venerdì 2 ottobre 2009

Ai fini della valida costituzione del condominio non servono particolari formalità

Ai fini della valida costituzione del condominio non è necessario che siano adempiute particolari formalità













Tribunale Chieti Civile, Sentenza del 29 maggio 2009, n. 416







Ai fini della valida costituzione del condominio non è necessario che siano adempiute particolari formalità come il rilascio del certificato di abitabilità dei singoli appartamenti, la nomina dell'amministratore, l'approvazione del regolamento o la determinazione delle quote millesimali, essendo tali attività solo strumenti alla gestione del condominio medesimo il quale nasce invece ipso iure nel momento in cui il proprietario di un immobile suscettibile di frazionamento, poiché diviso in piani o porzioni di piano, alieni a terzi la prima unità passibile di utilizzazione autonoma e separata.











Ai fini della valida costituzione del condominio non servono particolari formalità

Ai fini della valida costituzione del condominio non è necessario che siano adempiute particolari formalità






Tribunale Chieti Civile, Sentenza del 29 maggio 2009, n. 416



Ai fini della valida costituzione del condominio non è necessario che siano adempiute particolari formalità come il rilascio del certificato di abitabilità dei singoli appartamenti, la nomina dell'amministratore, l'approvazione del regolamento o la determinazione delle quote millesimali, essendo tali attività solo strumenti alla gestione del condominio medesimo il quale nasce invece ipso iure nel momento in cui il proprietario di un immobile suscettibile di frazionamento, poiché diviso in piani o porzioni di piano, alieni a terzi la prima unità passibile di utilizzazione autonoma e separata.





mercoledì 30 settembre 2009

Studi di settore, difesa allargata

Data Pubblicazione 29/9/2009



Articolo tratto da: Italia Oggi







I risultati dell'attività degli osservatori regionali e le conseguenze sul piano applicativo



Indagini e provvedimenti locali arma in più per il contribuente



Dalla lettura delle relazioni sull'attività svolta dagli osservatori regionali per gli studi di settore nell'anno 2008 nuova linfa per il contraddittorio. Sono molti infatti gli spunti e le problematiche che emergono e che possono essere prese in esame dai contribuenti e dai loro consulenti al fine di limitare le pretese del fisco. Anche quando i lavori svolti dall'osservatorio regionale non sono sfociati in un vero e proprio provvedimento che limita o sospende l'applicazione degli studi di settore per un certo periodo e per una certa zona del territorio della regione, il solo fatto che questo organismo abbia recepito e svolto indagini conoscitive su certi particolari fenomeni e criticità esistenti può costituire argomento di difesa per il contribuente. Anche la stessa Agenzia delle entrate dovrebbe utilizzare con estrema prudenza le risultanze degli studi di settore per condurre accertamenti sulle attività economiche e/o sulle aree territoriali sulle quali l'osservatorio regionale ha concentrato la sua attenzione. In alcuni casi l'attività degli osservatori ha superato anche i confini territoriali ponendo questioni di carattere generale che pur essendo certamente fuori dalle sue specifiche competenze, meritano comunque una seria riflessione. È il caso, ad esempio, della problematica trattata dall'osservatorio regionale della Puglia dove a seguito di una sollecitazione giunta dal consiglio dell'ordine degli avvocati di Bari si è discusso della disparità di trattamento praticata da Gerico nei calcoli di congruità fra avvocati uomini e avvocati donne. In particolare l'ordine degli avvocati aveva chiesto all'osservatorio di verificare se e come lo studio di settore tenga conto delle differenze reddituali che caratterizzano l'attività forense svolta da un avvocato uomo rispetto ad un avvocato donna, soprattutto in riferimento ai periodi di gravidanza e di maternità nei quali la capacità reddituale potrebbe subire una compromissione. Si tratta indubbiamente di una problematica di carattere generale che riguarda l'intero mondo delle professioni al femminile e non certo unicamente la professione forense né lo svolgimento della stessa nella regione Puglia. Sulla scorta di queste considerazioni l'osservatorio regionale ha ritenuto di non poter entrare nel merito della questione ma di limitarsi a segnalarla nell'ambito dell'attività svolta in modo da suscitare quell'interesse generale che la stessa merita.



Naturalmente il lavoro svolto nel corso dell'anno 2008 dagli osservatori regionali sugli studi di settore non è stato uniforme. In alcuni casi l'unica attività svolta non è andata molto al di là del semplice insediamento dell'organismo e dell'attribuzione delle deleghe ai vari componenti. In altri casi invece si sono svolte più riunioni durante l'anno e si è proceduto alla costituzione di gruppi di lavoro specifici ai quali sono state attribuite particolari problematiche da esaminare con obbligo di relazionare all'osservatorio circa i risultati dell'attività svolta. Vediamo in dettaglio le principali problematiche poste all'attenzione dei vari osservatori regionali nel corso dell'anno 2008.



Osservatorio della Liguria. Fra gli osservatori più attivi anche in termini di risultati raggiunti vi è senza dubbio quello della Liguria. Già nel corso della seconda riunione dell'osservatorio sono state infatti affrontate tematiche specifiche relative a particolari settori di attività e aree territoriali della regione. Sono stati infatti esaminate le problematiche relative ad attività svolte in particolari zone quali le bottiglierie e le farmacie rurali dell'imperiese o condotte in maniera tale da configurare vere e proprie situazioni di marginalità economica, come ad esempio le latterie pure e le rivendite di oggetti usati. Molti input per l'attività dell'osservatorio sono giunti dall'esterno grazie alle segnalazione dei sindaci dei vari comuni o dalle associazioni di categoria. Fra queste segnalazioni vi sono quelle relative alla crisi della cantieristica e del suo indotto nello spezzino, quella dell'estrazione dell'ardesia in Val Fontanabuona e, più in generale, delle vallate dell'entroterra ligure. Tenuto conto dell'insieme delle criticità emerse, l'osservatorio ha ritenuto opportuno, avvalendosi anche delle possibilità offerte in tal senso dal provvedimento direttoriale del 8/10/2007, di costituire al suo interno tre sottogruppi di lavoro specializzati per ciascuna tipologia di problematica affrontata. Sono stati costituiti così il gruppo di lavoro dedicato agli effetti della «Frana di capo Noli» , il gruppo di lavoro dedicato ai «Comuni montani» che dovrà esaminare la crisi dei comuni dell'entroterra ligure ed infine un terzo gruppo di lavoro dedicato alla «Mappatura delle criticità». Questo ultimo gruppo di lavoro dovrà costituire e gestire una vera e propria banca dati delle situazioni di criticità esistenti sul territorio regionale che possano influire sulla capacità degli studi di settore di stimare correttamente i ricavi o compensi dei contribuenti.



Osservatorio della Campania. Qui l'input principale per il lavoro dell'organismo regionale è stato l'emergenza rifiuti. In particolare i lavori dell'osservatorio si sono concentrati, fin dalle prime riunioni, nel cercare di comprendere quali conseguenze abbia avuto tale fenomeno sulle attività produttive del territorio. A tale proposito è emerso che il problema dell'emergenza rifiuti ha influito maggiormente ed in senso negativo sul turismo della regione e sui settori lattiero-caseario. Queste considerazioni hanno suggerito all'osservatorio la necessità di costituire appositi gruppi di lavoro aventi ad oggetto proprio gli effetti dell'emergenza rifiuti sui suddetti settori economici con la possibilità di arrivare a formulare delle proposte di revisione per gli studi di settore applicabili ai suddetti comparti. Già a fine 2008 i gruppi di lavoro hanno presentato il resoconto dell'attività svolta che è riassunto nelle sue linee essenziali nella relazione finale dell'osservatorio regionale disponibile sul sito internet delle entrate.



Osservatorio del Lazio. Intensa anche l'attività svolta nel 2008 dall'osservatorio della regione Lazio. Anche in questo caso un ruolo fondamentale di stimolo alle attività dell'organismo è giunto dalle segnalazioni di criticità da parte di categorie economiche e ordini professionali. Uno dei primi filoni d'indagine dell'osservatorio è stato quello relativo allo studio di settore UG44U (Alberghi) per l'area territoriale della provincia di Frosinone. Qui l'input ai lavori è giunto dalla Confindustria di Frosinone che ha chiesto all'osservatorio di valutare gli effetti sugli studi di settore della crisi che colpisce le strutture alberghiere che operano nell'area di Fiuggi. Altro filone d'indagine dell'osservatorio è stato quello relativo alla riduzione della stagione turistica e del numero dei clienti che colpisce gli stabilimenti balneari della provincia di Latina. Su segnalazione dell'Unione nazionale delle Cooperative Italiane l'osservatorio regionale del Lazio si è occupato anche della complessa questione relativa all'applicabilità degli studi di settore alle società cooperative, in considerazione delle peculiarità di questi organismi associativi e delle finalità mutualistiche dagli stessi perseguite. Al proposito l'osservatorio, trattandosi di una questione di carattere generale, si è richiamato ai risultati raggiunti in materia dall'agenzia delle entrate nella risoluzione n. 330/E del 14 novembre 2007. Molto importante infine l'invito rivolto dall'osservatorio del Lazio agli uffici locali dell'agenzia delle entrate in merito agli scostamenti degli studi di settore dei soggetti la cui attività economica ha subito disagio imputabili al protrarsi dei lavori pubblici nel comune di Roma. In queste situazioni, appositamente individuate dall'osservatorio, gli uffici, dovranno tenere in debita considerazione nel corso dell'eventuale contraddittorio con i contribuenti dei suddetti disagi causati dai cantieri per la realizzazione delle opere pubbliche.



Osservatorio dell'Emilia-Romagna. Anche in questo caso i risultati raggiunti durante il 2008 sono riconducibili alla suddivisione dell'attività in gruppi di lavoro. L'osservatorio regionale dell'Emilia-Romagna ha infatti deciso di istituire al suo interno tre gruppi di lavoro con i seguenti indirizzi operativi: monitoraggio sull'applicazione dello studio di settore degli agronomi (TK25U), monitoraggio sullo studio TG61A-intermediari del commercio ed infine un terzo gruppo di lavoro dedito agli studi di settore TD20U e TD32U relativi alle attività manifatturiere. Oltre a queste attività programmate l'osservatorio, su specifica sollecitazione giunta dalla direzione centrale accertamento dell'agenzia delle entrate, ha effettuato studi e ricerche finalizzate ad indagare la particolare situazione di crisi economica che si è determinata a seguito del fallimento della società Coopcostruttori nonché degli effetti economici che la stessa ha determinato nell'ambito del distretto produttivo del Comune di Argenta (FE). Andrea Bongi
Studi di settore, difesa allargata
Data Pubblicazione 29/9/2009

Articolo tratto da: Italia Oggi



I risultati dell'attività degli osservatori regionali e le conseguenze sul piano applicativo

Indagini e provvedimenti locali arma in più per il contribuente

Dalla lettura delle relazioni sull'attività svolta dagli osservatori regionali per gli studi di settore nell'anno 2008 nuova linfa per il contraddittorio. Sono molti infatti gli spunti e le problematiche che emergono e che possono essere prese in esame dai contribuenti e dai loro consulenti al fine di limitare le pretese del fisco. Anche quando i lavori svolti dall'osservatorio regionale non sono sfociati in un vero e proprio provvedimento che limita o sospende l'applicazione degli studi di settore per un certo periodo e per una certa zona del territorio della regione, il solo fatto che questo organismo abbia recepito e svolto indagini conoscitive su certi particolari fenomeni e criticità esistenti può costituire argomento di difesa per il contribuente. Anche la stessa Agenzia delle entrate dovrebbe utilizzare con estrema prudenza le risultanze degli studi di settore per condurre accertamenti sulle attività economiche e/o sulle aree territoriali sulle quali l'osservatorio regionale ha concentrato la sua attenzione. In alcuni casi l'attività degli osservatori ha superato anche i confini territoriali ponendo questioni di carattere generale che pur essendo certamente fuori dalle sue specifiche competenze, meritano comunque una seria riflessione. È il caso, ad esempio, della problematica trattata dall'osservatorio regionale della Puglia dove a seguito di una sollecitazione giunta dal consiglio dell'ordine degli avvocati di Bari si è discusso della disparità di trattamento praticata da Gerico nei calcoli di congruità fra avvocati uomini e avvocati donne. In particolare l'ordine degli avvocati aveva chiesto all'osservatorio di verificare se e come lo studio di settore tenga conto delle differenze reddituali che caratterizzano l'attività forense svolta da un avvocato uomo rispetto ad un avvocato donna, soprattutto in riferimento ai periodi di gravidanza e di maternità nei quali la capacità reddituale potrebbe subire una compromissione. Si tratta indubbiamente di una problematica di carattere generale che riguarda l'intero mondo delle professioni al femminile e non certo unicamente la professione forense né lo svolgimento della stessa nella regione Puglia. Sulla scorta di queste considerazioni l'osservatorio regionale ha ritenuto di non poter entrare nel merito della questione ma di limitarsi a segnalarla nell'ambito dell'attività svolta in modo da suscitare quell'interesse generale che la stessa merita.

Naturalmente il lavoro svolto nel corso dell'anno 2008 dagli osservatori regionali sugli studi di settore non è stato uniforme. In alcuni casi l'unica attività svolta non è andata molto al di là del semplice insediamento dell'organismo e dell'attribuzione delle deleghe ai vari componenti. In altri casi invece si sono svolte più riunioni durante l'anno e si è proceduto alla costituzione di gruppi di lavoro specifici ai quali sono state attribuite particolari problematiche da esaminare con obbligo di relazionare all'osservatorio circa i risultati dell'attività svolta. Vediamo in dettaglio le principali problematiche poste all'attenzione dei vari osservatori regionali nel corso dell'anno 2008.

Osservatorio della Liguria. Fra gli osservatori più attivi anche in termini di risultati raggiunti vi è senza dubbio quello della Liguria. Già nel corso della seconda riunione dell'osservatorio sono state infatti affrontate tematiche specifiche relative a particolari settori di attività e aree territoriali della regione. Sono stati infatti esaminate le problematiche relative ad attività svolte in particolari zone quali le bottiglierie e le farmacie rurali dell'imperiese o condotte in maniera tale da configurare vere e proprie situazioni di marginalità economica, come ad esempio le latterie pure e le rivendite di oggetti usati. Molti input per l'attività dell'osservatorio sono giunti dall'esterno grazie alle segnalazione dei sindaci dei vari comuni o dalle associazioni di categoria. Fra queste segnalazioni vi sono quelle relative alla crisi della cantieristica e del suo indotto nello spezzino, quella dell'estrazione dell'ardesia in Val Fontanabuona e, più in generale, delle vallate dell'entroterra ligure. Tenuto conto dell'insieme delle criticità emerse, l'osservatorio ha ritenuto opportuno, avvalendosi anche delle possibilità offerte in tal senso dal provvedimento direttoriale del 8/10/2007, di costituire al suo interno tre sottogruppi di lavoro specializzati per ciascuna tipologia di problematica affrontata. Sono stati costituiti così il gruppo di lavoro dedicato agli effetti della «Frana di capo Noli» , il gruppo di lavoro dedicato ai «Comuni montani» che dovrà esaminare la crisi dei comuni dell'entroterra ligure ed infine un terzo gruppo di lavoro dedicato alla «Mappatura delle criticità». Questo ultimo gruppo di lavoro dovrà costituire e gestire una vera e propria banca dati delle situazioni di criticità esistenti sul territorio regionale che possano influire sulla capacità degli studi di settore di stimare correttamente i ricavi o compensi dei contribuenti.

Osservatorio della Campania. Qui l'input principale per il lavoro dell'organismo regionale è stato l'emergenza rifiuti. In particolare i lavori dell'osservatorio si sono concentrati, fin dalle prime riunioni, nel cercare di comprendere quali conseguenze abbia avuto tale fenomeno sulle attività produttive del territorio. A tale proposito è emerso che il problema dell'emergenza rifiuti ha influito maggiormente ed in senso negativo sul turismo della regione e sui settori lattiero-caseario. Queste considerazioni hanno suggerito all'osservatorio la necessità di costituire appositi gruppi di lavoro aventi ad oggetto proprio gli effetti dell'emergenza rifiuti sui suddetti settori economici con la possibilità di arrivare a formulare delle proposte di revisione per gli studi di settore applicabili ai suddetti comparti. Già a fine 2008 i gruppi di lavoro hanno presentato il resoconto dell'attività svolta che è riassunto nelle sue linee essenziali nella relazione finale dell'osservatorio regionale disponibile sul sito internet delle entrate.

Osservatorio del Lazio. Intensa anche l'attività svolta nel 2008 dall'osservatorio della regione Lazio. Anche in questo caso un ruolo fondamentale di stimolo alle attività dell'organismo è giunto dalle segnalazioni di criticità da parte di categorie economiche e ordini professionali. Uno dei primi filoni d'indagine dell'osservatorio è stato quello relativo allo studio di settore UG44U (Alberghi) per l'area territoriale della provincia di Frosinone. Qui l'input ai lavori è giunto dalla Confindustria di Frosinone che ha chiesto all'osservatorio di valutare gli effetti sugli studi di settore della crisi che colpisce le strutture alberghiere che operano nell'area di Fiuggi. Altro filone d'indagine dell'osservatorio è stato quello relativo alla riduzione della stagione turistica e del numero dei clienti che colpisce gli stabilimenti balneari della provincia di Latina. Su segnalazione dell'Unione nazionale delle Cooperative Italiane l'osservatorio regionale del Lazio si è occupato anche della complessa questione relativa all'applicabilità degli studi di settore alle società cooperative, in considerazione delle peculiarità di questi organismi associativi e delle finalità mutualistiche dagli stessi perseguite. Al proposito l'osservatorio, trattandosi di una questione di carattere generale, si è richiamato ai risultati raggiunti in materia dall'agenzia delle entrate nella risoluzione n. 330/E del 14 novembre 2007. Molto importante infine l'invito rivolto dall'osservatorio del Lazio agli uffici locali dell'agenzia delle entrate in merito agli scostamenti degli studi di settore dei soggetti la cui attività economica ha subito disagio imputabili al protrarsi dei lavori pubblici nel comune di Roma. In queste situazioni, appositamente individuate dall'osservatorio, gli uffici, dovranno tenere in debita considerazione nel corso dell'eventuale contraddittorio con i contribuenti dei suddetti disagi causati dai cantieri per la realizzazione delle opere pubbliche.

Osservatorio dell'Emilia-Romagna. Anche in questo caso i risultati raggiunti durante il 2008 sono riconducibili alla suddivisione dell'attività in gruppi di lavoro. L'osservatorio regionale dell'Emilia-Romagna ha infatti deciso di istituire al suo interno tre gruppi di lavoro con i seguenti indirizzi operativi: monitoraggio sull'applicazione dello studio di settore degli agronomi (TK25U), monitoraggio sullo studio TG61A-intermediari del commercio ed infine un terzo gruppo di lavoro dedito agli studi di settore TD20U e TD32U relativi alle attività manifatturiere. Oltre a queste attività programmate l'osservatorio, su specifica sollecitazione giunta dalla direzione centrale accertamento dell'agenzia delle entrate, ha effettuato studi e ricerche finalizzate ad indagare la particolare situazione di crisi economica che si è determinata a seguito del fallimento della società Coopcostruttori nonché degli effetti economici che la stessa ha determinato nell'ambito del distretto produttivo del Comune di Argenta (FE). Andrea Bongi

lunedì 28 settembre 2009



La tabella INAIL per l’attuale valutazione civilistica del danno biologico
Tribunale Montepulciano, sentenza 19.06.2009 n° 149 (Calogero Lo Giudice)


La causa, decisa dal Tribunale di Montepulciano il 19/6/2009 con la sentenza n.149/2009, desta anzitutto interesse per la ripartizione del quantum risarcitorio tra Inail e lavoratore infortunato, in seguito all’orientamento recentemente espresso dalle SS.UU. in tema di danno non patrimoniale (nn. 26972, 26973, 26974, 26975/2008) e in applicazione delle riconsiderate Tabelle milanesi per la liquidazione del danno derivante da lesione alla integrità psico-fisica e dalla perdita del rapporto parentale (Tabelle 2009).

Nella specie, si trattava di decidere della pretesa risarcitoria di parte attrice e di quella surrogatoria dell’Inail, in relazione alle lesioni all’occhio sinistro subite dal lavoratore infortunato nell’incidente stradale avvenuto il 25/6/2002.

Per il CTU – come si legge nella sentenza – l’attore, “ in conseguenza del sinistro, ha subito lesioni consistite in una invalidità temporanea totale per 30 giorni e parziale, al 50%, per 265 giorni, con postumi permanenti costituiti da una ”. Ha, quindi, quantificato nel “ 25% il danno biologico, comprensivo del danno alla capacità lavorativa generica, del danno estetico e del danno alla vita di relazione”: percentuale questa inferiore rispetto al “35%, in applicazione delle tabelle INAIL, trattandosi di infortunio sul lavoro”.

Escluso il concorso di colpa dell’attore, il Tribunale di Montepulciano, passando alla determinazione del risarcimento dovuto all’infortunato, ha rilevato anzitutto, “facendo applicazione dell’insegnamento della S.C. (Cass. Sez.III, n. 10035 del 2004), che la norma di cui all’art. 10 D.P.R. n. 1124 del 1965, commi 6 e 7, prevede che il risarcimento spettante all’infortunato sul lavoro o ai suoi aventi diritto sia dovuto solo nella misura differenziale, derivante dal raffronto tra l’ammontare complessivo del risarcimento e quello delle indennità liquidate dall’INAIL in dipendenza dell’infortunio, al fine di evitare una ingiustificata attribuzione in favore degli aventi diritto, i quali, diversamente, percepirebbero, in relazione al medesimo infortunio, sia l’intero danno, sia le indennità. Tale danno differenziale deve essere, quindi, determinato sottraendo dall’importo del danno complessivo (liquidato dal giudice secondo i principi ed i criteri di cui agli artt. 1223 e ss, 2056 ss, c.c.) quello delle prestazioni liquidate dall’Inail, riconducendolo allo stesso momento cui si riconduce il primo, ossia tenendo conto dei rispettivi valori come attualizzati alla data della decisione”.

Circa la quantificazione del danno -ha aggiunto il Tribunale – è noto che la S.C., con la sentenza n. 26972/2008 delle SS.UU. Civili, si è recentemente pronunciata in modo innovativo sui criteri dei quali si deve fare applicazione ai fini del risarcimento del danno alla persona, ed in particolare del danno extrapatrimoniale, che <…si identifica con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica…> e che <…costituisce categoria unitaria non suscettiva di divisione in sottocategorie…>, precisando che <…il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno…>”.

Muovendo dalla percentuale del 25%, indicata dal CTU, secondo il Tribunale, “facendo applicazione della recente tabella adottata presso il Tribunale di Milano, che ha proceduto al calcolo del punto di invalidità in modo unitario, quanto al danno , in relazione ai nuovi criteri dettati dalla citata pronuncia della S.C., l’importo totale del risarcimento dovuto all’attore per danno extrapatrimoniale deve pertanto individuarsi in quello di € 100.131,00 per invalidità permanente (punto di invalidità pari ad € 4.768,15 con demoltiplicatore 0,840) e di € 16.250,00 per invalidità temporanea (sulla base di € 100,00 per ogni giornata di invalidità totale),calcolata sempre in base ad una liquidazione equitativa del danno, ed oltre ad € 154,92 per spese riconosciute, per un totale di € 116.535,92. A tale somma deve essere aggiunta, in base al criterio di risarcimento costantemente riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, quella per interessi su tale somma, come devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata, pari in totale ad € 41.683,15. Il totale dovuto per risarcimento, in base ai criteri civilistici, deve dunque essere indicato in quello di € 158.219,07.

Avendo l’Inail erogato prestazioni per complessivi € 151.092,75 , per il Tribunale “l’importo del danno differenziale da riconoscere all’attore è dunque di € 7.126,32 , somma sulla quale saranno dovuti gli interessi legali dalla data della presente sentenza”.

(Per la nuova impostazione del problema del danno non patrimoniale e del danno differenziale cfr. in “La svolta del codice delle assicurazioni private in tema di danno non patrimoniale” e “La surroga dell’Inail dopo il codice delle assicurazioni private”,Calogero Lo Giudice).

In sintesi, bisogna dire che la giurisprudenza, finora, (tra le tante, Tribunale di Bassano del Grappa, Sez. Lav. n. 59/05 del 24/1/2006; Tribunale di Vicenza, Sez. Lav. n. 321/06 del 4/1/2007 ; Tribunale di Terni n. 148/08 del 12/6/2008), pur escludendo che il raffronto tra l’ammontare civilistico del danno e l’importo delle prestazioni erogate dall’Inail potesse essere operato posta per posta di danno, ha ammesso il separato riconoscimento all’infortunato dei c.d. pregiudizi complementari (danno morale, danno biologico temporaneo, danno dinamico-esistenziale), perché non avrebbero trovato corrispondenza nell’indennizzo pubblico.

Per il Tribunale di Montepulciano, invece, dal momento che le SS.UU. del 2008 hanno espunto ogni possibile frammentazione, ai fini risarcitori, del danno non patrimoniale, la surroga dell’INAIL è esercitabile ed il danno differenziale è riconoscibile, raffrontando complessivamente ed unitariamente i rispettivi ristori (civilistico e previdenziale), senza la prededuzione a favore dell’infortunato di quelle che sono, non categorie diverse, ma mere componenti del danno non patrimoniale di tipo biologico.

Se interessante è questa nuova soluzione prospettata dal Tribunale di Montepulciano, meritevole di approfondimento è un altro passo della sentenza n. 149/2009, per l’attualità della questione sollevata e per i conseguenti riflessi pratici: si tratta della estensibilità della Tabella INAIL delle menomazioni alla valutazione del danno alla integrità psico-fisica, in ambito civilistico.

L’attore, come risulta dalla sentenza, ha contestato la percentuale di invalidità utilizzata per il calcolo civilistico del danno: 25% indicata dal CTU, anziché 35% in applicazione della Tabella Inail.

Le conseguenze sono facilmente intuibili e non occorre, certamente, spiegarle.

Secondo il Tribunale, “quanto alla percentuale del danno, l’eccezione dell’attore appare infondata, non potendosi ritenere applicabili, ai fini della liquidazione del danno civilistico in caso di infortunio sul lavoro, parametri di calcolo diversi da quelli ordinari, sia perché una simile applicazione determinerebbe una disparità di trattamento non giustificata, sia per la mancanza di omogeneità tra le due tabelle di determinazione del danno”.

Per completare il passo fatto dalle SS.UU. del 2008, le tabelle valutative dell’onnicomprensivo danno non patrimoniale di tipo biologico vanno, certamente, riviste: in attesa, però, non è possibile non tenere conto delle differenze e delle conseguenze dell’applicazione di una piuttosto che di un’altra tabella, per cui s’impone l’esigenza di razionalizzare, uniformare e rendere più certa la valutazione del danno alla integrità psico-fisica.

Nella stragrande maggioranza dei casi, se non in tutte le cause di risarcimento del danno alla persona, il CTU quando indica una determinata percentuale di danno biologico non menziona la tabella di riferimento.

Dal momento che potrebbe risultare una differente valutazione, è necessario giustificare l’utilizzo di uno rispetto ad un altro baréme medico-legale.

Nella fattispecie esaminata dal Tribunale di Montepulciano s’impone, poi, una ulteriore considerazione.

Spesso accade che la valutazione civilistica sia inferiore rispetto a quella eseguita in ambito Inail, in base al Decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 12/7/2000 (in G.U. Supplemento ordinario n.172 del 25/7/2000 – Serie Generale).

In tal caso, deve sostenersi che è palesemente illogico ritenere che la stessa menomazione, in ambito civilistico/risarcitorio venga stimata, dal punto di vista medico-legale, in misura inferiore rispetto all’ambito previdenziale/indennitario.

In altre parole, considerando il caso oggetto di causa, è assurdo ritenere che la valutazione Inail sia del 35%, mentre quella civilistica del 25%.

La stessa menomazione non può essere espressa dal medico legale in un diverso numero percentuale, a seconda del settore di riferimento (indennitario ovvero risarcitorio): quel che può comprensibilmente variare è il quantum risarcitorio ed indennitario (a seconda dell’ambito operativo), non l’accertamento e la valutazione medico-legale della medesima menomazione, anche perché il danno biologico, il danno al “valore uomo” non può che essere unico, oltre che unitario, secondo il recente insegnamento delle SS.UU. Unitario, nel senso che è esclusa ogni frammentazione al suo interno; unico, nel senso che il danno biologico civilistico e quello ristorato dal sistema previdenziale non sono ontologicamente diversi (Sulla omogeneità tra titoli indennitari e risarcitori cfr. in "La surroga dell’Inail dopo il codice delle assicurazioni private", Calogero Lo Giudice).

La verità è che la mancanza di tabelle di legge (almeno per le macropermanenti, poiché per le menomazioni comprese tra 1 e 9 punti di invalidità vale la Tabella delle Menomazioni approvata con Decreto del Ministero della Salute 3/7/2003, G.U. 11/9/2003 n. 211), ha consentito finora il ricorso a parametri elaborati dalla dottrina medico-legale.

L’applicazione di questi parametri extragiuridici, anche se ritenuta legittima in attesa della preannunciata Tabella unica nazionale delle menomazioni alla integrità psicofisica ex D.Lgs. n. 209/2005, deve comunque avvenire in modo non soltanto trasparente (mediante l’indicazione del metodo di valutazione seguito in concreto), ma anche e soprattutto logico.

Per meglio comprendere ciò, è sufficiente considerare che nell’infortunistica sociale (INAIL), la rendita è suscettibile di essere rivista nel tempo, per cui il danno futuro è escluso dalla valutazione del danno biologico; mentre la valutazione civilistica deve considerare la possibile fluttuazione del quadro morboso e ricomprendere nella quantificazione, in termini percentuali, del danno biologico la quota prognostica. Ne discende, per logica, che la valutazione civilistica non può mai essere inferiore a quella INAIL e, dal momento che quest’ultima consegue all’applicazione di una tabella normativa (D.M. 12/7200), le tabelle extragiuridiche di origine dottrinale, devono ritenersi superati dai vigenti parametri di legge, quanto meno ove è evidente il conflitto dal punto di vista logico e sistematico.

Di ausilio per l’opinione che si va sostenendo ed a favore della certezza che si invoca, è il recente D.P.R. 3/3/2009 n. 37 (G.U. n. 93 del 22/4/2009) che, dopo avere stabilito che “Fino alla data di predisposizione delle tabelle di menomazione di cui agli articoli 138, c.1 e 139, c. 4 del D.Lgs. n. 209 del 2005, la percentuale del danno biologico è determinata in base alla tabella delle menomazioni e relativi criteri applicativi, approvata con decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 12/7/2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla G.U. n. 172 del 25/7/2000 e successive modificazioni” (Tabella INAIL), aggiunge che: “La percentuale del danno biologico, così determinata, può essere aumentata, ai sensi degli articoli 138, c. 3 e 139, c. 3 del D.Lgs. n.209 del 2005 …”.

Per quanto il richiamato D.P.R. n. 37/2009 riguardi il riconoscimento delle infermità per il personale militare impiegato nelle missioni all’estero, dallo stesso si desume: a) che la Tabella INAIL delle menomazioni si estende e, in mancanza di tabelle normative, può legittimamente essere estesa (specie quando le tabelle extragiuridiche conducono a risultati illogici), oltre il campo dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali; b) che la percentuale di danno biologico determinata in ambito INAIL, costituendo il riconoscimento minimo, può solo subire variazioni in aumento e non in diminuzione.

D’altra parte, l’art. 13 del D.Lgs. 23/2/2000, n. 38, piuttosto che rappresentare un limite applicativo, può essere inteso nel senso che riconosce (quanto meno possibile) validità generale ai criteri da applicare ai fini della tutela indennitaria del danno biologico in infortunistica sociale, “in attesa dei criteri per la determinazione del risarcimento” in ambito civilistico, in attesa cioè della Tabella unica nazionale.

Se così non fosse, la medesima menomazione verrebbe arbitrariamente valutata, ad insindacabile scelta di parametri non normativi da parte del medico legale, andando incontro, per di più, alle rilevate conseguenze, palesemente illogiche.

Senza alcun dubbio, se solo nel caso degli infortuni lavorativi (in itinere) si applicasse la Tabella INAIL delle menomazioni, sarebbe innegabile la disparità di trattamento tra soggetti danneggiati, lavoratori e non lavoratori; mentre, se il “valore uomo” perduto venisse uniformemente valutato (come dovrebbe essere), nessuna disparità si riscontrerebbe.

Secondo il Tribunale di Montepulciano sarebbe d’ostacolo anche “la mancanza di omogeneità tra le due tabelle di determinazione del danno” (quella INAIL e quella, o per meglio dire, quelle in uso in ambito di R.C.).

Se il danno non patrimoniale di tipo biologico è unico, oltre che unitario ed onnicomprensivo, ingiustificate sarebbero due tabelle diverse, per valutare lo stesso “valore uomo” perduto.

Inoltre, se fosse vero (ma non lo è) che la Tabella INAIL non copre l’area dei danni c.d. complementari, a maggior ragione la valutazione civilistica/risarcitoria non potrebbe essere inferiore rispetto a quella previdenziale/indennitaria.

(Altalex, 21 settembre 2009. Nota di Calogero Lo Giudice)







Tribunale di Montepulciano

Sentenza 19 giugno 2009, n. 149

TRIBUNALE DI MONTEPULCIANO

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE





Deliberando in composizione monocratica, in persona del Presidente, dr. Marcello Marinari

ha pronunciato la seguente





SENTENZA

...omissis...

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A. M. ha citato in giudizio dinanzi a questo Tribunale il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada e la Fondiaria-SAI spa, già la Fondiaria Assicurazioni spa, quale impresa territorialmente designata, chiedendo di accertare che il sinistro stradale nel quale affermava di avere riportato lesioni, verificatosi a Sarteano il 25 giugno 2002, era avvenuto nel modo da lui affermato, per esclusiva responsabilità del conducente di un veicolo non identificato, e chiedendo pertanto la condanna della Compagnia, ed in via solidale, in caso di sua costituzione in giudizio, del FGVS, al risarcimento dei danni subiti dall’attore, nella misura ritenuta di giustizia, ed al netto di quanto spettante all’INAIL a titolo di diritto di rivalsa per la rendita erogata all’attore.

Si è costituita in giudizio la sola Fondiaria, rilevando preliminarmente l’opportunità dello svolgimento del processo anche nel contraddittorio dell’INAIL, trattandosi di infortunio sul lavoro, e rilevando che l’entità dei postumi invalidanti era tale da integrare l’ipotesi di versamento diretto all’interessato, da parte dell’INAIL, della somma risarcitoria dovuta a titolo di danno biologico.

Nel merito, ha contestato la fondatezza della domanda, ed ha comunque rilevato la necessità che l’attore fornisse la prova rigorosa dei fatti posti a base della domanda, notando come lo stesso attore non avesse neppure precisato l’ammontare della somma pretesa.

E’ intervenuto volontariamente in giudizio l’INAIL, aderendo, sul piano dei fatti allegati, alle affermazioni dell’attore, rilevando di avere riconosciuto al sinistro in questione le caratteristiche di infortunio sul lavoro, il cui costo ha indicato in euro 46.661,96, richiesto al FGVS senza esito, e dichiarando di intervenire per esercitare l’azione surrogatoria nei confronti dei responsabili, per un credito pari all’ammontare delle erogazioni di legge, nei limiti del risarcimento dovuto dai responsabili civili nei confronti del lavoratore infortunato.

La causa è stata istruita in via documentale e con prova testimoniale.

E’ stata svolta CTU medico legale.

Con ordinanza depositata il 9 aprile 2008, il Giudice ha dichiarato decaduta dalla prova ancora da assumere la parte convenuta, e la causa, dopo l’assegnazione al Presidente in qualità di istruttore, è passata in decisione sulle conclusioni riportate in precedenza, precisate dalle parti all’udienza del 10 febbraio 2009, e dopo il decorso dei termini di legge.

Rimessa in istruttoria per una nuova precisazione delle conclusioni, a causa dell’incertezza sulla documentazione di quelle precisate all’udienza citata, la causa è nuovamente passata in decisione all’udienza del 18 giugno 2009, sulle conclusioni riportate in precedenza.

Motivi della decisione

1 - La causa ha ad oggetto la pretesa risarcitoria di A. M. e quella surrogatoria dell’INAIL fondata sugli stessi fatti, in relazione alle lesioni che afferma di avere subito in un sinistro stradale avvenuto il 25 giugno 2002 a Sarteano.

Sulla base delle risultanze probatorie in atti, questo Giudice ritiene senz’altro dimostrato che l’incidente stradale si verificò con le modalità descritte dall’attore.

Mentre A. M. percorreva la via di Cetona, alle 9 del mattino, nell’incrociare un altro veicolo, che non è mai stato peraltro identificato, i due specchietti retrovisori esterni di sinistra di entrambi i veicoli si urtarono, e A. M. rimase ferito dai vetri del proprio specchietto retrovisore.

Dalle dichiarazioni della teste K. P., che per correva la stessa strada con il suo scooter, e seguiva il furgone non identificato che ha incrociato quello dell’attore, emerge la conferma delle modalità dell’incidente, in particolare l’urto tra i due specchietti, e, particolare che assume rilievo decisivo, del fatto che “…A.M. procedeva nella mezzeria di sua pertinenza e che fu il veicolo che mi precedeva che aveva in parte invaso un’altra corsia…”.

Nessun elemento contrario può invece trarsi dagli atti dei Carabinieri, che riguardano, a parte la querela sporta da A.M., le indagini svolte, infruttuosamente, per individuare il conducente del furgone coinvolto nel sinistro.

Quanto alla disposizione di F. N., questo Giudice condivide e richiama integralmente la motivazione dell’ordinanza istruttoria che ha dichiarato la decadenza della parte convenuta dalla prova.

In ogni caso, le dichiarazioni da lui rese ai Carabinieri non potrebbero escludere o ridurre la rilevanza e la concludenza probatoria di quelle della teste citata, considerando che F.N., pure affermando che, a quanto aveva potuto osservare, i due mezzi percorrevano la propria corsia, ha concluso di non essere in grado di precisare di quale dei due sia stata la responsabilità dell’incidente.

Ugualmente provato, sulla base della deposizione della teste K.P., che vide A.M. subito dopo l’incidente, si deve ritenere che quest’ultimo riportò nel sinistro lesioni all’occhio sinistro (“…vidi A.M. lamentare lesioni all’occhio…”), lesioni poi documentate in atti (cfr. esame della documentazione nella relazione del CTU e considerazioni medico legali).

Il CTU, sulla base di una attenta ed accurata valutazione dei dati documentali e dell’indagine clinica svolta, che questo Giudice ritiene esente da visi logici, ha concluso che A.M., in conseguenza del sinistro, ha subito lesioni consistite in una invalidità temporanea totale per 30 giorni e parziale, al 50%, per 265 giorni, con postumi permanenti costituiti da una “….gravissima compromissione della funzione visiva dell’occhio sinistro […] con diminuzione di volume del bulbo e strabismo….”, e quantificando nel 25% il danno biologico, comprensivo del danno alla capacità lavorativa generica, del danno estetico e del danno alla vita di relazione, percentuale da elevare a quella del 35% in applicazione delle tabelle INAIL, trattandosi di infortunio sul lavoro (cfr. relazione del CTU).

2- Ciò posto, sul piano dei fatti, si deve concludere che la responsabilità del sinistro stradale in questione è da attribuire in via esclusiva al conducente del veicolo che incrociò quello dell’attore, rompendo lo specchietto laterale e causando, quindi, le lesioni subite da A. M.

La presunzione dell’art. 2054 cc non può ritenersi infatti operante neppure in parte, a carico dell’attore, considerando che, sulla base degli atti, una volta ritenuto che il conducente dell’altro furgone invase la mezzeria percorsa da A.M., non appare configurabile alcun concorso di quest’ultimo nella produzione del sinistro, che è da porre in relazione causale esclusivamente con la condotta dell’altro conducente.

Ne deriva, quindi, la responsabilità del Fondo di garanzia e della Fondiaria, quale impresa designata.

3- L’INAIL ha chiesto, in via surrogatoria, la condanna dei convenuti, in solido, al risarcimento, previa detrazione del costo dell’infortunio, pari ad oggi ad euro 151.092,75, con l’attribuzione di tale somma all’Inail, nei limiti dell’ammontare del danno civilistico riconosciuto.

La natura di infortunio sul lavoro del sinistro oggetto di causa non è in contestazione tra le parti.

L’attore ha eccepito l’intervenuta modifica della domanda dell’Istituto, sotto il profilo quantitativo, e della modifica della determinazione del periodo di tempo interessato dalla liquidazione della rendita.

L’eccezione è infondata.

Come è noto, infatti, secondo il costante orientamento in materia della giurisprudenza di legittimità, che questo Giudice condivide pienamente, la modificazione quantitativa del risarcimento del danno richiesto originariamente, intesa sia come modifica della valutazione economica del danno che come richiesta dei danni che si manifestano in corso di giudizio, non costituisce domanda nuova (cfr. Cass. 10 novembre 2003, n. 16819).

L'INAIL ha prodotto, a dimostrazione dell'importo della rendita, attestazione della sede INAIL di Siena del 26 agosto 2008, quantificazione che non appare contestata dalle altre parti .

Si deve, dunque, ritenere che l'Istituto abbia fornito piena prova dell'ammontare della prestazione assicurativa, e ciò in base all'insegnamento in materia della SC (cfr. tra le altre Cass. Sez. I, 28 agosto 2006 n. 18610), costituendo l'attestazione prodotta un atto amministrativo assistito da presunzione di legittimità.

La domanda proposta in via surrogatoria dall'Istituto deve pertanto essere accolta, nei limiti del danno civilistico, secondo quanto richiesto dallo stesso Istituto.

4- Passando adesso alla determinazione del risarcimento dovuto all'infortunato, si deve rilevare, anche in questo caso facendo applicazione dell'insegnamento della SC, che questo Giudice condivide pienamente, (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10035 del 2004), che la norma di cui all'art. 10 D.P.R. n. 1124 del 1965, commi 6 e 7, prevede che il risarcimento spettante all'infortunato sul lavoro o ai suoi aventi diritto sia dovuto solo nella misura differenziale derivante dal raffronto tra l'ammontare complessivo del risarcimento e quello delle indennità liquidate dall'Inail in dipendenza dell'infortunio, al fine di evitare una ingiustificata attribuzione in favore degli aventi diritto, i quali diversamente, percepirebbero, in relazione al medesimo infortunio, sia l'intero danno, sia le indennità. Tale danno “differenziale” deve essere, quindi, determinato sottraendo dall'importo del danno complessivo (liquidato dal giudice secondo i principi ed i criteri di cui agli art. 1223 e ss., 2056 ss. c.c.) quello delle prestazioni liquidate dall'Inail, riconducendolo allo stesso momento cui si riconduce il primo, ossia tenendo conto dei rispettivi valori come attualizzati alla data della decisione. Peraltro, con riguardo al valore capitale delle rendite a carico dell'istituto, deve tenersi conto, anziché del meccanismo generale di adeguamento degli importi dovuti a titolo di danno al potere di acquisto della moneta, del meccanismo legale di rivalutazione triennale delle rendite previsto dall'art. 116, comma 7, cit. d.P.R., salva, per la parte non coperta, la rivalutazione secondo gli indici Istat (Cass. 12/12/1996, n. 11073; cfr. anche Cass. 26/05/2001, n. 7195).

Nel caso in esame, l'Istituto ha quantificato il danno “civilistico” subito dall'attore in euro 99.793,01, somma che appare di importo inferiore a quello della rendita liquidata, e che comprenderebbe quindi anche la liquidazione del danno biologico.

L'attore, rispetto a tale liquidazione, si è limitato, nei suoi scritti conclusionali, a contestare la percentuale di invalidità utilizzata per il calcolo, 25% anziché 35%, salvo, peraltro, reclamare la piena risarcibilità del danno c.d. morale.

Quanto alla percentuale del danno, l'eccezione dell'attore appare infondata, non potendosi ritenere applicabili, ai fini della liquidazione del danno civilistico in caso di infortunio sul lavoro, parametri di calcolo diversi da quelli ordinari, sia perché una simile applicazione determinerebbe una disparità di trattamento non giustificata, sia per la mancanza di omogeneità tra le due tabelle di determinazione del danno.

Dovrà dunque essere applicata la percentuale del 25%.

Circa la quantificazione del danno, è noto che la SC con la sentenza n. 26972/2008 delle SU civili, si è recentemente pronunciata in modo innovativo sui criteri dei quali si deve fare applicazione ai fini del risarcimento del danno alla persona, ed in particolare del danno extra patrimoniale, che “...si identifica con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica...” e che “...costituisce categoria unitaria non suscettiva di divisioni in sottocategorie...”, precisando che “...Il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno...”.

Si deve dunque ritenere, facendo applicazione di tale criterio risarcitorio, che questo Giudice condivide, che, nel caso specifico, come dedotto anche dall'INAIL, avendo l'Istituto provveduto, nella sua liquidazione anche alla liquidazione del danno “biologico” e “non patrimoniale” in genere (cfr. ricostruzione del calcolo in comparsa conclusionale, pagina 19) tale calcolo esaurisca integralmente il risarcimento del danno “non patrimoniale”, del resto in questo caso comprensivo sia del danno precedentemente definito come “biologico” che di quello “morale”.

Facendo applicazione della recente tabella adottata presso il Tribunale di Milano, che ha proceduto al calcolo del punto di invalidità in modo unitario, quanto al danno “non patrimoniale”, in relazione ai nuovi criteri dettati dalla citata pronuncia della SC, l'importo totale del risarcimento dovuto ad A. M. per danno extrapatrimoniale deve pertanto individuarsi in quello di 100.131,00 euro per invalidità permanente (punto di invalidità pari ad euro 4.768,15 con demoltiplicatore 0,840) e di euro 16.250,00 per invalidità temporanea (sulla base di euro 100,00 per ogni giornata di invalidità totale), calcolata sempre in base ad una liquidazione equitativa del danno, ed oltre ad euro 154,92 per spese riconosciute, per un totale di euro 116.535,92.

A tale somma deve essere aggiunta, in base al criterio di risarcimento costantemente riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, quella per interessi su tale somma, come devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata, pari in totale ad euro 41.683,15.

Il totale dovuto per risarcimento, in base ai criteri civilistici, deve dunque essere indicato in quello di euro 158.219,07.

L'importo del danno differenziale da riconoscere all'attore è dunque di euro 7.126,32, somma sulla quale saranno dovuti gli interessi legali dalla data della presente sentenza.

Le spese seguono la soccombenza, e devono essere liquidate come da dispositivo, per l'INAIL d'ufficio.

P.Q.M.

IL Tribunale

Definitivamente pronunciando nella causa tra le parti sopra indicate;

così provvede:

in accoglimento della domanda proposta da A. M. e di quella proposta in via surrogatoria dall'INAIL, dichiara tenuti e condanna il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada e la Fondiaria SAI spa, in solido tra loro, al risarcimento del danno subito da A. M. nel sinistro oggetto della domanda;

determina l'importo complessivo del risarcimento in valori attuali in quella di euro 158.219,07, e condanna i convenuti al pagamento in favore dell'attore, quale danno differenziale, della somma di euro 7.126,32 con gli interessi legali dalla data della presente sentenza al saldo ed al pagamento in favore dell'INAIL, in via surrogatoria, della somma risultante dalla differenza tra quella di euro 151.092,75, con gli interessi legali dalla data della presente sentenza al saldo;

condanna i convenuti al pagamento in favore di A. M. delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 6.500,00 di cui euro 384,33 per spese, euro 2.588,80 per diritti ed il rimanente per onorario di avvocato, oltre al rimborso forfetario per spese generali, e ad IVA e CAP come per legge, ed in favore dell'INAIL in complessivi euro 5000,00 di cui euro 2.000,00 per diritti ed il rimanente per onorario, oltre al contributo forfetario per spese generali, e ad IVA e CAP come per legge.

Così deciso a Montepulciano, il 19 giugno 2009, nella camera di consiglio del Tribunale.

Il Presidente, estensore

Marcello Marinari


La tabella INAIL per l’attuale valutazione civilistica del danno biologico
Tribunale Montepulciano, sentenza 19.06.2009 n° 149 (Calogero Lo Giudice)

La causa, decisa dal Tribunale di Montepulciano il 19/6/2009 con la sentenza n.149/2009, desta anzitutto interesse per la ripartizione del quantum risarcitorio tra Inail e lavoratore infortunato, in seguito all’orientamento recentemente espresso dalle SS.UU. in tema di danno non patrimoniale (nn. 26972, 26973, 26974, 26975/2008) e in applicazione delle riconsiderate Tabelle milanesi per la liquidazione del danno derivante da lesione alla integrità psico-fisica e dalla perdita del rapporto parentale (Tabelle 2009).
Nella specie, si trattava di decidere della pretesa risarcitoria di parte attrice e di quella surrogatoria dell’Inail, in relazione alle lesioni all’occhio sinistro subite dal lavoratore infortunato nell’incidente stradale avvenuto il 25/6/2002.
Per il CTU – come si legge nella sentenza – l’attore, “ in conseguenza del sinistro, ha subito lesioni consistite in una invalidità temporanea totale per 30 giorni e parziale, al 50%, per 265 giorni, con postumi permanenti costituiti da una ”. Ha, quindi, quantificato nel “ 25% il danno biologico, comprensivo del danno alla capacità lavorativa generica, del danno estetico e del danno alla vita di relazione”: percentuale questa inferiore rispetto al “35%, in applicazione delle tabelle INAIL, trattandosi di infortunio sul lavoro”.
Escluso il concorso di colpa dell’attore, il Tribunale di Montepulciano, passando alla determinazione del risarcimento dovuto all’infortunato, ha rilevato anzitutto, “facendo applicazione dell’insegnamento della S.C. (Cass. Sez.III, n. 10035 del 2004), che la norma di cui all’art. 10 D.P.R. n. 1124 del 1965, commi 6 e 7, prevede che il risarcimento spettante all’infortunato sul lavoro o ai suoi aventi diritto sia dovuto solo nella misura differenziale, derivante dal raffronto tra l’ammontare complessivo del risarcimento e quello delle indennità liquidate dall’INAIL in dipendenza dell’infortunio, al fine di evitare una ingiustificata attribuzione in favore degli aventi diritto, i quali, diversamente, percepirebbero, in relazione al medesimo infortunio, sia l’intero danno, sia le indennità. Tale danno differenziale deve essere, quindi, determinato sottraendo dall’importo del danno complessivo (liquidato dal giudice secondo i principi ed i criteri di cui agli artt. 1223 e ss, 2056 ss, c.c.) quello delle prestazioni liquidate dall’Inail, riconducendolo allo stesso momento cui si riconduce il primo, ossia tenendo conto dei rispettivi valori come attualizzati alla data della decisione”.
Circa la quantificazione del danno -ha aggiunto il Tribunale – è noto che la S.C., con la sentenza n. 26972/2008 delle SS.UU. Civili, si è recentemente pronunciata in modo innovativo sui criteri dei quali si deve fare applicazione ai fini del risarcimento del danno alla persona, ed in particolare del danno extrapatrimoniale, che <…si identifica con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica…> e che <…costituisce categoria unitaria non suscettiva di divisione in sottocategorie…>, precisando che <…il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno…>”.
Muovendo dalla percentuale del 25%, indicata dal CTU, secondo il Tribunale, “facendo applicazione della recente tabella adottata presso il Tribunale di Milano, che ha proceduto al calcolo del punto di invalidità in modo unitario, quanto al danno , in relazione ai nuovi criteri dettati dalla citata pronuncia della S.C., l’importo totale del risarcimento dovuto all’attore per danno extrapatrimoniale deve pertanto individuarsi in quello di € 100.131,00 per invalidità permanente (punto di invalidità pari ad € 4.768,15 con demoltiplicatore 0,840) e di € 16.250,00 per invalidità temporanea (sulla base di € 100,00 per ogni giornata di invalidità totale),calcolata sempre in base ad una liquidazione equitativa del danno, ed oltre ad € 154,92 per spese riconosciute, per un totale di € 116.535,92. A tale somma deve essere aggiunta, in base al criterio di risarcimento costantemente riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, quella per interessi su tale somma, come devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata, pari in totale ad € 41.683,15. Il totale dovuto per risarcimento, in base ai criteri civilistici, deve dunque essere indicato in quello di € 158.219,07.
Avendo l’Inail erogato prestazioni per complessivi € 151.092,75 , per il Tribunale “l’importo del danno differenziale da riconoscere all’attore è dunque di € 7.126,32 , somma sulla quale saranno dovuti gli interessi legali dalla data della presente sentenza”.
(Per la nuova impostazione del problema del danno non patrimoniale e del danno differenziale cfr. in “La svolta del codice delle assicurazioni private in tema di danno non patrimoniale” e “La surroga dell’Inail dopo il codice delle assicurazioni private”,Calogero Lo Giudice).
In sintesi, bisogna dire che la giurisprudenza, finora, (tra le tante, Tribunale di Bassano del Grappa, Sez. Lav. n. 59/05 del 24/1/2006; Tribunale di Vicenza, Sez. Lav. n. 321/06 del 4/1/2007 ; Tribunale di Terni n. 148/08 del 12/6/2008), pur escludendo che il raffronto tra l’ammontare civilistico del danno e l’importo delle prestazioni erogate dall’Inail potesse essere operato posta per posta di danno, ha ammesso il separato riconoscimento all’infortunato dei c.d. pregiudizi complementari (danno morale, danno biologico temporaneo, danno dinamico-esistenziale), perché non avrebbero trovato corrispondenza nell’indennizzo pubblico.
Per il Tribunale di Montepulciano, invece, dal momento che le SS.UU. del 2008 hanno espunto ogni possibile frammentazione, ai fini risarcitori, del danno non patrimoniale, la surroga dell’INAIL è esercitabile ed il danno differenziale è riconoscibile, raffrontando complessivamente ed unitariamente i rispettivi ristori (civilistico e previdenziale), senza la prededuzione a favore dell’infortunato di quelle che sono, non categorie diverse, ma mere componenti del danno non patrimoniale di tipo biologico.
Se interessante è questa nuova soluzione prospettata dal Tribunale di Montepulciano, meritevole di approfondimento è un altro passo della sentenza n. 149/2009, per l’attualità della questione sollevata e per i conseguenti riflessi pratici: si tratta della estensibilità della Tabella INAIL delle menomazioni alla valutazione del danno alla integrità psico-fisica, in ambito civilistico.
L’attore, come risulta dalla sentenza, ha contestato la percentuale di invalidità utilizzata per il calcolo civilistico del danno: 25% indicata dal CTU, anziché 35% in applicazione della Tabella Inail.
Le conseguenze sono facilmente intuibili e non occorre, certamente, spiegarle.
Secondo il Tribunale, “quanto alla percentuale del danno, l’eccezione dell’attore appare infondata, non potendosi ritenere applicabili, ai fini della liquidazione del danno civilistico in caso di infortunio sul lavoro, parametri di calcolo diversi da quelli ordinari, sia perché una simile applicazione determinerebbe una disparità di trattamento non giustificata, sia per la mancanza di omogeneità tra le due tabelle di determinazione del danno”.
Per completare il passo fatto dalle SS.UU. del 2008, le tabelle valutative dell’onnicomprensivo danno non patrimoniale di tipo biologico vanno, certamente, riviste: in attesa, però, non è possibile non tenere conto delle differenze e delle conseguenze dell’applicazione di una piuttosto che di un’altra tabella, per cui s’impone l’esigenza di razionalizzare, uniformare e rendere più certa la valutazione del danno alla integrità psico-fisica.
Nella stragrande maggioranza dei casi, se non in tutte le cause di risarcimento del danno alla persona, il CTU quando indica una determinata percentuale di danno biologico non menziona la tabella di riferimento.
Dal momento che potrebbe risultare una differente valutazione, è necessario giustificare l’utilizzo di uno rispetto ad un altro baréme medico-legale.
Nella fattispecie esaminata dal Tribunale di Montepulciano s’impone, poi, una ulteriore considerazione.
Spesso accade che la valutazione civilistica sia inferiore rispetto a quella eseguita in ambito Inail, in base al Decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 12/7/2000 (in G.U. Supplemento ordinario n.172 del 25/7/2000 – Serie Generale).
In tal caso, deve sostenersi che è palesemente illogico ritenere che la stessa menomazione, in ambito civilistico/risarcitorio venga stimata, dal punto di vista medico-legale, in misura inferiore rispetto all’ambito previdenziale/indennitario.
In altre parole, considerando il caso oggetto di causa, è assurdo ritenere che la valutazione Inail sia del 35%, mentre quella civilistica del 25%.
La stessa menomazione non può essere espressa dal medico legale in un diverso numero percentuale, a seconda del settore di riferimento (indennitario ovvero risarcitorio): quel che può comprensibilmente variare è il quantum risarcitorio ed indennitario (a seconda dell’ambito operativo), non l’accertamento e la valutazione medico-legale della medesima menomazione, anche perché il danno biologico, il danno al “valore uomo” non può che essere unico, oltre che unitario, secondo il recente insegnamento delle SS.UU. Unitario, nel senso che è esclusa ogni frammentazione al suo interno; unico, nel senso che il danno biologico civilistico e quello ristorato dal sistema previdenziale non sono ontologicamente diversi (Sulla omogeneità tra titoli indennitari e risarcitori cfr. in "La surroga dell’Inail dopo il codice delle assicurazioni private", Calogero Lo Giudice).
La verità è che la mancanza di tabelle di legge (almeno per le macropermanenti, poiché per le menomazioni comprese tra 1 e 9 punti di invalidità vale la Tabella delle Menomazioni approvata con Decreto del Ministero della Salute 3/7/2003, G.U. 11/9/2003 n. 211), ha consentito finora il ricorso a parametri elaborati dalla dottrina medico-legale.
L’applicazione di questi parametri extragiuridici, anche se ritenuta legittima in attesa della preannunciata Tabella unica nazionale delle menomazioni alla integrità psicofisica ex D.Lgs. n. 209/2005, deve comunque avvenire in modo non soltanto trasparente (mediante l’indicazione del metodo di valutazione seguito in concreto), ma anche e soprattutto logico.
Per meglio comprendere ciò, è sufficiente considerare che nell’infortunistica sociale (INAIL), la rendita è suscettibile di essere rivista nel tempo, per cui il danno futuro è escluso dalla valutazione del danno biologico; mentre la valutazione civilistica deve considerare la possibile fluttuazione del quadro morboso e ricomprendere nella quantificazione, in termini percentuali, del danno biologico la quota prognostica. Ne discende, per logica, che la valutazione civilistica non può mai essere inferiore a quella INAIL e, dal momento che quest’ultima consegue all’applicazione di una tabella normativa (D.M. 12/7200), le tabelle extragiuridiche di origine dottrinale, devono ritenersi superati dai vigenti parametri di legge, quanto meno ove è evidente il conflitto dal punto di vista logico e sistematico.
Di ausilio per l’opinione che si va sostenendo ed a favore della certezza che si invoca, è il recente D.P.R. 3/3/2009 n. 37 (G.U. n. 93 del 22/4/2009) che, dopo avere stabilito che “Fino alla data di predisposizione delle tabelle di menomazione di cui agli articoli 138, c.1 e 139, c. 4 del D.Lgs. n. 209 del 2005, la percentuale del danno biologico è determinata in base alla tabella delle menomazioni e relativi criteri applicativi, approvata con decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 12/7/2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla G.U. n. 172 del 25/7/2000 e successive modificazioni” (Tabella INAIL), aggiunge che: “La percentuale del danno biologico, così determinata, può essere aumentata, ai sensi degli articoli 138, c. 3 e 139, c. 3 del D.Lgs. n.209 del 2005 …”.
Per quanto il richiamato D.P.R. n. 37/2009 riguardi il riconoscimento delle infermità per il personale militare impiegato nelle missioni all’estero, dallo stesso si desume: a) che la Tabella INAIL delle menomazioni si estende e, in mancanza di tabelle normative, può legittimamente essere estesa (specie quando le tabelle extragiuridiche conducono a risultati illogici), oltre il campo dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali; b) che la percentuale di danno biologico determinata in ambito INAIL, costituendo il riconoscimento minimo, può solo subire variazioni in aumento e non in diminuzione.
D’altra parte, l’art. 13 del D.Lgs. 23/2/2000, n. 38, piuttosto che rappresentare un limite applicativo, può essere inteso nel senso che riconosce (quanto meno possibile) validità generale ai criteri da applicare ai fini della tutela indennitaria del danno biologico in infortunistica sociale, “in attesa dei criteri per la determinazione del risarcimento” in ambito civilistico, in attesa cioè della Tabella unica nazionale.
Se così non fosse, la medesima menomazione verrebbe arbitrariamente valutata, ad insindacabile scelta di parametri non normativi da parte del medico legale, andando incontro, per di più, alle rilevate conseguenze, palesemente illogiche.
Senza alcun dubbio, se solo nel caso degli infortuni lavorativi (in itinere) si applicasse la Tabella INAIL delle menomazioni, sarebbe innegabile la disparità di trattamento tra soggetti danneggiati, lavoratori e non lavoratori; mentre, se il “valore uomo” perduto venisse uniformemente valutato (come dovrebbe essere), nessuna disparità si riscontrerebbe.
Secondo il Tribunale di Montepulciano sarebbe d’ostacolo anche “la mancanza di omogeneità tra le due tabelle di determinazione del danno” (quella INAIL e quella, o per meglio dire, quelle in uso in ambito di R.C.).
Se il danno non patrimoniale di tipo biologico è unico, oltre che unitario ed onnicomprensivo, ingiustificate sarebbero due tabelle diverse, per valutare lo stesso “valore uomo” perduto.
Inoltre, se fosse vero (ma non lo è) che la Tabella INAIL non copre l’area dei danni c.d. complementari, a maggior ragione la valutazione civilistica/risarcitoria non potrebbe essere inferiore rispetto a quella previdenziale/indennitaria.
(Altalex, 21 settembre 2009. Nota di Calogero Lo Giudice)



Tribunale di Montepulciano
Sentenza 19 giugno 2009, n. 149
TRIBUNALE DI MONTEPULCIANO
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE


Deliberando in composizione monocratica, in persona del Presidente, dr. Marcello Marinari
ha pronunciato la seguente


SENTENZA
...omissis...
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A. M. ha citato in giudizio dinanzi a questo Tribunale il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada e la Fondiaria-SAI spa, già la Fondiaria Assicurazioni spa, quale impresa territorialmente designata, chiedendo di accertare che il sinistro stradale nel quale affermava di avere riportato lesioni, verificatosi a Sarteano il 25 giugno 2002, era avvenuto nel modo da lui affermato, per esclusiva responsabilità del conducente di un veicolo non identificato, e chiedendo pertanto la condanna della Compagnia, ed in via solidale, in caso di sua costituzione in giudizio, del FGVS, al risarcimento dei danni subiti dall’attore, nella misura ritenuta di giustizia, ed al netto di quanto spettante all’INAIL a titolo di diritto di rivalsa per la rendita erogata all’attore.
Si è costituita in giudizio la sola Fondiaria, rilevando preliminarmente l’opportunità dello svolgimento del processo anche nel contraddittorio dell’INAIL, trattandosi di infortunio sul lavoro, e rilevando che l’entità dei postumi invalidanti era tale da integrare l’ipotesi di versamento diretto all’interessato, da parte dell’INAIL, della somma risarcitoria dovuta a titolo di danno biologico.
Nel merito, ha contestato la fondatezza della domanda, ed ha comunque rilevato la necessità che l’attore fornisse la prova rigorosa dei fatti posti a base della domanda, notando come lo stesso attore non avesse neppure precisato l’ammontare della somma pretesa.
E’ intervenuto volontariamente in giudizio l’INAIL, aderendo, sul piano dei fatti allegati, alle affermazioni dell’attore, rilevando di avere riconosciuto al sinistro in questione le caratteristiche di infortunio sul lavoro, il cui costo ha indicato in euro 46.661,96, richiesto al FGVS senza esito, e dichiarando di intervenire per esercitare l’azione surrogatoria nei confronti dei responsabili, per un credito pari all’ammontare delle erogazioni di legge, nei limiti del risarcimento dovuto dai responsabili civili nei confronti del lavoratore infortunato.
La causa è stata istruita in via documentale e con prova testimoniale.
E’ stata svolta CTU medico legale.
Con ordinanza depositata il 9 aprile 2008, il Giudice ha dichiarato decaduta dalla prova ancora da assumere la parte convenuta, e la causa, dopo l’assegnazione al Presidente in qualità di istruttore, è passata in decisione sulle conclusioni riportate in precedenza, precisate dalle parti all’udienza del 10 febbraio 2009, e dopo il decorso dei termini di legge.
Rimessa in istruttoria per una nuova precisazione delle conclusioni, a causa dell’incertezza sulla documentazione di quelle precisate all’udienza citata, la causa è nuovamente passata in decisione all’udienza del 18 giugno 2009, sulle conclusioni riportate in precedenza.
Motivi della decisione
1 - La causa ha ad oggetto la pretesa risarcitoria di A. M. e quella surrogatoria dell’INAIL fondata sugli stessi fatti, in relazione alle lesioni che afferma di avere subito in un sinistro stradale avvenuto il 25 giugno 2002 a Sarteano.
Sulla base delle risultanze probatorie in atti, questo Giudice ritiene senz’altro dimostrato che l’incidente stradale si verificò con le modalità descritte dall’attore.
Mentre A. M. percorreva la via di Cetona, alle 9 del mattino, nell’incrociare un altro veicolo, che non è mai stato peraltro identificato, i due specchietti retrovisori esterni di sinistra di entrambi i veicoli si urtarono, e A. M. rimase ferito dai vetri del proprio specchietto retrovisore.
Dalle dichiarazioni della teste K. P., che per correva la stessa strada con il suo scooter, e seguiva il furgone non identificato che ha incrociato quello dell’attore, emerge la conferma delle modalità dell’incidente, in particolare l’urto tra i due specchietti, e, particolare che assume rilievo decisivo, del fatto che “…A.M. procedeva nella mezzeria di sua pertinenza e che fu il veicolo che mi precedeva che aveva in parte invaso un’altra corsia…”.
Nessun elemento contrario può invece trarsi dagli atti dei Carabinieri, che riguardano, a parte la querela sporta da A.M., le indagini svolte, infruttuosamente, per individuare il conducente del furgone coinvolto nel sinistro.
Quanto alla disposizione di F. N., questo Giudice condivide e richiama integralmente la motivazione dell’ordinanza istruttoria che ha dichiarato la decadenza della parte convenuta dalla prova.
In ogni caso, le dichiarazioni da lui rese ai Carabinieri non potrebbero escludere o ridurre la rilevanza e la concludenza probatoria di quelle della teste citata, considerando che F.N., pure affermando che, a quanto aveva potuto osservare, i due mezzi percorrevano la propria corsia, ha concluso di non essere in grado di precisare di quale dei due sia stata la responsabilità dell’incidente.
Ugualmente provato, sulla base della deposizione della teste K.P., che vide A.M. subito dopo l’incidente, si deve ritenere che quest’ultimo riportò nel sinistro lesioni all’occhio sinistro (“…vidi A.M. lamentare lesioni all’occhio…”), lesioni poi documentate in atti (cfr. esame della documentazione nella relazione del CTU e considerazioni medico legali).
Il CTU, sulla base di una attenta ed accurata valutazione dei dati documentali e dell’indagine clinica svolta, che questo Giudice ritiene esente da visi logici, ha concluso che A.M., in conseguenza del sinistro, ha subito lesioni consistite in una invalidità temporanea totale per 30 giorni e parziale, al 50%, per 265 giorni, con postumi permanenti costituiti da una “….gravissima compromissione della funzione visiva dell’occhio sinistro […] con diminuzione di volume del bulbo e strabismo….”, e quantificando nel 25% il danno biologico, comprensivo del danno alla capacità lavorativa generica, del danno estetico e del danno alla vita di relazione, percentuale da elevare a quella del 35% in applicazione delle tabelle INAIL, trattandosi di infortunio sul lavoro (cfr. relazione del CTU).
2- Ciò posto, sul piano dei fatti, si deve concludere che la responsabilità del sinistro stradale in questione è da attribuire in via esclusiva al conducente del veicolo che incrociò quello dell’attore, rompendo lo specchietto laterale e causando, quindi, le lesioni subite da A. M.
La presunzione dell’art. 2054 cc non può ritenersi infatti operante neppure in parte, a carico dell’attore, considerando che, sulla base degli atti, una volta ritenuto che il conducente dell’altro furgone invase la mezzeria percorsa da A.M., non appare configurabile alcun concorso di quest’ultimo nella produzione del sinistro, che è da porre in relazione causale esclusivamente con la condotta dell’altro conducente.
Ne deriva, quindi, la responsabilità del Fondo di garanzia e della Fondiaria, quale impresa designata.
3- L’INAIL ha chiesto, in via surrogatoria, la condanna dei convenuti, in solido, al risarcimento, previa detrazione del costo dell’infortunio, pari ad oggi ad euro 151.092,75, con l’attribuzione di tale somma all’Inail, nei limiti dell’ammontare del danno civilistico riconosciuto.
La natura di infortunio sul lavoro del sinistro oggetto di causa non è in contestazione tra le parti.
L’attore ha eccepito l’intervenuta modifica della domanda dell’Istituto, sotto il profilo quantitativo, e della modifica della determinazione del periodo di tempo interessato dalla liquidazione della rendita.
L’eccezione è infondata.
Come è noto, infatti, secondo il costante orientamento in materia della giurisprudenza di legittimità, che questo Giudice condivide pienamente, la modificazione quantitativa del risarcimento del danno richiesto originariamente, intesa sia come modifica della valutazione economica del danno che come richiesta dei danni che si manifestano in corso di giudizio, non costituisce domanda nuova (cfr. Cass. 10 novembre 2003, n. 16819).
L'INAIL ha prodotto, a dimostrazione dell'importo della rendita, attestazione della sede INAIL di Siena del 26 agosto 2008, quantificazione che non appare contestata dalle altre parti .
Si deve, dunque, ritenere che l'Istituto abbia fornito piena prova dell'ammontare della prestazione assicurativa, e ciò in base all'insegnamento in materia della SC (cfr. tra le altre Cass. Sez. I, 28 agosto 2006 n. 18610), costituendo l'attestazione prodotta un atto amministrativo assistito da presunzione di legittimità.
La domanda proposta in via surrogatoria dall'Istituto deve pertanto essere accolta, nei limiti del danno civilistico, secondo quanto richiesto dallo stesso Istituto.
4- Passando adesso alla determinazione del risarcimento dovuto all'infortunato, si deve rilevare, anche in questo caso facendo applicazione dell'insegnamento della SC, che questo Giudice condivide pienamente, (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10035 del 2004), che la norma di cui all'art. 10 D.P.R. n. 1124 del 1965, commi 6 e 7, prevede che il risarcimento spettante all'infortunato sul lavoro o ai suoi aventi diritto sia dovuto solo nella misura differenziale derivante dal raffronto tra l'ammontare complessivo del risarcimento e quello delle indennità liquidate dall'Inail in dipendenza dell'infortunio, al fine di evitare una ingiustificata attribuzione in favore degli aventi diritto, i quali diversamente, percepirebbero, in relazione al medesimo infortunio, sia l'intero danno, sia le indennità. Tale danno “differenziale” deve essere, quindi, determinato sottraendo dall'importo del danno complessivo (liquidato dal giudice secondo i principi ed i criteri di cui agli art. 1223 e ss., 2056 ss. c.c.) quello delle prestazioni liquidate dall'Inail, riconducendolo allo stesso momento cui si riconduce il primo, ossia tenendo conto dei rispettivi valori come attualizzati alla data della decisione. Peraltro, con riguardo al valore capitale delle rendite a carico dell'istituto, deve tenersi conto, anziché del meccanismo generale di adeguamento degli importi dovuti a titolo di danno al potere di acquisto della moneta, del meccanismo legale di rivalutazione triennale delle rendite previsto dall'art. 116, comma 7, cit. d.P.R., salva, per la parte non coperta, la rivalutazione secondo gli indici Istat (Cass. 12/12/1996, n. 11073; cfr. anche Cass. 26/05/2001, n. 7195).
Nel caso in esame, l'Istituto ha quantificato il danno “civilistico” subito dall'attore in euro 99.793,01, somma che appare di importo inferiore a quello della rendita liquidata, e che comprenderebbe quindi anche la liquidazione del danno biologico.
L'attore, rispetto a tale liquidazione, si è limitato, nei suoi scritti conclusionali, a contestare la percentuale di invalidità utilizzata per il calcolo, 25% anziché 35%, salvo, peraltro, reclamare la piena risarcibilità del danno c.d. morale.
Quanto alla percentuale del danno, l'eccezione dell'attore appare infondata, non potendosi ritenere applicabili, ai fini della liquidazione del danno civilistico in caso di infortunio sul lavoro, parametri di calcolo diversi da quelli ordinari, sia perché una simile applicazione determinerebbe una disparità di trattamento non giustificata, sia per la mancanza di omogeneità tra le due tabelle di determinazione del danno.
Dovrà dunque essere applicata la percentuale del 25%.
Circa la quantificazione del danno, è noto che la SC con la sentenza n. 26972/2008 delle SU civili, si è recentemente pronunciata in modo innovativo sui criteri dei quali si deve fare applicazione ai fini del risarcimento del danno alla persona, ed in particolare del danno extra patrimoniale, che “...si identifica con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica...” e che “...costituisce categoria unitaria non suscettiva di divisioni in sottocategorie...”, precisando che “...Il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno...”.
Si deve dunque ritenere, facendo applicazione di tale criterio risarcitorio, che questo Giudice condivide, che, nel caso specifico, come dedotto anche dall'INAIL, avendo l'Istituto provveduto, nella sua liquidazione anche alla liquidazione del danno “biologico” e “non patrimoniale” in genere (cfr. ricostruzione del calcolo in comparsa conclusionale, pagina 19) tale calcolo esaurisca integralmente il risarcimento del danno “non patrimoniale”, del resto in questo caso comprensivo sia del danno precedentemente definito come “biologico” che di quello “morale”.
Facendo applicazione della recente tabella adottata presso il Tribunale di Milano, che ha proceduto al calcolo del punto di invalidità in modo unitario, quanto al danno “non patrimoniale”, in relazione ai nuovi criteri dettati dalla citata pronuncia della SC, l'importo totale del risarcimento dovuto ad A. M. per danno extrapatrimoniale deve pertanto individuarsi in quello di 100.131,00 euro per invalidità permanente (punto di invalidità pari ad euro 4.768,15 con demoltiplicatore 0,840) e di euro 16.250,00 per invalidità temporanea (sulla base di euro 100,00 per ogni giornata di invalidità totale), calcolata sempre in base ad una liquidazione equitativa del danno, ed oltre ad euro 154,92 per spese riconosciute, per un totale di euro 116.535,92.
A tale somma deve essere aggiunta, in base al criterio di risarcimento costantemente riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, quella per interessi su tale somma, come devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata, pari in totale ad euro 41.683,15.
Il totale dovuto per risarcimento, in base ai criteri civilistici, deve dunque essere indicato in quello di euro 158.219,07.
L'importo del danno differenziale da riconoscere all'attore è dunque di euro 7.126,32, somma sulla quale saranno dovuti gli interessi legali dalla data della presente sentenza.
Le spese seguono la soccombenza, e devono essere liquidate come da dispositivo, per l'INAIL d'ufficio.
P.Q.M.
IL Tribunale
Definitivamente pronunciando nella causa tra le parti sopra indicate;
così provvede:
in accoglimento della domanda proposta da A. M. e di quella proposta in via surrogatoria dall'INAIL, dichiara tenuti e condanna il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada e la Fondiaria SAI spa, in solido tra loro, al risarcimento del danno subito da A. M. nel sinistro oggetto della domanda;
determina l'importo complessivo del risarcimento in valori attuali in quella di euro 158.219,07, e condanna i convenuti al pagamento in favore dell'attore, quale danno differenziale, della somma di euro 7.126,32 con gli interessi legali dalla data della presente sentenza al saldo ed al pagamento in favore dell'INAIL, in via surrogatoria, della somma risultante dalla differenza tra quella di euro 151.092,75, con gli interessi legali dalla data della presente sentenza al saldo;
condanna i convenuti al pagamento in favore di A. M. delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 6.500,00 di cui euro 384,33 per spese, euro 2.588,80 per diritti ed il rimanente per onorario di avvocato, oltre al rimborso forfetario per spese generali, e ad IVA e CAP come per legge, ed in favore dell'INAIL in complessivi euro 5000,00 di cui euro 2.000,00 per diritti ed il rimanente per onorario, oltre al contributo forfetario per spese generali, e ad IVA e CAP come per legge.
Così deciso a Montepulciano, il 19 giugno 2009, nella camera di consiglio del Tribunale.
Il Presidente, estensore
Marcello Marinari

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