognosa di cure; per di più a fronte di un'utilizzazione gratuita già
protrattasi per anni.
Insufficiente ed illogica è anche la motivazione con cui la Corte di appello ha ritenuto irrilevanti le
esigenze personali della comodante, perché non imprevedibili in quanto legate al progredire dell'età.
Prevedibile è il progredire dell'età. Non le condizioni di salute in cui ci si arriva; non il fatto di
restare vedova; non il fatto di venirsi a trovare in condizioni fisiche tali da non poter vivere sola in
luogo isolato: in una parola, non il peculiare stato di bisogno che nella specie è stato addotto al fine
di giustificare lo scioglimento anticipato del rapporto, ai sensi dell'art. 1809, 2 comma, cod. civ..
6.- La sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio della causa alla Corte di appello di
Roma, in diversa composizione, affinché decida la controversia con congrua e logica motivazione.
7.- La Corte di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte di cassazione accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte
di appello di Roma, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di
cassazione.

Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...