sabato 22 maggio 2010



Edilizia e immobili, Urbanistica


Attività edilizia libera: novità nella conversione in legge del D.L. 40/2010




Il nuovo testo reintroduce l'obbligo della relazione tecnica, la cui inosservanza ha però sanzioni lievi. Norme per reti in banda larga e fibra ottica.










Nella seduta del 19/05/2010 il Senato ha approvato definitivamente la conversione in legge del D.L. 40/2010 (cosiddetto «decreto Incentivi»).






Attività edilizia libera


Come noto l'art. 5, il cui testo è stato ora interamente sostituito rispetto alla versione originaria, è volto ad ampliare, mediante la sostituzione dell'art. 6 del D.P.R. 380/2001, le tipologie di interventi rientranti nell'attività edilizia libera, realizzabili senza alcun titolo abilitativo anziché mediante denuncia di inizio attività (DIA). Le nuove tipologie riguardano, in particolare, interventi di manutenzione straordinaria, opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee, opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, pannelli solari, fotovoltaici e termici senza serbatoio di accumulo esterno, aree ludiche senza fini di lucro ed elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici (commi 1 e 2).


Il nuovo testo, nel sopprimere la clausola che faceva salve le disposizioni più restrittive della disciplina regionale, prevede peraltro che le Regioni a statuto ordinario possano estendere la semplificazione a interventi edilizi ulteriori rispetto a quelli previsti, individuare ulteriori interventi edilizi per i quali è necessario trasmettere al comune la relazione tecnica ovvero stabilire ulteriori contenuti per la medesima relazione tecnica (comma 6).


Il nuovo testo dell'art. 6 differenzia l'attività edilizia libera in due categorie, a seconda che occorra una previa comunicazione all'amministrazione comunale dell'inizio dei lavori, anche per via telematica, da parte dell'interessato, insieme con le autorizzazioni eventualmente obbligatorie ai sensi delle normative di settore (comma 2). Esclusivamente per i lavori di manutenzione straordinaria, che includono nel nuovo testo l'apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, la comunicazione deve contenere i dati identificativi dell'impresa alla quale intende affidare la realizzazione dei lavori.


Per tali lavori, inoltre, il nuovo testo prevede la trasmissione all'amministrazione di una relazione tecnica, con la quale un tecnico abilitato assevera che i lavori siano conformi agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti e che per essi la normativa statale e regionale non preveda alcun titolo abilitativo. Il tecnico deve altresì dichiarare di non avere rapporti di dipendenza con l'impresa né con il committente (comma 4).


Su tale ultimo punto si osserva che la nuova norma sembra essere addirittura più restrittiva rispetto alla normativa vigente prima dell'emanazione del decreto-legge, secondo la quale, pur in presenza di dichiarazione di inizio attività (DIA), il progettista abilitato non deve necessariamente dichiarare di non avere rapporti di dipendenza con l'impresa né con il committente.


Ai sensi del nuovo comma 5, per tutti gli interventi l'interessato provvede alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale entro 30 giorni dal momento della variazione, secondo quanto previsto dall'articolo 34-quinquies, comma 2, lettera b), della L. 80/2006.


Viene inoltre specificato che la mancata comunicazione dell'inizio dei lavori o la mancata trasmissione della relazione tecnica comportano la sanzione pecuniaria di 258 euro che può essere ridotta a due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l'intervento è in corso di esecuzione (comma 7).


Il comma 8, infine, semplifica la procedura relativa al rilascio del certificato di prevenzione incendi (CPI) per gli interventi citati, prevedendo che il CPI, ove richiesto, sia rilasciato in via ordinaria con l'esame a vista.






Installazione di reti e di impianti di comunicazione elettronica


Il maxi-emendamento ha introdotto anche il nuovo art. 5-bis, che mediante inserimento dell'art. 87-bis del D. Leg.vo 259/2003 introduce procedure semplificate per la realizzazione delle infrastrutture necessarie alla rete di banda larga mobile.


In particolare, si prevede che per avviare l'installazione di apparati con tecnologia UMTS[53] o di altre tecnologie, su infrastrutture per impianti radioelettrici preesistenti, è richiesta la sola denuncia di inizio attività. La denuncia resta priva di effetti ove entro 30 giorni dalla presentazione della domanda sia intervenuto un provvedimento di diniego da parte dell'ente locale competente, ovvero un parere negativo da parte dell'organismo di controllo.


Il comma 2, sostituendo il comma 15-bis dell'art. 2 della L. 133/2008, interviene sulle procedure di installazione delle reti e degli impianti di comunicazione in fibra ottica. Il comma 15-bis dispone attualmente che per le predette opere la profondità minima dei lavori di scavo, anche in deroga a quanto stabilito dalla normativa vigente, può essere ridotta previo accordo con l'ente proprietario della strada. Secondo il nuovo testo, la possibile riduzione della profondità viene condizionata alla circostanza che l'ente gestore dell'infrastruttura civile non comunichi specifici motivi ostativi entro 30 giorni dal ricevimento della denuncia di inizio attività che deve essere presentata all'Amministrazione territoriale competente da parte dell'operatore della comunicazione, entro 30 giorni dall'inizio dei lavori.















Edilizia e immobili, Urbanistica

Attività edilizia libera: novità nella conversione in legge del D.L. 40/2010


Il nuovo testo reintroduce l'obbligo della relazione tecnica, la cui inosservanza ha però sanzioni lievi. Norme per reti in banda larga e fibra ottica.





Nella seduta del 19/05/2010 il Senato ha approvato definitivamente la conversione in legge del D.L. 40/2010 (cosiddetto «decreto Incentivi»).



Attività edilizia libera

Come noto l'art. 5, il cui testo è stato ora interamente sostituito rispetto alla versione originaria, è volto ad ampliare, mediante la sostituzione dell'art. 6 del D.P.R. 380/2001, le tipologie di interventi rientranti nell'attività edilizia libera, realizzabili senza alcun titolo abilitativo anziché mediante denuncia di inizio attività (DIA). Le nuove tipologie riguardano, in particolare, interventi di manutenzione straordinaria, opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee, opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, pannelli solari, fotovoltaici e termici senza serbatoio di accumulo esterno, aree ludiche senza fini di lucro ed elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici (commi 1 e 2).

Il nuovo testo, nel sopprimere la clausola che faceva salve le disposizioni più restrittive della disciplina regionale, prevede peraltro che le Regioni a statuto ordinario possano estendere la semplificazione a interventi edilizi ulteriori rispetto a quelli previsti, individuare ulteriori interventi edilizi per i quali è necessario trasmettere al comune la relazione tecnica ovvero stabilire ulteriori contenuti per la medesima relazione tecnica (comma 6).

Il nuovo testo dell'art. 6 differenzia l'attività edilizia libera in due categorie, a seconda che occorra una previa comunicazione all'amministrazione comunale dell'inizio dei lavori, anche per via telematica, da parte dell'interessato, insieme con le autorizzazioni eventualmente obbligatorie ai sensi delle normative di settore (comma 2). Esclusivamente per i lavori di manutenzione straordinaria, che includono nel nuovo testo l'apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, la comunicazione deve contenere i dati identificativi dell'impresa alla quale intende affidare la realizzazione dei lavori.

Per tali lavori, inoltre, il nuovo testo prevede la trasmissione all'amministrazione di una relazione tecnica, con la quale un tecnico abilitato assevera che i lavori siano conformi agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti e che per essi la normativa statale e regionale non preveda alcun titolo abilitativo. Il tecnico deve altresì dichiarare di non avere rapporti di dipendenza con l'impresa né con il committente (comma 4).

Su tale ultimo punto si osserva che la nuova norma sembra essere addirittura più restrittiva rispetto alla normativa vigente prima dell'emanazione del decreto-legge, secondo la quale, pur in presenza di dichiarazione di inizio attività (DIA), il progettista abilitato non deve necessariamente dichiarare di non avere rapporti di dipendenza con l'impresa né con il committente.

Ai sensi del nuovo comma 5, per tutti gli interventi l'interessato provvede alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale entro 30 giorni dal momento della variazione, secondo quanto previsto dall'articolo 34-quinquies, comma 2, lettera b), della L. 80/2006.

Viene inoltre specificato che la mancata comunicazione dell'inizio dei lavori o la mancata trasmissione della relazione tecnica comportano la sanzione pecuniaria di 258 euro che può essere ridotta a due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l'intervento è in corso di esecuzione (comma 7).

Il comma 8, infine, semplifica la procedura relativa al rilascio del certificato di prevenzione incendi (CPI) per gli interventi citati, prevedendo che il CPI, ove richiesto, sia rilasciato in via ordinaria con l'esame a vista.



Installazione di reti e di impianti di comunicazione elettronica

Il maxi-emendamento ha introdotto anche il nuovo art. 5-bis, che mediante inserimento dell'art. 87-bis del D. Leg.vo 259/2003 introduce procedure semplificate per la realizzazione delle infrastrutture necessarie alla rete di banda larga mobile.

In particolare, si prevede che per avviare l'installazione di apparati con tecnologia UMTS[53] o di altre tecnologie, su infrastrutture per impianti radioelettrici preesistenti, è richiesta la sola denuncia di inizio attività. La denuncia resta priva di effetti ove entro 30 giorni dalla presentazione della domanda sia intervenuto un provvedimento di diniego da parte dell'ente locale competente, ovvero un parere negativo da parte dell'organismo di controllo.

Il comma 2, sostituendo il comma 15-bis dell'art. 2 della L. 133/2008, interviene sulle procedure di installazione delle reti e degli impianti di comunicazione in fibra ottica. Il comma 15-bis dispone attualmente che per le predette opere la profondità minima dei lavori di scavo, anche in deroga a quanto stabilito dalla normativa vigente, può essere ridotta previo accordo con l'ente proprietario della strada. Secondo il nuovo testo, la possibile riduzione della profondità viene condizionata alla circostanza che l'ente gestore dell'infrastruttura civile non comunichi specifici motivi ostativi entro 30 giorni dal ricevimento della denuncia di inizio attività che deve essere presentata all'Amministrazione territoriale competente da parte dell'operatore della comunicazione, entro 30 giorni dall'inizio dei lavori.







venerdì 21 maggio 2010

Proprietà immobiliari in condominio. La riconferma dell' amministratore prevede un quorum più leggero


Ennio Alessandro Rossi




Per la riconferma dell'amministratore si applica l'art. 1135 del CC che cita: " l'assemblea dei condomini provvede 1) alla conferma dell'amministratore e all' eventuale retribuzione". Le maggioranze previste in seconda convocazione sono quelle del terzo comma dell'art.1136 (1/3 partecipanti; 1/3 del valore dell'edificio)


Il Tribunale di Roma Sez. V sentenza del 15 maggio 2009 n.10701 ha emesso una interessante sentenza afferente il quorum necessario per la riconferma di un amministratore condominiale.


Nel merito : un condomino ricorse al tribunale lamentando che l’amministratore era stato riconfermato nella carica (illegittimamente a suo dire ) NON con le stesse maggioranze necessarie per la nomina (ex art. 1136 IV comma : maggioranza dei presenti rappresentanti almeno 501 millesimi ); pertanto il condomino chiedeva che l’organo giudicante sentenziasse la illegittimità di tale delibera.
La domanda veniva respinta dal Tribunale adito e confermata la legittimità della delibera di riconferma avvenuta in seconda convocazione ex a rt. 1135 del codice civile: assemblea validamente costituita in seconda convocazione con la presenza soggettva di almeno 1/3 di proprietari e con votazione oggettiva di almeno 333,33 millesimi.


Vale la pena di riportare le conclusioni della sentenza.


La domanda (n.d.a: atta a non riconoscere la riconferma ) non risulta meritevole di accoglimento e, pertanto, và respinta. Nel merito, va infatti osservato che il “thema decidendum” concerne la nomina dell''amministratore del Condominio convenuto in carica , deliberata in seconda convocazione con la maggioranza semplice e non con quella qualificata di cui all'art.1136 IV comma c.c. (n.d.a. 501 milelsimi)..omissis…. Invece nella fattispecie trattasi di rielezione dello stesso amministratore nella carica precedentemente ricoperta. Conseguentemente la causa va correttamente inquadrata nella disciplina prevista dall'art. 1135 cc. il quale articolo stabilisce che l'assemblea dei condomini provvede alla conferma dell'amministratore disponendo maggioranze differenti per le due ipotesi. Ne deriva che per la sola conferma dell'amministratore in carica appare sufficiente la maggioranza ordinaria prevista dal III comma dell'art.1136 c.c. (un terzo dei partecipanti al condominio ed almeno un terzo del valore dell'edificio ) così come risulta effettivamente deliberato nell'assemblea impugnata. Invero, la conferma dell'amministratore in carica è fattispecie ben diversa da quella della nomina e della revoca in quanto è rielezione dello stesso nella carica precedentemente ricoperta per la cui deliberazione è sufficiente la maggioranza prevista dal III° comma dell'art. 1136 c.c.
Per tali motivi, allo stato, il ricorso risulta infondato e, come tale, và respinto.
Il Giudice di merito RIGETTA ricorso perché infondato..omissis……, Roma 15 maggio 2009


di Ennio Alessandro Rossi
Commercialista in Brescia


Proprietà immobiliari in condominio. La riconferma dell' amministratore prevede un quorum più leggero

Ennio Alessandro Rossi


Per la riconferma dell'amministratore si applica l'art. 1135 del CC che cita: " l'assemblea dei condomini provvede 1) alla conferma dell'amministratore e all' eventuale retribuzione". Le maggioranze previste in seconda convocazione sono quelle del terzo comma dell'art.1136 (1/3 partecipanti; 1/3 del valore dell'edificio)

Il Tribunale di Roma Sez. V sentenza del 15 maggio 2009 n.10701 ha emesso una interessante sentenza afferente il quorum necessario per la riconferma di un amministratore condominiale.

Nel merito : un condomino ricorse al tribunale lamentando che l’amministratore era stato riconfermato nella carica (illegittimamente a suo dire ) NON con le stesse maggioranze necessarie per la nomina (ex art. 1136 IV comma : maggioranza dei presenti rappresentanti almeno 501 millesimi ); pertanto il condomino chiedeva che l’organo giudicante sentenziasse la illegittimità di tale delibera.
La domanda veniva respinta dal Tribunale adito e confermata la legittimità della delibera di riconferma avvenuta in seconda convocazione ex a rt. 1135 del codice civile: assemblea validamente costituita in seconda convocazione con la presenza soggettva di almeno 1/3 di proprietari e con votazione oggettiva di almeno 333,33 millesimi.

Vale la pena di riportare le conclusioni della sentenza.

La domanda (n.d.a: atta a non riconoscere la riconferma ) non risulta meritevole di accoglimento e, pertanto, và respinta. Nel merito, va infatti osservato che il “thema decidendum” concerne la nomina dell''amministratore del Condominio convenuto in carica , deliberata in seconda convocazione con la maggioranza semplice e non con quella qualificata di cui all'art.1136 IV comma c.c. (n.d.a. 501 milelsimi)..omissis…. Invece nella fattispecie trattasi di rielezione dello stesso amministratore nella carica precedentemente ricoperta. Conseguentemente la causa va correttamente inquadrata nella disciplina prevista dall'art. 1135 cc. il quale articolo stabilisce che l'assemblea dei condomini provvede alla conferma dell'amministratore disponendo maggioranze differenti per le due ipotesi. Ne deriva che per la sola conferma dell'amministratore in carica appare sufficiente la maggioranza ordinaria prevista dal III comma dell'art.1136 c.c. (un terzo dei partecipanti al condominio ed almeno un terzo del valore dell'edificio ) così come risulta effettivamente deliberato nell'assemblea impugnata. Invero, la conferma dell'amministratore in carica è fattispecie ben diversa da quella della nomina e della revoca in quanto è rielezione dello stesso nella carica precedentemente ricoperta per la cui deliberazione è sufficiente la maggioranza prevista dal III° comma dell'art. 1136 c.c.
Per tali motivi, allo stato, il ricorso risulta infondato e, come tale, và respinto.
Il Giudice di merito RIGETTA ricorso perché infondato..omissis……, Roma 15 maggio 2009

di Ennio Alessandro Rossi
Commercialista in Brescia

Mancato rilascio della dichiarazione di conformità, legittimo Il rifiuto del condominio di pagare il corrispettivo all'appaltatore


Cassazione Civile, Sezione II, 22 febbraio 2010 n. 4167


Il rifiuto del condominio di pagare il corrispettivo trova concreta giustificazione nella gravita' dell'inadempimento dall'appaltatore, (nella specie, mancato rilascio della dichiarazione di conformità dell'opera realizzata ai sensi della norma in materia di sicurezza degli impianti), attenendo la prestazione da costui ineseguita ad una obbligazione prescritta dalla legge per la garanzia di corrispondenza dell'opera alla normativa di sicurezza.
Mancato rilascio della dichiarazione di conformità, legittimo Il rifiuto del condominio di pagare il corrispettivo all'appaltatore

Cassazione Civile, Sezione II, 22 febbraio 2010 n. 4167

Il rifiuto del condominio di pagare il corrispettivo trova concreta giustificazione nella gravita' dell'inadempimento dall'appaltatore, (nella specie, mancato rilascio della dichiarazione di conformità dell'opera realizzata ai sensi della norma in materia di sicurezza degli impianti), attenendo la prestazione da costui ineseguita ad una obbligazione prescritta dalla legge per la garanzia di corrispondenza dell'opera alla normativa di sicurezza.
Entro luglio nuove norme per i requisiti acustici degli edifici


Secondo la Legge Comunitaria 2009 approvata il 12 maggio scorso dal Senato il Governo dovrà riscrivere entro fine luglio 2010 le norme in materia di requisiti acustici degli edifici.
Il riordino normativo era atteso entro sei mesi dalla data di entrata in vigore (29 luglio 2009) della Legge Comunitaria 2008, cioè entro fine gennaio 2010, termine che ora si è allungato a un anno. Non comprenderà più la definizione dei criteri per la progettazione, l’esecuzione e le ristrutturazione di edifici e infrastrutture, come previsto dalla Comunitaria 2008; riguarderà invece la determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici.
L’indicazione dei “criteri per la progettazione, l’esecuzione e la ristrutturazione delle costruzioni edilizie e delle infrastrutture dei trasporti, ai fini della tutela dall’inquinamento acustico” arriverà invece con un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’ambiente.
Sospese nel frattempo le norme nei rapporti tra costruttori e acquirenti di alloggi, anche se sorti prima del 29 luglio 2009.
“In attesa del riordino della materia – si legge all’articolo 11, comma 5 della Comunitaria – la disciplina relativa ai requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, non trova applicazione nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi sorti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge”;






Entro luglio nuove norme per i requisiti acustici degli edifici

Secondo la Legge Comunitaria 2009 approvata il 12 maggio scorso dal Senato il Governo dovrà riscrivere entro fine luglio 2010 le norme in materia di requisiti acustici degli edifici.
Il riordino normativo era atteso entro sei mesi dalla data di entrata in vigore (29 luglio 2009) della Legge Comunitaria 2008, cioè entro fine gennaio 2010, termine che ora si è allungato a un anno. Non comprenderà più la definizione dei criteri per la progettazione, l’esecuzione e le ristrutturazione di edifici e infrastrutture, come previsto dalla Comunitaria 2008; riguarderà invece la determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici.
L’indicazione dei “criteri per la progettazione, l’esecuzione e la ristrutturazione delle costruzioni edilizie e delle infrastrutture dei trasporti, ai fini della tutela dall’inquinamento acustico” arriverà invece con un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’ambiente.
Sospese nel frattempo le norme nei rapporti tra costruttori e acquirenti di alloggi, anche se sorti prima del 29 luglio 2009.
“In attesa del riordino della materia – si legge all’articolo 11, comma 5 della Comunitaria – la disciplina relativa ai requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, non trova applicazione nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi sorti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge”;



L'autovettura brucia e danneggia un immobile: chi paga ????

Danneggiamento di immobile causato da incendio di autovettura parcheggiata nelle vicinanze, risarcimento danni


Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 2010, n. 3108


La sosta di un veicolo a motore su un'area pubblica o ad essa equiparata integra, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2054 c.c. e dell'art. 1 della legge n. 990 del 1969 (ed ora dell'art. 122 del D.L.vo n. 209 del 2005), anch'essa gli estremi della fattispecie "circolazione", con la conseguenza che dei danni derivati a terzi dall'incendio del veicolo in sosta sulle pubbliche vie o sulle aree equiparate risponde anche l'assicuratore, salvo che sia intervenuta una causa autonoma, ivi compreso il caso fortuito, che abbia determinato l'evento dannoso. (Nella specie la S.C. ha ritenuto risarcibili da parte dell'assicuratore i danni cagionati da un incendio propagatosi da un autocarro parcheggiato in sosta immediatamente dopo il manifestarsi di alcune avarie al motore).

L'autovettura brucia e danneggia un immobile: chi paga ????

Danneggiamento di immobile causato da incendio di autovettura parcheggiata nelle vicinanze, risarcimento danni

Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 2010, n. 3108

La sosta di un veicolo a motore su un'area pubblica o ad essa equiparata integra, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2054 c.c. e dell'art. 1 della legge n. 990 del 1969 (ed ora dell'art. 122 del D.L.vo n. 209 del 2005), anch'essa gli estremi della fattispecie "circolazione", con la conseguenza che dei danni derivati a terzi dall'incendio del veicolo in sosta sulle pubbliche vie o sulle aree equiparate risponde anche l'assicuratore, salvo che sia intervenuta una causa autonoma, ivi compreso il caso fortuito, che abbia determinato l'evento dannoso. (Nella specie la S.C. ha ritenuto risarcibili da parte dell'assicuratore i danni cagionati da un incendio propagatosi da un autocarro parcheggiato in sosta immediatamente dopo il manifestarsi di alcune avarie al motore).

mercoledì 19 maggio 2010

Miscellanea



Eusebio di Cesarea


(265-340)






VITA DI COSTANTINO


II Il come egli provvedesse affinché il genere umano vivesse nella felicità, lo si potrà desumere dall'esempio di una sola misura di utilità, pubblica, che fu applicata ovunque e che è ben nota ancora oggi. Egli infatti detrasse la quarta parte delle tasse annue da pagare sui terreni e ne fece dono agli stessi proprietari delle terre, e così, a conti fatti, questa detrazione annua sortiva l'effetto che ogni quattro anni i possessori di terre fossero esenti dalle tasse. Questo provvedimento fu stabilito per legge ed ebbe valore anche per il tempo a venire, non solo per quanti erano allora proprietari, ma anche per i loro figli e per i loro discendenti, e rese a costoro indimenticabile e duratura la generosità dell'imperatore. III Inoltre, poiché altri contestavano i censimenti delle terre avvenuti ai tempi dei precedenti imperatori, accusandoli di aver reso più pesanti le imposte sulle loro terre, anche in questo caso, con un provvedimento dettato da senso di giustizia, inviò nuovamente i funzionari incaricati della ripartizione delle imposte per concedere le esenzioni a chi le avesse richieste. IV Quando l'imperatore dirimeva controversie giudiziarie, affinché la parte che, a suo giudizio, era risultata perdente non si ritirasse meno soddisfatta di quella vincente, era solito beneficare gli sconfitti a proprie spese, ora con possedimenti ora con danaro, facendo in modo che il perdente fosse altrettanto soddisfatto di chi aveva vinto la causa, dal momento che gli era toccato l'onore di trovarsi al suo cospetto, infatti gli sembrava che non fosse ammissibile che chiunque si fosse trovato di fronte a un così grande imperatore se ne congedasse rattristato e addolorato. In tal modo dunque entrambi i contendenti risolvevano la controversia con volti sereni e sorridenti, e la magnanimità del sovrano suscitava l'ammirazione di tutti.






[A cura di Laura Franco, Rizzoli, BUR, 2009, p.349]










Rassegna di notizie


- Diritto tributario, diritto penale, diritto del lavoro:


CASSAZIONE TRIBUTARIA:


INTERPOSIZIONE FITTIZIA DI MANODOPERA OCCORRE VERIFICARE TUTTI GLI ELEMENTI






La Cassazione ha accolto il ricorso promosso dall'Agenzia delle Entrate "contro la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia che ha rigettato l'appello dell'Ufficio contro la pronuncia di primo grado, che aveva accolto il ricorso della società contro avvisi di accertamento per omesso versamento di ritenute di acconto IRPEF, fondati sul presupposto dell'esistenza di un appalto di manodopera, in violazione dell'articolo 1 della legge n. 1369 del 1960".






Secondo la Cassazione il primo motivo di ricorso formulato dalla ricorrente è manifestamente fondato. In particolare, la ricorrente ha censurato "la sentenza impugnata per aver escluso il ricorrere di interposizione fittizia di manodopera solo con riguardo al criterio presuntivo di cui al terzo comma dell'art. 1 della legge n. 1369 del 1960, non ritenendo provato che le imprese subappaltatrici avessero utilizzato attrezzature e capitali dell'impresa appaltatrice, e non anche verificando la sussistenza degli ulteriori elementi desumibili dal primo comma della stessa norma, quali l'effettiva autonomia negoziale della subappaltatrice e la sussistenza di struttura e capitali adeguati all'importanza dell'opera".






La Cassazione ricorda il proprio orientamento secondo cui "l'ipotesi di appalto di manodopera è configurabile sia in presenza degli elementi presuntivi considerati dal terzo comma del citato art. 1 (impiego di capitale, macchine ed attrezzature fornite dall'appaltante), sia quando il soggetto interposto manchi di una gestione di impresa a proprio rischio e di un'autonoma organizzazione, da verificarsi con riguardo alle prestazioni in concreto affidategli (Cass. 16788/06)".






(Corte di Cassazione - Sezione Tributaria, Sentenza 4 maggio 2010, n.10685).






- Diritto amministrativo, diritto tributario, diritto processuale civile:


CASSAZIONE SU CIVILI:


IMPUGNAZIONE DEL PREAVVISO DI FERMO AMMINISTRATIVO






In materia di preavviso di fermo amministrativo, le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza 10672/2009, hanno stabilito che "Il preavviso di fermo amministrativo ex art. 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 che riguardi una pretesa creditoria dell'ente pubblico di natura tributaria è impugnabile innanzi al giudice tributario, in quanto atto funzionale a portare a conoscenza del contribuente una determinata pretesa tributaria, rispetto alla quale sorge ex art. 100 cod. proc. civ. l'interesse del contribuente alla tutela giurisdizionale per il controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva, a nulla rilevando che detto preavviso non compaia esplicitamente nell'elenco degli atti impugnabili contenuto nell'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in quanto tale elencazione va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della P.A., che in conseguenza dell'allargamento della giurisdizione tributaria operato con la legge 28 dicembre 2001, n. 448".






Secondo le Sezioni Unite, il medesimo principio vale, mutatis mutandis, allorquando il preavviso riguardi obbligazioni extratributarie. Ne deriva che la tesi della non impugnabilità del preavviso non può trovare accoglimento. In sostanza, le Sezioni Unite ribadiscono che "il destinatario del preavviso ha un interesse specifico e diretto alla controllo della legittimità sostanziale della pretesa che è alla base del preannunciato provvedimento cautelare".






(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 7 maggio 2010, n.11087).






- Diritto processuale civile:


CASSAZIONE CIVILE:


ABUSO DEL PROCESSO NELLA RICHIESTA DI EQUO INDENNIZZO PER ECCESSIVA DURATA






Configura un abuso del processo la condotta dei ricorrenti che pur essendo stati parti di una medesima procedura iniziata nell'aprile del 1993 avanti al TAR del Lazio (avendo proposto un'identica domanda concernente l'adeguamento triennale dell'indennità giudiziaria) e pertanto essendo la domanda di riconoscimento dell'equo indennizzo per l'eccessiva durata di tale procedura basata sullo stesso presupposto giuridico e fattuale, hanno proposto nello stesso ristretto arco temporale dieci distinti ricorsi alla Corte d'appello competente con il patrocinio del medesimo difensore.






Secondo la Cassazione "Quanto alla liquidazione delle spese del giudizio di merito non può essere seguito il criterio propugnato dalla difesa dei ricorrenti secondo il quale, essendo stati proposti distinti ricorsi ex lege n. 89/2001, riuniti dalla Corte d'appello solo in esito alla discussione in camera di consiglio, spetterebbero gli onorari e i diritti distintamente per ogni procedimento fino al momento della riunione".






Queste le motivazioni dell'ordinanza.






"La giurisprudenza della Corte ha già avuto modo di affrontare il tema dell'utilizzo dello strumento processuale con modalità tali da arrecare non solo un danno al debitore senza necessità o anche solo apprezzabile vantaggio per il creditore ma anche da interferire con il funzionamento dell'apparato giudiziario ed ha ritenuto una tale condotta lesiva sia del canone generale di buona fede oggettiva e correttezza, in quanto contrastante con il dovere di solidarietà di cui all'art. 2 della Costituzione, sia contraria ai principi del giusto processo in quanto la inutile moltiplicazione dei giudizi produce un effetto inflattivo confliggente con l'obiettivo costituzionalizzato della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 della Costituzione (Sent. Sezioni Unite, 15 novembre 2007, n. 23726).






Tali principi, pur enunciati in tema di rapporti negoziali, possono trovare applicazione anche in fattispecie quali quella in esame laddove l'evento causativo del danno e quindi giustificativo della pretesa sia identico come unico sia il soggetto che ne deve rispondere e plurimi soli i danneggiati i quali, dopo aver agito unitariamente nel processo presupposto così dimostrando la carenza di interesse alla diversificazione delle posizioni ed avere sostanzialmente tenuto la stessa condotta in fase di richiesta dell'indennizzo agendo contemporaneamente con identico patrocinio legale e proponendo domande connesse per l'oggetto e per il titolo, instaurano singolarmente procedimenti diversificati pur destinati inevitabilmente (come puntualmente avvenuto nella fattispecie) alla riunione.






Una tale condotta, che è priva di alcuna apprezzabile motivazione e incongrua rispetto alla rilevate modalità di gestione sostanzialmente unitaria delle comuni pretese, contrasta innanzitutto con l'inderogabile dovere di solidarietà sociale che osta all'esercizio di un diritto con modalità tali da arrecare un danno ad altri soggetti che non sia inevitabile conseguenza di un interesse degno di tutela dell'agente, danno che nella fattispecie graverebbe sullo Stato debitore a causa dell'aumento degli oneri processuali: ma contrasta altresì e soprattutto con il principio costituzionalizzato del giusto processo inteso come processo di ragionevole durata (55.UV. n. 23726/07, sopra citata) posto che la proliferazione oggettivamente non necessaria dei procedimenti incide negativamente sull'organizzazione giudiziaria a causa dell'inflazione delle attività che comporta con la conseguenza di un generale allungamento dei tempi processuali".






In conclusione: "Al riscontrato abuso dello strumento processuale non può tuttavia conseguire la sanzione dell'inammissibilità dei ricorsi, posto che non è l'accesso in sé allo strumento che è illegittimo ma le modalità con cui è avvenuto, ma comporta l'eliminazione per quanto possibile degli effetti distorsivi dell'abuso e quindi, nella fattispecie, la valutazione dell'onere delle spese come se unico fosse stato il procedimento fin dall'origine".






(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Ordinanza 3 maggio 2010, n.10634).






- Diritto della privacy, diritto delle comunicazioni:


AGENZIA ENTRATE:


REGIME DI NON IMPONIBILITÀ IN CASO DI TRIANGOLAZIONE INTRACOMUNITARIA






L'Agenzia ha ricordato che: "In proposito si osserva che la ratio della norma sulle triangolazioni è quella di evitare che una cessione interna fra due operatori nazionali (nel caso in esame "A" e "B") possa beneficiare della non imponibilità. Tale evenienza si realizzerebbe qualora i beni transitassero materialmente dal cedente ("A") al cessionario ("B") in quanto quest'ultimo ne acquisirebbe la disponibilità".






Nel caso di specie "Il quesito riguarda la corretta interpretazione della disposizione citata nella parte, in particolare, nella quale fa dipendere la non imponibilità delle due fatturazioni (dalla società "A" alla società "B" e da quest'ultima alla società "C") dalla circostanza che i beni siano trasportati o spediti in altro stato membro "a cura o a nome del cedente"".






Secondo l'Agenzia, pertanto, "a parziale rettifica della prassi precedente (ris. n. 115 del 2001 e ris. n. 51 del 1995) l'operazione potrà godere del regime di non imponibilità anche nel caso in cui il cessionario ("B") stipuli il contratto su mandato ed in nome del cedente. In questo caso, infatti, il predetto cessionario agirebbe quale mero intermediario del cedente ("A") senza mai avere la disponibilità del bene, nel pieno rispetto della ratio delle disposizioni in materia".






(Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa, Risoluzione 13 maggio 2010, n.35/E: Regime di non imponibilità in caso di triangolazione intracomunitaria).








Caio Svetonio Tranquillo


(70-126)






VITE DEI CESARI


Domiziano






VIII. Amministrò scrupolosamente ed attivamente la giustizia, spesso anche nel Foro, in via straordinaria, davanti al suo seggio. Annullò le sentenze dei centumviri viziate da interessi politici. Ammonì spesso i giudici delle cause d'indennizzo a non accontentarsi di argomentazioni cavillose. Inflisse nota d'infamia ai giudici venali ed ai loro consiglieri.






Fece accusare di concussione dai tribuni della plebe un edile disonesto e richiese al senato giudici contro di lui. Tanta cura mise inoltre nel punire i magistrati urbani e i governatori delle province, che non se ne ebbero mai né di più moderati né di più giusti. E sì che più tardi ne vedemmo moltissimi incriminati per misfatti di ogni genere.






3 Assuntosi inoltre il compito di moralizzare i costumi, tolse ai cittadini la libertà di assistere promiscuamente agli spettacoli teatrali dagli scranni dei cavalieri; ritirò dalla circolazione scritti infamanti e pubblicamente divulgati in cui si colpivano uomini e donne insigni, e tacciò gli autori d'ignominia. Espulse dal senato un ex questore preso dalla passione della recitazione e della danza. Proibi alle donne disonorate l'uso della lettiga e il diritto di ricevere legati ed eredità. Cancellò dall'albo dei giudici un cavaliere romano che aveva nuovamente sposato la moglie, già ripudiata sotto accusa di adulterio. Condannò, secondo la legge Scantinia *, alcuni cittadini di entrambi gli ordini.






4 Punì severamente e in vari modi l'immoralità delle vergini vestali, di cui anche il padre e il fratello non si erano occupati, prima con la condanna a morte, poi secondo l'antica procedura **. Alle sorelle Ocellate ed a Varronilla diede infatti la facoltà di scegliere liberamente il genere di morte, condannando alla relegazione i loro seduttori; ma ordinò di seppellire viva Cornelia, la maggiore delle vestali, già un tempo assolta e poi, dopo un lungo intervallo, nuovamente accusata e dichiarata colpevole, e di fustigarne a morte i seduttori in comizio, ad eccezione di un ex pretore cui concesse l'esilio, poiché la causa appariva dubbia ed incerti gli interrogatori; l'uomo aveva infatti confessato solo sotto tortura.










* Lex Scantinia de nefanda Venere, contro la sodomia (N.d.C.).


** Le vestali colpevoli venivano per antica legge sepolte vive (N.d.C.).






[Traduzione di Annamaria Rindi, Milano, Edizioni per il Club del Libro, 1962, pp.473-4].






Focus


- Diritto d'autore, diritto dell'informazione, diritto privato, diritto della responsabilità civile e del risarcimento dei danni:


CASSAZIONE CIVILE:


IL DANNO PER ILLECITA PUBBLICAZIONE DELL'IMMAGINE ALTRUI VA PROVATO






La Corte di Cassazione è partita ricordando il proprio recente principio di diritto, secondo cui "L'illecita pubblicazione dell'immagine altrui obbliga al risarcimento anche dei danni patrimoniali, che consistono nel pregiudizio economico di cui la persona danneggiata abbia risentito per effetto della predetta pubblicazione e di cui abbia fornito la prova. In ogni caso, qualora non possano essere dimostrate specifiche voci di danno patrimoniale, la parte lesa può far valere il diritto al pagamento di una somma corrispondente al compenso che avrebbe presumibilmente richiesto per concedere il suo consenso alla pubblicazione, determinandosi tale importo in via equitativa, avuto riguardo al vantaggio economico conseguito dell'autore dell'illecita pubblicazione e ad ogni altra circostanza congruente con lo scopo della liquidazione, tenendo conto, in particolare, dei criteri enunciati dall'art. 158, comma secondo, della legge n. 633 del 1941 sulla protezione del diritto di autore» (Cass. n. 12433 del 2008)".






La Cassazione condivide il suddetto principio "pur con alcune precisazioni, rimaste nella citata decisione non formulate".






"Alla luce delle precisazioni che si verranno facendo, il detto principio non può, nella specie, giustificare la chiesta cassazione della sentenza, in quanto la sua applicazione supporrebbe che in questa sede si fosse fatta constare dalla ricorrente l'esistenza nel giudizio di merito di una situazione che ne avrebbe giustificato la sua applicazione secondo le varie e gradate ipotesi in esso espresse. Tale situazione supponeva che la ricorrente avesse allegato e, quindi, individuato danni patrimoniali idonei ad essere liquidati secondo il criterio indicato dalla citata decisione. Tali danni, da intendersi come c.d. danni conseguenza dell'evento lesivo costituito dall'utilizzazione indebita delle fotografie, avrebbero potuto identificarsi in un pregiudizio allo sviluppo della carriera futura e, quindi, nei suoi riflessi economici (come, ad esempio, per l'impossibilità di girare talune tipologie di films, perché non in sintonia con l'apparizione di foto di nudo) oppure nella perdita di specifiche occasioni di lavoro in ragione del discredito arrecato dalla pubblicazione delle foto oppure ancora nella perdita di occasioni di lavoro determinata proprio dall'impossibilità di sfruttare le fotografie in quanto ritraenti la Tizia nuda. Solo in via ultimativa, avrebbero potuto identificarsi nella perdita dell'utilità economica che le società convenute avrebbero dovuto corrispondere alla Tizia per l'utilizzo delle foto, se dalla stessa consentito".






Prosegue la Cassazione "rileva il Collegio che quando la lesione del diritto all'immagine è stata arrecata dalla pubblicazione di fotografie che non si dovevano pubblicare perché la persona fotografata non era d'accordo per la pubblicazione, il fatto che l'interesse della persona che è stato leso sia rappresentato proprio dal particolare aspetto del diritto all'immagine rappresentato dal tener riservata la rappresentazione fotografica e ad escluderne la fruibilità da parte di terzi, e, dunque, la conseguente certezza che la persona non avrebbe commercializzato la rappresentazione fotografica, non è di per sé ostativo a che quella persona possa allegare l'esistenza di un danno rappresentato dall'utilità che avrebbe potuto conseguire se chi ha utilizzato indebitamente le fotografie avesse dovuto pagare il suo consenso. E' sufficiente osservare che, appartenendo la scelta della pubblicazione delle fotografie esclusivamente alla persona fotografata ed essendo scelta suscettibile di ripensamento nel tempo, se del caso anche in dipendenza delle vicende della professione od anche soltanto dell'evoluzione dei tempi, ad escludere che si configuri come danno conseguenza il non aver ottenuto l'utilità che sarebbe derivata dal prezzo del consenso non sarebbe potuta valere la scelta fatta al momento dell'utilizzazione di non volere la pubblicazione delle foto. Ritenere altrimenti, sarebbe contrario alla stessa logica di una situazione personalissima come quella del diritto all'immagine, che non si cristallizza nell'atteggiarsi della volontà del soggetto in un dato momento, ma, proprio per la sua natura, dev'essere a lui garantita anche nella possibilità ch'egli nel tempo possa mutare convincimento ed indirizzarsi altrimenti.






Ciò chiarito, si deve rilevare che tutte le ipotesi di possibile danno patrimoniale innanzi indicate o talune di esse o anche soltanto l'ultima di esse avrebbero dovuto, comunque, essere oggetto di allegazione da parte della Tizia. Inenerendo il danno patrimoniale conseguenza dell'illecito rappresentato dall'utilizzazione indebita dell'immagine, quale danno evento, all'ambito dei fatti costitutivi della domanda di risarcimento danni, esso dev'essere allegato dal soggetto leso e non può certo essere individuato ed introdotto d'ufficio da parte del giudice e ciò nemmeno attraverso il potere di liquidazione equitativa del danno, di cui all'art. 2056 c.c., giacché questo potere concerne la quantificazione del danno e non l'individuazione del danno.






Nella specie nel ricorso (tanto nell'illustrare il motivo, quanto indirettamente nelle allegazioni con cui si enuncia il fatto sostanziale e processuale), non si dice alcunché in ordine a quelle che erano state le allegazioni della Tizia in punto di individuazione del danno patrimoniale. In tale situazione la cassazione della sentenza, là dove ha motivato il disconoscimento del danno patrimoniale anzitutto "nel non avere minimamente l'appellante provato la sussistenza" ed in secondo luogo "l'entità di un nocumento di carattere patrimoniale", non appare in alcun modo possibile, perché la carenza di individuazione di quella che era la situazione in punto di alIegazioni a sostegno della domanda risarcitoria del danno patrimoniale prospettata dalla Tizia impedisce di apprezzare la motivazione qui censurata come motivazione che, pur di fronte ad allegazioni di danno patrimoniale come quelle sopra ipotizzate e, in ultima analisi, di un'allegazione come danno patrimoniale del danno da perdita dell'utilità che avrebbe assicurato un pagamento del consenso alla pubblicazione delle foto, si è rifiutata di riconoscere l'esistenza del danno".






In conclusione: "lnvero, se non si sa quel era stato il danno patrimoniale lamentato con la domanda, non è possibile in alcun modo valutare la correttezza dell'affermazione della sentenza impugnata che esso non era stato provato nell'an (e, subordinatarnente, nel quantum)".






(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 6 maggio 2010, n.10957).










Gilbert Keith Chesterton


(1874-1936)






IL PUGNALE ALATO E ALTRI RACCONTI


La strana reclusione della vecchia signora


Ma infine giunse il momento che sapevo esser quello delle rivelazioni illuminanti, il momento dei brindisi e dei discorsi. Tra un levarsi di canti e d'applausi, Basil Grant si alzò in piedi.






«Signori» disse «è usanza di questa associazione che il presidente entrante apra i brindisi non già con una frase generica d'augurio, ma invitando a turno i membri a rendere un breve resoconto della loro professione. A quell'intervento si brinda e a tutti quelli che seguono. E mio compito, quale membro più anziano, iniziare illustrando l'attività che mi consente l'onore di appartenere a questo club. Anni fa, gentili signori, io ero un giudice e in quell'ufficio cercavo di fare del mio meglio per rendere giustizia e amministrare la legge. Ma a poco a poco cominciai a rendermi conto che nell'esercizio delle mie funzioni io in realtà non rasentavo neppure l'orlo della giustizia. Sedevo sul trono dei potenti, vestivo di porpora e di ermellino, pure se piccolo, modesto e vano era il posto che occupavo. Dovevo seguire la norma tanto quanto un postino e con tutto il mio oro e il mio rosso valevo quanto lui. Giorno dopo giorno sfilavano davanti a me casi la cui ferrea logica di tensioni e passioni io dovevo fingere di mitigare con stupide pene detentive e stupidi risarcimenti di danni, mentre sapevo benissimo alla luce del mio naturale buon senso che sarebbero serviti molto meglio allo scopo un bacio o una frustata, qualche parola di spiegazione o un duello o una vacanza in montagna. Così, a mano a mano che in me cresceva questa convinzione, cresceva anche il senso di una colossale inutilità. Ogni parola che veniva pronunciata in aula, fosse un bisbiglio o una bestemmia, mi pareva avesse più rapporto con la vita di tutte quelle che io ero chiamato a dire. E venne il momento in cui pubblicamente denunciai tutte queste finzioni, fui giudicato pazzo e mi ritirai dalla vita pubblica.»






Qualcosa nell'atmosfera della sala mi diceva che Rupert e io non eravamo i soli ad ascoltare affascinati questa dichiarazione.






«Insomma, scoprii che non potevo essere di alcuna utilità. Mi offrii allora privatamente come giudice puramente morale per risolvere questioni puramente morali. In breve tempo questo tribunale d'onore non ufficiale, sempre mantenuto rigorosamente segreto, ebbe un successo strepitoso in tutta la società. Davanti a me non si intentano processi per quelle inezie di tipo pratico di cui nessuno si preoccupa. No, gli imputati vengono processati per quei reati che veramente rendono impossibile la convivenza. Vengono processati per egoismo e vanità smodata, per maldicenza e tirchieria nei confronti degli amici e dei dipendenti. Naturalmente questo tribunale non ha nessun potere coercitivo. L'adempimento delle pene dipende esclusivamente dall'onore delle signore e dei gentiluomini coinvolti nel caso, compresi i colpevoli. Ma se sapeste con quale precisione i nostri ordini sono sempre stati eseguiti, vi meravigliereste. Solo recentemente ne ho avuto uno splendido esempio. Un'anziana signorina di South Kensington, che avevo condannato alla reclusione in isolamento per aver con le sue calunnie causato la rottura d'un fidanzamento, ha recisamente rifiutato di lasciare la prigione, sebbene alcune persone, animate dalle migliori intenzioni, fossero inopportunamente giunte a salvarla».


[Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2003, pp.112-114].
























Athos Vianelli






FATTI E VICENDE DELLO STUDIO BOLOGNESE






Il seguente episodio mi sembra particolarmente atto a porre in risalto lo Studio bolognese ed i suoi docenti.






A sentenziare sulle divergenze sorte tra l'imperatore Federico Barbarossa, Milano ed altre città lombarde furono chiamati alla Dieta di Roncaglia, nel novembre del 1158, i più illustri docenti dello Studio di Bologna, interpreti delle leggi e del diritto romano: Bulgaro, Martino Gossia, Jacopo ed Ugo di Porta Ravegnana, tutti allievi di Irnerio. Interrogati in "quella solenne assemblea essi, salvo Martino che seguiva la scuola del Graziano ed era perciò fautore del diritto canonico, riconobbero la potestà dell'impero sopra i regni, i ducati, i marchesati, le contee, i consolati, le zecche, i dazi, le gabelle, i porti, i mulini, le pescagioni e la caccia.






I dottori dello Studio bolognese furono allora fraintesi, ed i loro nomi furono a torto maledetti perché la sentenza, come fu dimostrato, era giusta, coscienziosa e di pieno diritto. Essi, infatti, posta l'esistenza di diritto dell'imperatore quale continuazione ideale della tradizione romana, e considerato che senza l'impero non era possibile, a quei tempi, formarsi un concetto di ordinamento politico e sociale, sentenziando che tutto cadeva sotto la potestà dell'imperatore, centro della federazione di tutti i popoli, erano perfettamente nelle norme fondamentali del diritto.






Essi avevano però stabilito, così facendo, un principio di massima e non una condizione di fatto; infatti quando Federico credette di avere la facoltà di manomettere il diritto altrui, prendendo alla lettera una sentenza che stabiliva una massima, il legista Bulgaro dallo Studio di Bologna fu pronto ad ammonirlo «come egli non fosse padrone quanto alla proprietà».






Il metodo d'insegnamento bolognese era inteso, sostanzialmente, ad inculcare negli scolari una conoscenza dei testi fondamentali che loro consentisse di farne riferimento ogni qual volta si presentassero casi consimili nella pratica corrente. Questo metodo, che ebbe quale precursore Irnerio e che caratterizzò il costume italico d'insegnamento, è il cosidetto metodo dialettico che cercherò di riassumere nelle poche righe che seguono.






L'insegnante faceva in primo luogo una descrizione sommaria del contenuto del testo giuridico, suddiviso per titoli o capitoli, prima di effettuare la lettura. In un secondo tempo egli ricercava ed enunciava i casi che erano oggetto della legge; passava in seguito a leggere il testo commentandolo grammaticamente ed apportandovi eventuali chiarimenti al fine di rendere la lezione più comprensibile; ripeteva poi brevemente i casi della legge ponendoli bene in rilievo e centrandoli chiaramente; sollevava infine, secondo il metodo del "pro et contra", le contraddizioni apparenti, le distinzioni e le questioni più sottili e pratiche che si potevano dedurre dalla legge medesima, proponendo le sue personali soluzioni. In questo modo, a poco a poco, il pensiero del legislatore ricostruito ed interpretato, così come l'immensa vastità del "Corpus iuris civilis" - spesso male ordinato -, venivano inquadrati logicamente. Il metodo bolognese procedeva dal caso particolare e perveniva alle conclusioni generali; dallo studio dei casi singoli, il maestro si elevava per gradi alle leggi generali o regole del diritto.






[Athos Vianelli, Fatti e vicende dello studio bolognese, Tamari Editori, Bologna, 1961, pp.24-25]












Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...