venerdì 13 marzo 2009

Termini di impugnazione della dellibera di revoca del contributo finanziario


Termini di impugnazione della delibera di revoca del contributo finanziario
(Cons. Stato, n. 38/2009)
R. Corapi

I termini per impugnare la delibera interministeriale con la quale vengano revocati i contributi finanziari in precedenza concessi al beneficiario decorrono dal momento in cui quest'ultimo ne abbia avuto effettiva conoscenza e non dalla pubblicazione della stessa sulla Gazzetta Ufficiale. Lo ha chiarito la sesta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 38 del 12 gennaio 2009.La questione in esame riguardava il ricorso proposto dinanzi al Tar del Lazio da una società al fine di ottenere l'annullamento di una delibera del CIPI (Comitato Interministeriale per il Coordinamento della Politica Industriale), con la quale le era stato in parte revocato un contributo finanziario concessole ai sensi dell'art. 3 della legge 193 del 1984. A fondamento della propria domanda la ricorrente deduceva diverse violazioni di legge ed eccesso di potere, in particolare la mancata comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca del contributo e il travisamento dei fatti nella motivazione del provvedimento. Per resistere al ricorso si costituivano in giudizio il Ministero delle Attività Produttive, il CIPI e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i quali eccepivano la tardività del ricorso ritenendo il provvedimento impugnato oltre i termini consentiti dalla legge.Il Tar decideva di accogliere il ricorso e le amministrazioni costituitesi in giudizio decidevano quindi di appellare la sentenza di primo grado, riproponendo l'eccezione di tardività del ricorso e lamentando l'erroneità nel merito della sentenza. L'eccezione di irricevibilità proposta dalle appellanti si fondava sull'assunto che il termine di impugnazione della delibera del CIPI dovesse decorrere dall'avviso comparso nella G.U. n. 62 del 16 marzo 1994, recante l'indicazione della delibera del CIPI di revoca del contributo e del suo contenuto, ovvero, al più tardi, dalla data in cui ne era stato dato atto nella controversia civile insorta tra le parti. Il testo dell'avviso, infatti, era stato trascritto sia nella comparsa conclusionale depositata per l'udienza collegiale del 13 febbraio 1995 nel corso giudizio di primo grado, tenutosi dinanzi al Tribunale di Roma e relativo all'opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dalla società appellata per il pagamento del contributo finanziario, sia nell'atto di appello notificato alla società il 7 maggio 1996. Al contrario di quanto sostenuto dalle amministrazioni appellanti, i giudici di primo grado avevano invece ritenuto che il termine d'impugnazione del provvedimento decorresse dal 24 ottobre 1996, giorno in cui la delibera era stata depositata in copia integrale all'udienza relativa alla causa pendente tra le parti dinanzi alla Corte di Appello di Roma e che quindi l'eccezione di tardività del ricorso fosse infondata.I giudici della sesta sezione del Consiglio di stato, dopo aver esaminato la questione, hanno deciso di accogliere l'appello e, per l'effetto, dichiarato il ricorso di primo grado irricevibile e annullato la sentenza appellata. Il Collegio ha motivato la propria decisione ritenendo non corretta la tesi sostenuta dal Giudice di primo grado e spiegando che, sebbene si possa condividere l'opinione secondo cui la pubblicità contenuta nella Gazzetta Ufficiale non fosse idonea ad assolvere il requisito della conoscenza legale del provvedimento, in quanto effetto non previsto da una norma di legge, fosse al contrario piuttosto evidente come in capo all'appellata dovesse ritenersi perfezionato il requisito della conoscenza del provvedimento impugnato, pur in difetto di comunicazione formale. Il Collegio ha quindi spiegato che le ripetute indicazioni contenute negli atti giudiziari sopra indicati, unitamente al notevole lasso di tempo trascorso dall'adozione del provvedimento e della sua pubblicazione in G.U, nonché tenuto conto della qualità professionale dell'appellata, dovessero ritenersi integrare quelle presunzioni gravi, precise e concordanti che, ai sensi dell'art. 2729 c.c., consentono di provare il fatto ignoto attraverso fatti noti, con la conseguenza che il ricorso di primo grado in discussione era da considerarsi senz'altro tardivo.

Dott.ssa Rossella Corapi
rcorapi@studiolegaledirago.it

Termini di impugnazione della dellibera di revoca del contributo finanziario


Termini di impugnazione della delibera di revoca del contributo finanziario
(Cons. Stato, n. 38/2009)
R. Corapi

I termini per impugnare la delibera interministeriale con la quale vengano revocati i contributi finanziari in precedenza concessi al beneficiario decorrono dal momento in cui quest'ultimo ne abbia avuto effettiva conoscenza e non dalla pubblicazione della stessa sulla Gazzetta Ufficiale. Lo ha chiarito la sesta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 38 del 12 gennaio 2009.La questione in esame riguardava il ricorso proposto dinanzi al Tar del Lazio da una società al fine di ottenere l'annullamento di una delibera del CIPI (Comitato Interministeriale per il Coordinamento della Politica Industriale), con la quale le era stato in parte revocato un contributo finanziario concessole ai sensi dell'art. 3 della legge 193 del 1984. A fondamento della propria domanda la ricorrente deduceva diverse violazioni di legge ed eccesso di potere, in particolare la mancata comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca del contributo e il travisamento dei fatti nella motivazione del provvedimento. Per resistere al ricorso si costituivano in giudizio il Ministero delle Attività Produttive, il CIPI e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i quali eccepivano la tardività del ricorso ritenendo il provvedimento impugnato oltre i termini consentiti dalla legge.Il Tar decideva di accogliere il ricorso e le amministrazioni costituitesi in giudizio decidevano quindi di appellare la sentenza di primo grado, riproponendo l'eccezione di tardività del ricorso e lamentando l'erroneità nel merito della sentenza. L'eccezione di irricevibilità proposta dalle appellanti si fondava sull'assunto che il termine di impugnazione della delibera del CIPI dovesse decorrere dall'avviso comparso nella G.U. n. 62 del 16 marzo 1994, recante l'indicazione della delibera del CIPI di revoca del contributo e del suo contenuto, ovvero, al più tardi, dalla data in cui ne era stato dato atto nella controversia civile insorta tra le parti. Il testo dell'avviso, infatti, era stato trascritto sia nella comparsa conclusionale depositata per l'udienza collegiale del 13 febbraio 1995 nel corso giudizio di primo grado, tenutosi dinanzi al Tribunale di Roma e relativo all'opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dalla società appellata per il pagamento del contributo finanziario, sia nell'atto di appello notificato alla società il 7 maggio 1996. Al contrario di quanto sostenuto dalle amministrazioni appellanti, i giudici di primo grado avevano invece ritenuto che il termine d'impugnazione del provvedimento decorresse dal 24 ottobre 1996, giorno in cui la delibera era stata depositata in copia integrale all'udienza relativa alla causa pendente tra le parti dinanzi alla Corte di Appello di Roma e che quindi l'eccezione di tardività del ricorso fosse infondata.I giudici della sesta sezione del Consiglio di stato, dopo aver esaminato la questione, hanno deciso di accogliere l'appello e, per l'effetto, dichiarato il ricorso di primo grado irricevibile e annullato la sentenza appellata. Il Collegio ha motivato la propria decisione ritenendo non corretta la tesi sostenuta dal Giudice di primo grado e spiegando che, sebbene si possa condividere l'opinione secondo cui la pubblicità contenuta nella Gazzetta Ufficiale non fosse idonea ad assolvere il requisito della conoscenza legale del provvedimento, in quanto effetto non previsto da una norma di legge, fosse al contrario piuttosto evidente come in capo all'appellata dovesse ritenersi perfezionato il requisito della conoscenza del provvedimento impugnato, pur in difetto di comunicazione formale. Il Collegio ha quindi spiegato che le ripetute indicazioni contenute negli atti giudiziari sopra indicati, unitamente al notevole lasso di tempo trascorso dall'adozione del provvedimento e della sua pubblicazione in G.U, nonché tenuto conto della qualità professionale dell'appellata, dovessero ritenersi integrare quelle presunzioni gravi, precise e concordanti che, ai sensi dell'art. 2729 c.c., consentono di provare il fatto ignoto attraverso fatti noti, con la conseguenza che il ricorso di primo grado in discussione era da considerarsi senz'altro tardivo.

Dott.ssa Rossella Corapi
rcorapi@studiolegaledirago.it

Decorrenza dei termini di impugnazione in caso di mancata comunicazione: il caso Lucchini



Consiglio di Stato sez.VI 12/1/2009 n. 38;
Pres. Varrone

Decorrenza dei termini di impugnazione del provvedimento amministrativo in caso di mancata comunicazione di adozione dello stesso

Svolgimento del processo
1. Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio la Lucchini Siderurgica S.P.A domandava l'annullamento della delibera 30.11.1993 del CIPI (Comitato Interministeriale per il Coordinamento della Politica Industriale), con cui le veniva revocato in parte un contributo finanziario concesso ai sensi dell'art. 3 della legge 193 del 1984.
A fondamento del ricorso deduceva plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere.Si costituivano in giudizio per resistere al ricorso il Ministero delle Attività Produttive, il CIPI, la Presidenza del Consiglio dei Ministri.Con sentenza n. 1030 del 15 febbraio 2002 il TAR accoglieva il ricorso.
2. La sentenza è stata appellata dal Ministero delle Attività Produttive, dal CIPI, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che contrasta le argomentazioni del giudice di primo grado. Si è costituita per resistere all'appello Lucchini Siderurgica S.P.A..
La causa è passata in decisione alla pubblica udienza del 7 novembre 2008.
Motivi della decisione
1. Il TAR ha accolto il primo motivo (con cui si deduceva la mancata comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca del contributo) e l'ultimo motivo (nella parte in cui si deduceva il travisamento dei fatti nella motivazione posta a base del provvedimento) di censura.Appella l'Amministrazione riproponendo l'eccezione di tardività del ricorso - già sollevata e respinta in primo grado - e lamentando l'erroneità nel merito della sentenza.
2. L'appello è fondato con riguardo alla pregiudiziale eccezione in rito.L'eccezione di irricevibilità si fonda sull'assunto che il termine di impugnazione del provvedimento dovesse decorrere dall'avviso comparso nella G.U. della Repubblica Italiana n. 62 del 16 marzo 1994, recante l'indicazione della delibera CIPI di revoca del contributo e del suo contenuto, ovvero - al più tardi - dalla data in cui ne era stato dato atto nella controversia civile insorta tra le parti.
Il testo dell'avviso, infatti, era stato trascritto sia nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado (depositata per l'udienza collegiale del 13 febbraio 1995), tenutosi dinanzi al Tribunale di Roma e relativo ad opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla Lucchini Siderurgica S.P.A. per il pagamento del contributo, sia nell'atto di appello notificato alla Lucchini Siderurgica S.P.A. il 7 maggio 1996.
Al contrario la sentenza appellata ha ritenuto che il termine decorresse dal 24 ottobre 1996, giorno in cui la delibera è stata depositata in copia integrale all'udienza relativa alla causa n. 1594/96 pendente dinanzi alla Corte di Appello di Roma.
La tesi sostenuta dal giudice di primo grado non è corretta.
Il Collegio può condividere l'opinione secondo cui la pubblicità contenuta nella G.U. della Repubblica Italiana n. 62 del 16 marzo 1994 non è idonea ad assolvere il requisito della conoscenza legale del provvedimento, perché non prevista da norme di legge, che vi ricolleghino tale effetto.
Tuttavia, è piuttosto evidente come in capo all'appellata debba ritenersi perfezionato il requisito della conoscenza del provvedimento impugnato, pur in difetto di formale comunicazione.
Infatti, le ripetute indicazioni contenute negli atti giudiziari sopra indicati in uno al notevole lasso di tempo decorso dall'adozione del provvedimento e dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (e, si potrebbe aggiungere, alla qualità professionale dell'appellata), integrano quelle presunzioni gravi, precise e concordanti che, ai sensi dell'art. 2729 c.c., consentono di provare il fatto ignoto attraverso fatti noti.
La circostanza che gli atti giudiziari fossero direttamente conosciuti dal solo difensore processuale non rileva al fine di escludere la validità dell'inferenza (posto che, se così non fosse stato - nel senso che gli atti fossero stati direttamente portati a conoscenza della parte -, il problema neppure si poneva).
Non vale, dunque, richiamare l'orientamento giurisprudenziale che nega l'esistenza di un onere di conoscenza della parte rappresentata degli atti comunicati al suo difensore o di cui questi abbia conoscenza, giacché il punto è un altro: la presunzione risiede proprio nel fatto che, secondo regole di comune esperienza, il difensore dialoga con la parte che rappresenta processualmente sulle questioni rilevanti per la controversia, a maggior ragione dopo che la stessa si sia già conclusa con sentenza.
È irragionevole ipotizzare che la Lucchini Siderurgica S.P.A. non avesse avuto conoscenza della delibera datata 30.11.1993 del CIPI dopo che si era tenuto un giudizio civile per il pagamento delle somme revocate con tale decreto e che era stato proposto appello, mentre a tale delibera era stato ripetutamente fatto riferimento negli atti del giudizio.Si aggiunga che nella stessa comparsa di costituzione in grado di appello della Lucchini, datata 8 ottobre 1996 e recante la procura alle liti - sottoscritta dal competente organo abilitato a dichiarare la volontà sociale - per il giudizio di appello, detta delibera viene menzionata.Posto che il ricorso di primo grado è stato notificato solo il 16 dicembre 1996, lo stesso deve senz'altro ritenersi tardivo.
3. L'appello è accolto con riguardo all'eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado. Ne consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza appellata ai sensi dell'art. 34, comma 1 L. 1034/71. La risalenza della controversia e l'esito alterno del giudizio ne giustifica la compensazione delle spese del doppio grado.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie l'appello e, per l'effetto, dichiara irricevibile il ricorso di primo grado e annulla la sentenza appellata.Spese compensate.Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Decorrenza dei termini di impugnazione in caso di mancata comunicazione: il caso Lucchini



Consiglio di Stato sez.VI 12/1/2009 n. 38;
Pres. Varrone

Decorrenza dei termini di impugnazione del provvedimento amministrativo in caso di mancata comunicazione di adozione dello stesso

Svolgimento del processo
1. Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio la Lucchini Siderurgica S.P.A domandava l'annullamento della delibera 30.11.1993 del CIPI (Comitato Interministeriale per il Coordinamento della Politica Industriale), con cui le veniva revocato in parte un contributo finanziario concesso ai sensi dell'art. 3 della legge 193 del 1984.
A fondamento del ricorso deduceva plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere.Si costituivano in giudizio per resistere al ricorso il Ministero delle Attività Produttive, il CIPI, la Presidenza del Consiglio dei Ministri.Con sentenza n. 1030 del 15 febbraio 2002 il TAR accoglieva il ricorso.
2. La sentenza è stata appellata dal Ministero delle Attività Produttive, dal CIPI, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che contrasta le argomentazioni del giudice di primo grado. Si è costituita per resistere all'appello Lucchini Siderurgica S.P.A..
La causa è passata in decisione alla pubblica udienza del 7 novembre 2008.
Motivi della decisione
1. Il TAR ha accolto il primo motivo (con cui si deduceva la mancata comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca del contributo) e l'ultimo motivo (nella parte in cui si deduceva il travisamento dei fatti nella motivazione posta a base del provvedimento) di censura.Appella l'Amministrazione riproponendo l'eccezione di tardività del ricorso - già sollevata e respinta in primo grado - e lamentando l'erroneità nel merito della sentenza.
2. L'appello è fondato con riguardo alla pregiudiziale eccezione in rito.L'eccezione di irricevibilità si fonda sull'assunto che il termine di impugnazione del provvedimento dovesse decorrere dall'avviso comparso nella G.U. della Repubblica Italiana n. 62 del 16 marzo 1994, recante l'indicazione della delibera CIPI di revoca del contributo e del suo contenuto, ovvero - al più tardi - dalla data in cui ne era stato dato atto nella controversia civile insorta tra le parti.
Il testo dell'avviso, infatti, era stato trascritto sia nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado (depositata per l'udienza collegiale del 13 febbraio 1995), tenutosi dinanzi al Tribunale di Roma e relativo ad opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla Lucchini Siderurgica S.P.A. per il pagamento del contributo, sia nell'atto di appello notificato alla Lucchini Siderurgica S.P.A. il 7 maggio 1996.
Al contrario la sentenza appellata ha ritenuto che il termine decorresse dal 24 ottobre 1996, giorno in cui la delibera è stata depositata in copia integrale all'udienza relativa alla causa n. 1594/96 pendente dinanzi alla Corte di Appello di Roma.
La tesi sostenuta dal giudice di primo grado non è corretta.
Il Collegio può condividere l'opinione secondo cui la pubblicità contenuta nella G.U. della Repubblica Italiana n. 62 del 16 marzo 1994 non è idonea ad assolvere il requisito della conoscenza legale del provvedimento, perché non prevista da norme di legge, che vi ricolleghino tale effetto.
Tuttavia, è piuttosto evidente come in capo all'appellata debba ritenersi perfezionato il requisito della conoscenza del provvedimento impugnato, pur in difetto di formale comunicazione.
Infatti, le ripetute indicazioni contenute negli atti giudiziari sopra indicati in uno al notevole lasso di tempo decorso dall'adozione del provvedimento e dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (e, si potrebbe aggiungere, alla qualità professionale dell'appellata), integrano quelle presunzioni gravi, precise e concordanti che, ai sensi dell'art. 2729 c.c., consentono di provare il fatto ignoto attraverso fatti noti.
La circostanza che gli atti giudiziari fossero direttamente conosciuti dal solo difensore processuale non rileva al fine di escludere la validità dell'inferenza (posto che, se così non fosse stato - nel senso che gli atti fossero stati direttamente portati a conoscenza della parte -, il problema neppure si poneva).
Non vale, dunque, richiamare l'orientamento giurisprudenziale che nega l'esistenza di un onere di conoscenza della parte rappresentata degli atti comunicati al suo difensore o di cui questi abbia conoscenza, giacché il punto è un altro: la presunzione risiede proprio nel fatto che, secondo regole di comune esperienza, il difensore dialoga con la parte che rappresenta processualmente sulle questioni rilevanti per la controversia, a maggior ragione dopo che la stessa si sia già conclusa con sentenza.
È irragionevole ipotizzare che la Lucchini Siderurgica S.P.A. non avesse avuto conoscenza della delibera datata 30.11.1993 del CIPI dopo che si era tenuto un giudizio civile per il pagamento delle somme revocate con tale decreto e che era stato proposto appello, mentre a tale delibera era stato ripetutamente fatto riferimento negli atti del giudizio.Si aggiunga che nella stessa comparsa di costituzione in grado di appello della Lucchini, datata 8 ottobre 1996 e recante la procura alle liti - sottoscritta dal competente organo abilitato a dichiarare la volontà sociale - per il giudizio di appello, detta delibera viene menzionata.Posto che il ricorso di primo grado è stato notificato solo il 16 dicembre 1996, lo stesso deve senz'altro ritenersi tardivo.
3. L'appello è accolto con riguardo all'eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado. Ne consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza appellata ai sensi dell'art. 34, comma 1 L. 1034/71. La risalenza della controversia e l'esito alterno del giudizio ne giustifica la compensazione delle spese del doppio grado.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie l'appello e, per l'effetto, dichiara irricevibile il ricorso di primo grado e annulla la sentenza appellata.Spese compensate.Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Illegittima la proroga o riduzione dei termini di prescrizone e decadenza in materia tributaria:la Rimessione alla Corte di Giustizia CE è il rimedio


Illegittimità della proroga o riduzione dei termini di prescrizione e decadenza in materia tributaria: rimedi esperibili - Ordinanze Commissione tributaria provinciale
D. Chindemi (Approfondimento 3/8/2007)


Va evidenziata l'illegittimità, in occasione delle leggi finanziarie, della proroga dei termini di decadenza e prescrizione per gli adempimenti fiscali e tributari da parte della Amministrazione finanziaria o degli Enti locali, in contrasto con lo Statuto dei Diritti del contribuente (art. 3) e la normativa comunitaria, in quanto i termini di prescrizione e decadenza non possono essere modificati da norme successive, durante il maturare del termine, se non per fatti eccezionali e costituiscono una specie di accessorio del diritto, che sorge con la nascita dello stesso.
Esempi di tali sistematiche violazioni da parte del legislatore nazionale sono costituiti dalla legge n. 350/03 (c.d. finanziaria 2004) che al comma 33 dell'articolo 2 ha provveduto a prorogare i termini in tema di controlli ICI per le annualità successive al 1999 o la proroga disposta con L. n. 448/98 degli avvisi di liquidazione Ici essendo entrata in vigore quando i termini per la notifica dell'avviso erano già scaduti ed essendo stata tacitamente abrogata dalla successiva legge di natura generale n. 212/00, terzo e ultimo comma, dell'art. 3, che afferma che "i termini di prescrizione decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati". (1)
Il principio di carattere generale desumibile dal sistema comunitario e dallo Statuto dei diritti del contribuente (art. 3) è che un termine di prescrizione o decadenza maggiore di quello ordinariamente previsto, è inapplicabile, in materia tributaria, allorché l'allungamento del termine decorra in pendenza dell'originario termine non ancora scaduto. (2)
I rimedi a favore del contribuente, nel caso in cui il ricorso all'autotutela non abbia effetti, sono individuabili, in via prioritaria, nella disapplicazione, da parte del giudice tributario, della normativa confliggente con principi del diritto europeo e della Costituzione; in alternativa vengono prospettate le possibilità di sollevare l' eccezione di costituzionalità della normativa confliggente davanti alla Corte Costituzionale ex artt. 134 Cost. e 23 e segg. L. 11.3.1953,n. 87 e il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell'art. 234 del Trattato.
A conclusione dell'articolo lavoro verranno riportati gli schemi dei relativi atti per facilitare il lettore nella stesura dei relativi provvedimenti.
L' eccezione di costituzionalità e il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell'art. 234 del Trattato sono cumulabili tra loro essendo possibile anche da parte del giudice tributario sollevare contestualmente eccezione di Costituzionalità davanti alla Corte Costituzionale italiana ed operare il rinvio pregiudiziale davanti alla Corte di Giustizia.
In via prioritaria il giudice tributario deve disapplicare la normativa confliggente con principi del diritto europeo e della Costituzione; tale rimedio, già affermato dalla Cassazione, evita di dover ricorrere agli altri, maggiormente onerosi per il cittadino-contribuente e consente la immediata trasposizione del diritto comunitario nel diritto interno, in base ai principi ormai consolidati della preminenza del primo sul secondo, sanciti anche dall'art. 10 della Costituzione che stabilisce espressamente che "l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciuto", con possibilità di disapplicazione, come già evidenziato, della normativa statale contrastante con quella comunitaria.
In caso di contrasto della norma con il diritto comunitario o nazionale e con i principi che li regolano la disapplicazione è possibile, prevalendo sempre il primo, in base al principio della preminenza del diritto comunitario sul diritto interno.
La Corte di Cassazione ha affermato che "in tema di efficacia del diritto comunitario, il fondamento della diretta applicazione e della prevalenza delle norme comunitarie su quelle statali si rinviene essenzialmente nell'art.11 della Costituzione, laddove stabilisce che l'Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni. Il contrasto tra norme statali e disciplina comunitaria non dà luogo ad invalidità o alla illegittimità delle prime, ma comporta la loro "non applicazione", che consiste nell'impedire che la norma interna venga in rilievo per la definizione della controversia davanti al giudice nazionale, restando affidata alla Corte di Giustizia di Lussemburgo l'interpretazione del diritto comunitario, del quale le sentenze della Corte precisano autoritariamente il significato, definendone l'ampiezza e il contenuto delle possibilità applicative, senza per questo creare ex novo norme comunitarie". (3)
Il giudice nazionale deve, quindi, disapplicare la norma interna, qualora sia incompatibile col diritto comunitario. (4)
Sono sempre più numerosi gli esempi di disapplicazione di leggi nazionali da parte del giudice italiano per contrasto con la normativa comunitaria. A titolo esemplificativo sono stati disapplicati: 1) il limite di reddito indicato dall'art. 11 Legge 11/8/73 n. 533 ai fini dell'ammissione al gratuito patrocinio, in quanto irrisorio e pertanto in contrasto con i principi fissati dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e con i principi sanciti nella carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea; (5)
2) il d.lg. n. 115 del 1992 che prevede il necessario previo riconoscimento dei titoli professionali conseguiti in altro Stato dell'Unione europea, per contrasto con l'ordinamento comunitario (in caso di specie, si trattava del titolo di Rechtsanwalt conseguito in Germania) per l'esercizio della professione di avvocato; (6)
3) le tariffe forensi per contrasto col Trattato di Roma e utilizzo, in sostituzione, dei criteri previsti dal codice civile per la remunerazione delle prestazioni intellettuali. (7)
Sul piano processuale consegue al principio di preminenza del diritto comunitario sul diritto nazionale il potere-dovere del giudice di disapplicare la norma nazionale contrastante con una norma comunitaria, oltre che con i principi generali del diritto interno anche nel caso in cui il contrasto sia determinato da regole generali dell'ordinamento comunitario, ricavate in sede di interpretazione dell'ordinamento stesso. (8)
Il giudice italiano e la stessa P.A., in sede di autotutela, hanno il dovere-potere di disapplicare le norme interne contrarie all'ordinamento comunitario. (9)
La Commissione tributaria deve, quindi, affermare la decadenza dell'Amministrazione finanziaria nell'operare, ad esempio, la iscrizione a ruolo ex art 36 bis l. cit. disapplicando la norma che allunga i termini di decadenza durante la vigenza degli stessi.
Ove il giudice tributario non voglia disapplicare la normativa nazionale configgente col diritto comunitario può sollevare l' eccezione di costituzionalità della normativa nazionale davanti alla Corte Costituzionale ex artt. 134 Cost. e 23 e segg. L. 11.3.1953, n. 87.Ad esempio sarebbe possibile sollevare la questione di costituzionalità dell'art. 2-octies della l. 1-8-2003, n. 212, per violazione degli art. 3 Cost. (disparità di trattamento tra il diverso termine di decadenza previsto per la rettifica delle dichiarazioni ex art 36 bis per l'iscrizione a ruolo delle dichiarazioni presentate negli anni 2001 e 2002, rispetto a tutte le altre - per l'ingiustificata proroga dei termini di decadenza e per la disparità di trattamento, non giustificata, rispetto ai termini dell'accertamento), dell'art. 10 e 11 Cost. (per la violazione della norma ai principi del Trattato) dell'art. 24 Cost. (violazione del diritto di difesa). In attuazione anche del principio dell'affidamento riconosciuto dallo stesso Statuto dei diritti del contribuente (art. 10), con legge ordinaria e mai con legge speciale, il legislatore può prorogare i termini di prescrizione e decadenza in materia tributaria,ma solo prima del loro inizio e in presenza di eventi di carattere eccezionale che determinano un irregolare funzionamento degli uffici e tra essi non si possono ricomprendere i condoni.In tal caso si verificherebbe una disparità di trattamento tra Amministrazione e contribuente, con un ingiustificato privilegio per l'Amministrazione finanziaria, che ha la possibilità di disporre di un maggior tempo per l'iscrizione a ruolo delle dichiarazioni presentate nel biennio, mentre il contribuente che non può beneficiare di alcuna sospensione dei termini, non essendo condonabili eventuali debiti finanziari conseguenti alla rettifica operata dall'Amministrazione di cui spesso il cittadino non è a conoscenza trattandosi di rettifica operata sul mod. 770 presentato da soggetto diverso dal contribuente, determinandosi una inammissibile diversità di trattamento tra Amministrazione e contribuente stesso, priva di ragionevole giustificazione.Si pone, quindi, il contribuente, a seguito della proroga del termine di decadenza a favore della sola Amministrazione finanziaria, in una ingiustificata condizione deteriore, nel caso in cui proroga e sospensione dei termini non siano disposti egualmente a favore degli uffici e dei contribuenti, con evidente lesione del diritto di uguaglianza e di difesa di questi ultimi.Così come la disorganizzazione degli Uffici non vale a giustificare l'allungamento del termine di ragionevole durata del processo, così anche in materia tributaria, in base ai principi generali già enunciati dalla Corte di Giustizia, la norma che, in forza del condono fiscale, sospende, in via preventiva, i termini degli accertamenti tributari anche con riguardo alle situazioni non condonabili, non può trovare alcuna ragionevole giustificazione, tale non potendosi ritenere i rischi di disservizio dell'Amministrazione finanziaria, senza che analogo beneficio sia concesso al contribuente. Sussistono, pertanto, in tal caso tutti i presupposti per la declaratoria di illegittimità costituzionale di tale proroga.In via cumulatica o alternativa è anche possibile il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell'art. 234 del Trattato C.E. (già art. 177) avendo le pronunce delle Commissioni tributarie natura giurisdizionale come desumibile anche dalla possibilità di proporre ricorso davanti alla Corte di Cassazione.L'organo remittente, indipendentemente dalla denominazione poco felice di "Commissione tributaria", può essere qualificato quale "giudice nazionale", possedendo le caratteristiche di cui all'art. 234 (ex art. 177) del Trattato CE (origine legale dell'organo, -istituito con D.L.gs. 545/1992- carattere permanente - obbligatorietà della sua giurisdizione- natura contraddittoria del procedimen- to disciplinato dal D.L.gs. 546/92- applicazione di norme giuridiche nel risolvere le controversie loro demandate- indipendenza positivamente garantita ) (cfr. sentenze CGCE 2.3.1999 in causa C-416/96 e 4.2.1999 in causa C-103/97).Ai fini del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, quel che rileva è la compatibilità con i principi generali del Diritto Comune Europeo della facoltà per il legislatore di prorogare indiscriminatamente, senza valida ragione o motivazione, i termini di decadenza previsti dalla legge, ad esempio, per l'iscrizione a ruolo delle rettifiche accertate in sede di controllo formale delle dichiarazioni, durante la decorrenza del relativo termine, soprattutto nel caso in cui non trattasi di effettuare verifiche complesse, ma una semplice operazione con procedura automatizzata senza attività istruttoria, verificando anche se una proroga consenta di ritenere superato il ragionevole termine di definizione del procedimento amministrativo, soprattutto nel caso in cui si tratti di una mera fase prodromica del procedimento, non ancora portata a conoscenza del contribuente, a cui deve ancora seguire la notifica della cartella formata a seguito della esecutività del ruolo.Ciascuno Stato deve individuare termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza, nell'interesse della certezza del diritto, a tutela del contribuente e della stessa Amministrazione pubblica, dovendosi ritenere equo un termine di decadenza triennale, che decorra dalla data del pagamento contestato, per le istanze di rimborso dei contribuenti. (10)Il medesimo termine di decadenza, per il rispetto del principio di equivalenza, dovrebbe applicarsi anche all'Amministrazione finanziaria, in relazione ad operazioni di natura semplice, automatizzate, che non richiedano attività istruttorie, ma solamente l'effettuazione di un calcolo che viene effettuato in pochi secondi in via informatica.È, quindi, illegittima la proroga del termine di decadenza per l'iscrizione a ruolo, solamente in relazione ad alcune annualità (ad esempio per le dichiarazioni presentate negli ani 2001 e 2002) e non invece, per le altre, non trovando giustificazione alcuna, non essendo condonabili tali violazioni formali, come pacificamente affermato nelle stesse Circolari dell'Amministrazione finanziaria italiana.Il rinvio pregiudiziale, inoltre può anche essere sollevata d'ufficio dallo stesso giudice nazionale, il quale ritenga la decisione della Corte su tale punto necessaria per emanare la sua sentenza, in quanto l'art. 234 del Trattato Cee, non limita la possibilità di operare il rinvio pregiudiziale alla sola richiesta delle parti del giudizio.
Dott. Domenico Chindemi
(Consigliere della Corte d'Appello di Milano)
___________
(1) Commissione Tributaria Provinciale di Torino, Sezione XXXVI, sentenza n. 20/03; Commissione Tributaria Regionale del Piemonte Sezione n. XXVIII, n. 20/02, Commissione Tributaria Provinciale di Bari. Sezione XVII, n. 47/03; Commissione Tributaria Provinciale di Isernia, Sezione III, n. 51/04.
(2) Cfr. Cass. 23.5.2003, n. 8146.
(3) Cass. 2/03/2005, n. 4466.
(4) La S.C. ha affermato che devono essere disapplicate le norme del diritto interno che impongono, a pena di nullità, l'iscrizione degli agenti e dei "broker" assicurativi nell'apposito ruolo professionale, Cass. 14/10/2004, n. 20275.
(5) App. Roma, 11/04/2002, L. F. c. Condominio Via XXXX.
(6) Trib. Milano, 30/05/2001.
(7) App. Torino, sez. 1, 11/07/1998, n. 791, Pres. Gamba, rel. Converso.
(8) Cass. 15/03/2002, n. 3841.
(9) Cfr Corte di Giustizia, 22 giugno 1989.
(10) Cfr. Corte Giust. 17.11.1998 - XXX Srl in liquidazione contro Amministrazione delle Finanze dello Stato.
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE ( o REGIONALE) DI
(Omissis) ha pronunciato la seguente:
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
residente, via, elettivamente domiciliato in, presso lo studio dell'avv. che lo rappresenta e difende in forza di procura in calce al ricorso
ricorrente
CONTRO
Agenzia delle Entrate-
Ufficio di
controricorrente
AVVERSO
la cartella di pagamento n. (ruolo n. reso esecutivo in data, relativa alla rettifica della liquidazione operata dal sostituto d'imposta sul modello , relativo ai compensi erogati nell'anno, relativa a redditi soggetti a tassazione separata per il periodo d'imposta, a seguito del controllo automatizzato ai sensi dell'art. 36 bis del D.P.R. n. 600/73.
Udita la relazione della causa svolta all'udienza del relatore dott. esaminati gli atti;Ritenuto in fatto e diritto - Il contribuente impugna davanti alla Commissione tributaria la cartella di pagamento emessa dall' Agenzia delle Entrate di, che si è costituita resistendo al ricorso, relativa alla rettifica della liquidazione operata dal sostituto d'imposta sul modello...., relativo ai compensi erogati nell'anno, relativa a redditi soggetti a tassazione separata per il periodo d'imposta assumendo la decadenza della Amministrazione finanziaria dalla notifica della cartella di pagamento e la nullità della cartella stessa per carenza di motivazione- In base al combinato disposto dell'art. 36 bis D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell'art. 17 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, nell'ipotesi di controllo formale delle dichiarazioni dei redditi è prevista l'iscrizione a ruolo, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultino dovuti a seguito della attività di liquidazione;- l'iscrizione a ruolo è un provvedimento interno alla Pubblica Amministrazione, non portato a conoscenza del contribuente se non con la successiva notifica;- per analogia, e in base ai principi generali del diritto comune europeo, il termine ragionevole, sancito dall'art. 111 Cost. in tema di durata del processo, deve anche estendersi al termine per la definizione dei procedimenti di natura amministrativa, sussistendo al medesima "ratio" di definizione, in un tempo ragionevole, della pretesa tributaria della Pubblica Amministrazione, apparendo in contrasto col principio sopra evidenziato, la soggezione del contribuente alle pretese fiscali per un tempo eccessivo neanche conoscibile preventivamente da parte dello stesso contribuente che non ha alcuna notizia della iscrizione a ruolo;- Sussiste, inoltre, evidente disparità di trattamento tra l'ipotesi di controllo formale,disciplinata dall'art. 36 bis citato, oggetto del presente giudizio, e l'ipotesi di accertamento ordinario da parte dell'Ufficio tributario, ex art. 43 D.P.R. 600/73, che deve provvedere, in tale ultimo caso, alla notifica dell'atto al contribuente nel termine tassativo quinquennale, mentre nel caso in esame i termini, (considerati unitariamente quelli di decadenza e prescrizione) sono più lunghi, senza alcuna plausibile ragione, trattandosi di effettuare un semplice controllo formale della dichiarazione; - La cartella impugnata si riferisce, come chiaramente evidenziato nella stessa, alla rettifica della liquidazione operata dal sostituto d'imposta sul modello 770/, relativo ai compensi erogati nell'anno, relativa a redditi soggetti a tassazione separata per il periodo d'imposta - Il termine per l'esecutività del ruolo scadeva,in base a tale normativa, il 31 dicembre......, mentre il ruolo è stato reso esecutivo in data... oltre il termine di decadenza previsto in via generale dalle legge.
- L' art. 2-octies della l. 1-8-2003, n. 212 prevede, "in deroga all'art. 3, comma 3, deal l. 27.7.2000,n. 212, i termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo previsti dall'art. 17, comma 1, lettera a) del D.P.R. 29..1973,n. 602, sono prorogati al 31 dicembre 2005 per le dichiarazioni presentate negli ani 2001 e 2002- nella fattispecie, sembra essere stato superato, con la tale ultima proroga, ogni ragionevole termine di durata del procedimento da parte della Pubblica Amministrazione in quanto il ruolo, relativa all'IRPEF 2000, è stato reso esecutivo in data 23.3.2005 e notificato in epoca successiva. -Tale proroga oltre che contrastante con la normativa comunitaria, che non consente la soggezione del cittadino alle pretese fiscali per un tempo eccessivo, appare anche in contrasto con i principi costituzionali che debbono anche essere interpretati alla luce della normativa Comunitaria in forza dell'espresso richiamo operato dall'art. 10 della Costituzione e alla luce dei principi generali in tema di gerarchia delle fonti;- L'art. 2-octies della l. 1-8-2003, n. 212 che prevede la proroga di un termine di decadenza (nella fattispecie per il compimento di un atto interno alla Amministrazione quale la formazione del ruolo), già prossimo ai limiti della ragionevole durata del procedimento amministrativo, fino a raddoppiarlo, in prossimità della sua scadenza, appare in contrasto con l'art. 3 Cost. (disparità di trattamento tra il diverso termine di decadenza previsto per la rettifica delle dichiarazioni ex art 36 bis per l'iscrizione a ruolo delle dichiarazioni presentate negli anni 2001 e 2002, rispetto a tutte le altre, nonché rispetto a situazioni simili, nonché per la ingiustificata e deteriore disparita di trattamento del cittadino rispetto all'Amministrazione finanziaria), dell'art. 10 Cost. ( per la violazione della norma ai principi del Trattato) dell'art. 24 Cost. (violazione del diritto di difesa). E dell'art. 3 dello Statuto dei diritti del contribuente (art.3 divieto di proroga dei termini di prescrizione e decadenza) - è possibile la proroga dei termini di prescrizione e decadenza solo in presenza di eventi di carattere eccezionale che determinano un irregolare funzionamento degli uffici e tra essi non si possono ricomprendere i condoni che essendo previsti e prevedibili dallo stesso legislatore che li vara, non possono avere tali caratteristiche.
-Si crea, in tal caso, una disparità di trattamento tra Amministrazione e contribuente, con un ingiustificato privilegio per la prima che ha la possibilità di disporre di un maggior tempo per l'iscrizione a ruolo delle dichiarazioni presentate nel biennio citato, mentre nessuna agevolazione viene riconosciuta al contribuente che non può beneficiare di alcuna sospensione dei termini, non essendo condonabili eventuali debiti finanziari conseguenti alla rettifica operata dall'Amministrazione di cui il cittadino non è a conoscenza, come nella fattispecie, trattandosi di rettifica operata sul mod. 770 presentato da soggetto diverso dal contribuente, con conseguente impossibilità anche teorica per lo stesso di poter fare alcuna previsione sui termini di una eventuale rettifica, determinandosi una inammissibile diversità di trattamento priva di ragionevole giustificazione.
La proroga della decadenza del termine a favore della sola Amministrazione finanziaria, al fine di consentire la funzionalità degli uffici, pone, quindi, in una deteriore e ingiustificata condizione i contribuenti, discriminando quelli interessati dalla proroga della decadenza, per le due annualità (2001 e 2002). rispetto a quelli interessati dalle altre annualità per le quali continuano ad applicarsi i termini di decadenza previsti in via generale; - il trascorrere del tempo non può costituire un legittimo motivo di differenziazione nel trattamento dei contribuenti nel caso in cui, come nella fattispecie, proroga e sospensione dei termini non siano disposti egualmente a favore degli Uffici finanziari e dei contribuenti, evidenziandosi la lesione del diritto costituzionalmente garantito della parità di trattamento e del diritto di difesa di questi ultimi. -In base anche ai principi generali già enunciati dalla Corte di Giustizia, così come la disorganizzazione degli Uffici non vale a giustificare l'allungamento del termine di ragionevole durata del processo, così anche in materia tributaria la norma che, nel contesto del condono fiscale previsto dalla stessa legge n. 1-8-2003, n. 212, sospende, in via preventiva i termini degli accertamenti tributari anche con riguardo alle situazioni non condonabili, non può trovare alcuna ragionevole giustificazione nell'esigenza di fronteggiare il sensibile aggravio di lavoro che prevedibilmente sarebbe derivato agli uffici finanziari dalle attività connesse al condono, con conseguenti rischi di carenze organizzative, a meno che non si voglia far ricadere sul cittadino il disservizio della Amministrazione che, anziché essere ritenuta responsabile di tale situazione (imputet sibi) se ne avvantaggerebbe ad onta dei principi costituzionali del buon andamento e funzionalità della Pubblica Amministrazione. - delle disfunzioni della Pubblica Amministrazione, infatti, non può certo essere ritenuto responsabile il cittadino, ma, semmai, la stessa P.A. su cui devono ricadere le conseguenze del disservizio e disordine organizzativo e tali situazioni non possono legittimare l'allungamento, ingiustificato e non ragionevole, dei termini di decadenza del controllo meramente formale delle dichiarazioni dei redditi; - sussistono, pertanto, tutti i presupposti per la declaratoria di illegittimità costituzionale di tale proroga essendo mutate, sotto il profilo costituzionale, le situazioni tutelabili in base alla stessa giurisprudenza comunitaria. La questione, oltre che non manifestamente infondata, appare rilevante in quanto dalla declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 2-octies della l. 1-8-2003, n. 212 deriverebbe l'accoglimento del ricorso del contribuente.

PQM

Visti gli artt 134 Cost., 23 e segg., l. 11.3.1953,n. 87;Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, per violazione degli artt. 3,10 e 24 Cost. la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2-octies della l. 1-8-2003, n. 212 nella parte in cui prevede che "in deroga all'art. 3, comma 3, deal l. 27.7.2000,n. 212, i termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo previsti dall'art. 17, comma 1, lettera a) del D.P.R. 29..1973,n. 602, sono prorogati al 31 dicembre 2005 per le dichiarazioni presentate negli ani 2001 e 2002;Sospende il giudizio in corso fino all'esito del giudizio incidentale di legittimità costituzionale.Dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale; Domanda alla Segreteria per la notificazione della presente ordinanza alle parti costituite, al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche per la comunicazione ai Presidenti delle Camere del Parlamento della Repubblica.

---------------------Schema di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell'art. 234 del Trattato.
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE ( o REGIONALE) di

(Omissis) ha pronunciato la seguente:
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da: , residente a elettivamente domiciliato in -, presso lo studio dell'avv. che lo rappresenta e difende in forza di procura in calce al ricorso ricorrente
CONTRO
Agenzia delle Entrate- Ufficio di, rappresentato e difeso da resistente
AVVERSO
la cartella di pagamento n. (ruolo n. reso esecutivo in data, relativa alla rettifica della liquidazione operata dal sostituto d'imposta sul modello 770/, relativo ai compensi erogati nell'anno, relativa a redditi soggetti a tassazione separata per il periodo d'imposta, a seguito del controllo automatizzato ai sensi dell'art. 36 bis del D.P.R. n. 600/73. Udita la relazione della causa svolta all'udienza del dal Relatore dott. Esaminati gli atti;
Ritenuto in fatto e diritto
Il contribuente impugna davanti alla Commissione tributaria provinciale di la cartella di pagamento emessa dall' Agenzia delle Entrate di, che si è costituita resistendo al ricorso, relativa alla rettifica della liquidazione operata dal sostituto d'imposta sul modello 770/, relativo ai compensi erogati nell'anno, relativa a redditi soggetti a tassazione separata per il periodo d'imposta assumendo la decadenza della Amministrazione finanziaria dalla notifica della cartella di pagamento e la nullità della cartella stessa per carenza di motivazione
Sotto il profilo formale va ritenuto ammissibile il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ai sensi dell'art. 234 del Trattato C.E. avendo le pronunce delle Commissioni tributarie natura giurisdizionale come desumibile anche dalla loro impugnazione davanti alla Corte di Cassazione.Indipendentemente dalla denominazione di "Commissione tributaria" l' organo remittente può essere qualificato quale "giudice nazionale", possedendo le caratteristiche di cui all'art. 234 (ex art 177) del Trattato CE (origine legale dell'organo, -istituito con D.L.gs 545/1992- carattere permanente - obbligatorietà della sua giurisdizione- natura contraddittoria del procedimento disciplinato dal D.L.gs 546/92- applicazione di norme giuridiche nel risolvere le controversie loro demandate- indipendenza positivamente garantita ) (cfr sentenze CGCE 2.3.1999 in causa C-416/96 e 4.2.1999 in causa C-103/97)
Si richiede alla Corte di accertare, preliminarmente la sussistenza, quale principio generale di diritto comunitario, di un termine ragionevole di definizione del procedimento amministrativo in materia tributaria da parte dell'Amministrazione finanziaria, che in Italia è parte del giudizio tributario e se la individuazione di tale termine, pur essendo discrezionale, sia assolutamente libera da parte del legislatore o limitata dai principi di carattere generale di diritto europeo (in particolare del Trattato) che consentono di individuare, quale principio di carattere generale, l' obbligo, per ciascun Stato membro, di stabilire un termine di durata per la definizione del procedimento amministrativo, che sia ragionevole, analogamente al principio di carattere generale enunciato dalla stessa Corte di giustizia in relazione ai tempi di ragionevole durata del processo, il cui termine massimo, per il giudizio civile, è fissato, in linea generale, in tre anni e la cui violazione ha dato origine, per i numerosi ritardi denunciati in sede comunitaria, alla cd. legge Pinto ( l. 24.3.2001,n. 889)
- Nella fattispecie il legislatore italiano ha previsto, per la sola prima parte del procedimento amministrativo di controllo formale delle dichiarazioni, che avviene con procedura automatizzata definito con la formazione del ruolo, un termine molto ampio, ai limiti della ragionevolezza (tre anni).
A tale termine deve poi aggiungersi il termine di notifica delle cartelle, che, allunga notevolmente e per un tempo indefinito, la durata del procedimento, prima che il suo esito possa essere portato effettivamente a conoscenza del contribuente, rispetto all'anno a cui si riferiscono i tributi in contestazione.
Sia la decadenza che la prescrizione producono l'estinzione a seguito del fatto oggettivo del decorso del tempo e il titolare del diritto ha l'onere di esercitare il diritto nel termine prescritto dalla legge, senza potersi avvalere di "escamotage", in contrasto sia con i principi generali del diritto italiano che comunitario, al fine di prolungare a piacimento e, comunque, oltre il termine di legge, la possibilità di far valere il proprio diritto.
I termini di formazione del ruolo e di notifica della cartella devono essere qualificati perentori, in ossequio al principio costituzionalmente garantito del buon andamento e della imparzialità della Amministrazione e considerando come in materia tributaria i termini abbiano la specifica funzione di evitare la incertezza dei rapporti tra Amministrazione e cittadino.
Anche la consolidata giurisprudenza di legittimità italiana afferma, con orientamento costante, la vigenza, nell'ambito del diritto sostanziale, del principio generale della perentorietà dei termini, salva diversa disposizione di legge (cfr Cass. 8.8.1997,n. 6838)
La questione che si intende sottoporre alla Corte concerne la possibilità per il Legislatore di prorogare tale termine, ove la proroga incida, allungandolo, sulla ragionevole del termine di durata del procedimento amministrativo e non sia adeguatamente motivata da circostanze gravi, oggettive e documentate (quali, ad esempio, una calamità naturale che impedisca l'attività degli Uffici finanziari) e, per il principio di reciprocità, analoga sospensione dei termini di pagamento non sia concessa al contribuente,
Occorre quindi valutare da parte della Corte se, nel caso di controllo da parte dell'Amministrazione, ai sensi dell'art. 36 bis l.cit., trattandosi di controllo automatizzato, senza verifiche o attività istruttoria, effettuato con procedure informatiche che ne consentono il disbrigo in pochi secondi per ciascuna pratica, la proroga del termine di cui dell' art. 2-octies della l. 1-8-2003, n. 212 (che prevede, "in deroga all'art. 3, comma 3, deal l. 27.7.2000,n. 212, i termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo previsti dall'art. 17, comma 1, lettera a) del D.P.R. 29..1973,n. 602, sono prorogati al 31 dicembre 2005 per le dichiarazioni presentate negli ani 2001 e 2002") .ed il conseguente raddoppio del termine di decadenza, operato dal legislatore, siano conforme ai principi comunitari già evidenziati.
Più specificamente si intende porre all'attenzione della Corte se i principi generali del Trattato, del diritto comune europee, della Costituzione Europea relativi alla effettività e pienezza della tutela giurisdizionale, nonché alla ragionevole durata del procedimento amministrativo da parte di una Pubblica Amministrazione ostino alla applicazione della norma sopra citata, anche in relazione alla necessità di definizione, in un tempo ragionevole e conoscibile dal contribuente, della pretesa tributaria della Pubblica Amministrazione e se sia in contrasto col principio sopra evidenziato la soggezione del cittadino alle pretese fiscali per un tempo eccessivo e più in particolare se sia contrario o meno al diritto comune europeo la proroga di un termine di decadenza (nella fattispecie per il compimento di un atto interno alla Amministrazione quale la formazione del ruolo) già ai limiti della ragionevole durata del procedimento amministrativo, fino a raddoppiarlo, in prossimità della sua scadenza, ove il termine complessivamente considerato sia valutato superiore a quello ragionevole per la definizione del procedimento amministrativo.
Va anche segnalata all'attenzione della Corte di Giustizia la tecnica legislativa oscura, che raggruppa in pochi articoli centinaia di commi e di disposizioni diverse con evidente difficoltà, se non impossibilità, per il cittadino medio, di venirne a conoscenza.
Al fine di fornire alla Corte utili elementi di conoscenza, si segnala che nella fattispecie la proroga è stata prevista per un arco temporale (due anni), pari al termine di decadenza originariamente previsto (due anni) e non è motivata,
Si richiede anche la valutazione della Corte per determinare se la cattiva organizzazione della Pubblica Amministrazione e, comunque, ritardi imputabili alla stessa possono legittimare l'allungamento, ove ingiustificato e non ragionevole, di termini posti a garanzia di diritti del cittadino, durante la pendenza del relativo termine
La Corte ha, più volte, affermato che ciascuno Stato deve individuare termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza, nell'interesse della certezza del diritto, che tutela nello stesso tempo il contribuente e l'amministrazione interessati, ritenendo equo un termine nazionale di decadenza triennale, che decorra dalla data del pagamento contestato, per le istanze di rimborso dei contribuenti (Sentenza della Corte del 17 novembre 1998-Aprile Srl in liquidazione contro Amministrazione delle Finanze dello Stato.
Il rispetto del principio di equivalenza presuppone che il medesimo termine di decadenza si applichi anche all'Amministrazione finanziaria, in relazione ad operazioni di natura semplice, automatizzate, che non richiedano attività istruttorie, ma solamente l'effettuazione di un calcolo che viene effettuato in pochi secondi in via informatica, come nella fattispecie posta all'attenzione della Corte.
Si evidenzia anche la ingiustificata disparità di trattamento tra Amministrazione e contribuente, con conseguente privilegio per prima che ha la possibilità di disporre di un maggior tempo per l'iscrizione a ruolo delle dichiarazioni presentate nel biennio citato, mentre nessuna agevolazione viene riconosciuta al contribuente che non può beneficiare di alcuna sospensione non essendo condonabili eventuali debiti finanziari conseguenti alla rettifica operata dall'Amministrazione ex art. 36 bis l.cit., di cui spesso il cittadino non è a conoscenza trattandosi di rettifica operata sul dod. 770 presentato da soggetto diverso dal contribuente, determinandosi, in tal modo, una inammissibile diversità di trattamento priva di ragionevole giustificazione.
La proroga della decadenza del termine a favore della sola Amministrazione finanziaria, al fine di consentire la funzionalità degli uffici, pongono in una ingiustificata condizione deteriore i contribuenti interessati dalla proroga per due annualità, poichè il trascorrere del tempo può costituire un legittimo motivo di differenziazione nel trattamento dei cittadini nel caso in cui, come nella fattispecie, proroga e sospensione dei termini non siano disposti egualmente a favore degli uffici e dei contribuenti.Al fine di assicurare l'uniforme interpretazione del diritto comunitario appare necessario operare il rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di Giustizia, al fine di verificare se la corretta interpretazione dei principi sopra indicati osti alla interpretazione del diritto nazionale sopra prospettata.Sussiste, inoltre, la rilevanza e pertinenza della questione interpretativa prospettata nel giudizio in corso e la conseguente necessità della pronuncia della Corte sulla compatibilità della legge nazionale con il diritto comunitario allo scopo di accertare se i principi generali del diritto comunitario si oppongano all'applicazione della normativa nazionale E', inoltre, manifesta la rilevanza della questione sul procedimento in corso (cd "effetto utile"), potendo, nel caso concreto, essere dichiarata la decadenza del diritto azionato dalla Pubblica Amministrazione a favore del contribuente ove venisse accolta dalla Corte la questione interpretativa prospettata; la Commissione pertanto, ritiene di dover sottoporre alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee la questione pregiudiziale di interpretazione,come testualmente enunciata nel dispositivo.Consegue la sospensione del presente giudizio.
Visto l'art. 234 (già art.177) del Trattato istitutivo della Comunità Europea,

PQM
SOSPENDE
il giudizio in corso
DISPONE

la trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee per la soluzione della seguente questione pregiudiziale: " se i principi generali del Trattato e del diritto comune europeo relativi alla effettività e pienezza della tutela giurisdizionale, nonché alla ragionevole durata del procedimento amministrativo da parte di una Pubblica Amministrazione ostino alla applicazione dell' art. 2-octies della l. 1-8-2003, n. 212 (che prevede, "in deroga all'art. 3, comma 3, deal l. 27.7.2000,n. 212, i termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo previsti dall'art. 17, comma 1, lettera a) del D.P.R. 29..1973,n. 602, sono prorogati al 31 dicembre 2005 per le dichiarazioni presentate negli ani 2001 e 2002"), e se sia in contrasto con la normativa comunitaria, la soggezione del cittadino alle pretese fiscali per un tempo eccessivo e più in particolare se sia contrario o meno ai principi del diritto comune europeo la proroga di un termine di decadenza (nella fattispecie per il compimento di un atto interno alla Amministrazione quale la formazione del ruolo), fino a raddoppiarlo, in prossimità della sua scadenza, ove il termine complessivamente considerato sia valutato superiore a quello ragionevole per la definizione del procedimento amministrativo".

DISPONE
a cura della Segreteria l'invio della presente ordinanza alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee in Lussemburgo, e la trasmissione alla stessa di copia delle memorie e dei documenti prodotti dalle parti e della legislazione nazionale concernente la pronuncia pregiudiziale (art 36 bis D.P.R. 29 settembre 1973,n. 600; art. 17, comma 1, lettera a) del D.P.R. 29..1973,n. 602; art. 2-octies della l. 1-8-2003, n. 212, nonché la notifica al Presidente del Consiglio dei Ministri, e la comunicazione ai Presidenti delle Camere del Parlamento della Repubblica ed alle parti.

Illegittima la proroga o riduzione dei termini di prescrizone e decadenza in materia tributaria:la Rimessione alla Corte di Giustizia CE è il rimedio


Illegittimità della proroga o riduzione dei termini di prescrizione e decadenza in materia tributaria: rimedi esperibili - Ordinanze Commissione tributaria provinciale
D. Chindemi (Approfondimento 3/8/2007)


Va evidenziata l'illegittimità, in occasione delle leggi finanziarie, della proroga dei termini di decadenza e prescrizione per gli adempimenti fiscali e tributari da parte della Amministrazione finanziaria o degli Enti locali, in contrasto con lo Statuto dei Diritti del contribuente (art. 3) e la normativa comunitaria, in quanto i termini di prescrizione e decadenza non possono essere modificati da norme successive, durante il maturare del termine, se non per fatti eccezionali e costituiscono una specie di accessorio del diritto, che sorge con la nascita dello stesso.
Esempi di tali sistematiche violazioni da parte del legislatore nazionale sono costituiti dalla legge n. 350/03 (c.d. finanziaria 2004) che al comma 33 dell'articolo 2 ha provveduto a prorogare i termini in tema di controlli ICI per le annualità successive al 1999 o la proroga disposta con L. n. 448/98 degli avvisi di liquidazione Ici essendo entrata in vigore quando i termini per la notifica dell'avviso erano già scaduti ed essendo stata tacitamente abrogata dalla successiva legge di natura generale n. 212/00, terzo e ultimo comma, dell'art. 3, che afferma che "i termini di prescrizione decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati". (1)
Il principio di carattere generale desumibile dal sistema comunitario e dallo Statuto dei diritti del contribuente (art. 3) è che un termine di prescrizione o decadenza maggiore di quello ordinariamente previsto, è inapplicabile, in materia tributaria, allorché l'allungamento del termine decorra in pendenza dell'originario termine non ancora scaduto. (2)
I rimedi a favore del contribuente, nel caso in cui il ricorso all'autotutela non abbia effetti, sono individuabili, in via prioritaria, nella disapplicazione, da parte del giudice tributario, della normativa confliggente con principi del diritto europeo e della Costituzione; in alternativa vengono prospettate le possibilità di sollevare l' eccezione di costituzionalità della normativa confliggente davanti alla Corte Costituzionale ex artt. 134 Cost. e 23 e segg. L. 11.3.1953,n. 87 e il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell'art. 234 del Trattato.
A conclusione dell'articolo lavoro verranno riportati gli schemi dei relativi atti per facilitare il lettore nella stesura dei relativi provvedimenti.
L' eccezione di costituzionalità e il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell'art. 234 del Trattato sono cumulabili tra loro essendo possibile anche da parte del giudice tributario sollevare contestualmente eccezione di Costituzionalità davanti alla Corte Costituzionale italiana ed operare il rinvio pregiudiziale davanti alla Corte di Giustizia.
In via prioritaria il giudice tributario deve disapplicare la normativa confliggente con principi del diritto europeo e della Costituzione; tale rimedio, già affermato dalla Cassazione, evita di dover ricorrere agli altri, maggiormente onerosi per il cittadino-contribuente e consente la immediata trasposizione del diritto comunitario nel diritto interno, in base ai principi ormai consolidati della preminenza del primo sul secondo, sanciti anche dall'art. 10 della Costituzione che stabilisce espressamente che "l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciuto", con possibilità di disapplicazione, come già evidenziato, della normativa statale contrastante con quella comunitaria.
In caso di contrasto della norma con il diritto comunitario o nazionale e con i principi che li regolano la disapplicazione è possibile, prevalendo sempre il primo, in base al principio della preminenza del diritto comunitario sul diritto interno.
La Corte di Cassazione ha affermato che "in tema di efficacia del diritto comunitario, il fondamento della diretta applicazione e della prevalenza delle norme comunitarie su quelle statali si rinviene essenzialmente nell'art.11 della Costituzione, laddove stabilisce che l'Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni. Il contrasto tra norme statali e disciplina comunitaria non dà luogo ad invalidità o alla illegittimità delle prime, ma comporta la loro "non applicazione", che consiste nell'impedire che la norma interna venga in rilievo per la definizione della controversia davanti al giudice nazionale, restando affidata alla Corte di Giustizia di Lussemburgo l'interpretazione del diritto comunitario, del quale le sentenze della Corte precisano autoritariamente il significato, definendone l'ampiezza e il contenuto delle possibilità applicative, senza per questo creare ex novo norme comunitarie". (3)
Il giudice nazionale deve, quindi, disapplicare la norma interna, qualora sia incompatibile col diritto comunitario. (4)
Sono sempre più numerosi gli esempi di disapplicazione di leggi nazionali da parte del giudice italiano per contrasto con la normativa comunitaria. A titolo esemplificativo sono stati disapplicati: 1) il limite di reddito indicato dall'art. 11 Legge 11/8/73 n. 533 ai fini dell'ammissione al gratuito patrocinio, in quanto irrisorio e pertanto in contrasto con i principi fissati dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e con i principi sanciti nella carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea; (5)
2) il d.lg. n. 115 del 1992 che prevede il necessario previo riconoscimento dei titoli professionali conseguiti in altro Stato dell'Unione europea, per contrasto con l'ordinamento comunitario (in caso di specie, si trattava del titolo di Rechtsanwalt conseguito in Germania) per l'esercizio della professione di avvocato; (6)
3) le tariffe forensi per contrasto col Trattato di Roma e utilizzo, in sostituzione, dei criteri previsti dal codice civile per la remunerazione delle prestazioni intellettuali. (7)
Sul piano processuale consegue al principio di preminenza del diritto comunitario sul diritto nazionale il potere-dovere del giudice di disapplicare la norma nazionale contrastante con una norma comunitaria, oltre che con i principi generali del diritto interno anche nel caso in cui il contrasto sia determinato da regole generali dell'ordinamento comunitario, ricavate in sede di interpretazione dell'ordinamento stesso. (8)
Il giudice italiano e la stessa P.A., in sede di autotutela, hanno il dovere-potere di disapplicare le norme interne contrarie all'ordinamento comunitario. (9)
La Commissione tributaria deve, quindi, affermare la decadenza dell'Amministrazione finanziaria nell'operare, ad esempio, la iscrizione a ruolo ex art 36 bis l. cit. disapplicando la norma che allunga i termini di decadenza durante la vigenza degli stessi.
Ove il giudice tributario non voglia disapplicare la normativa nazionale configgente col diritto comunitario può sollevare l' eccezione di costituzionalità della normativa nazionale davanti alla Corte Costituzionale ex artt. 134 Cost. e 23 e segg. L. 11.3.1953, n. 87.Ad esempio sarebbe possibile sollevare la questione di costituzionalità dell'art. 2-octies della l. 1-8-2003, n. 212, per violazione degli art. 3 Cost. (disparità di trattamento tra il diverso termine di decadenza previsto per la rettifica delle dichiarazioni ex art 36 bis per l'iscrizione a ruolo delle dichiarazioni presentate negli anni 2001 e 2002, rispetto a tutte le altre - per l'ingiustificata proroga dei termini di decadenza e per la disparità di trattamento, non giustificata, rispetto ai termini dell'accertamento), dell'art. 10 e 11 Cost. (per la violazione della norma ai principi del Trattato) dell'art. 24 Cost. (violazione del diritto di difesa). In attuazione anche del principio dell'affidamento riconosciuto dallo stesso Statuto dei diritti del contribuente (art. 10), con legge ordinaria e mai con legge speciale, il legislatore può prorogare i termini di prescrizione e decadenza in materia tributaria,ma solo prima del loro inizio e in presenza di eventi di carattere eccezionale che determinano un irregolare funzionamento degli uffici e tra essi non si possono ricomprendere i condoni.In tal caso si verificherebbe una disparità di trattamento tra Amministrazione e contribuente, con un ingiustificato privilegio per l'Amministrazione finanziaria, che ha la possibilità di disporre di un maggior tempo per l'iscrizione a ruolo delle dichiarazioni presentate nel biennio, mentre il contribuente che non può beneficiare di alcuna sospensione dei termini, non essendo condonabili eventuali debiti finanziari conseguenti alla rettifica operata dall'Amministrazione di cui spesso il cittadino non è a conoscenza trattandosi di rettifica operata sul mod. 770 presentato da soggetto diverso dal contribuente, determinandosi una inammissibile diversità di trattamento tra Amministrazione e contribuente stesso, priva di ragionevole giustificazione.Si pone, quindi, il contribuente, a seguito della proroga del termine di decadenza a favore della sola Amministrazione finanziaria, in una ingiustificata condizione deteriore, nel caso in cui proroga e sospensione dei termini non siano disposti egualmente a favore degli uffici e dei contribuenti, con evidente lesione del diritto di uguaglianza e di difesa di questi ultimi.Così come la disorganizzazione degli Uffici non vale a giustificare l'allungamento del termine di ragionevole durata del processo, così anche in materia tributaria, in base ai principi generali già enunciati dalla Corte di Giustizia, la norma che, in forza del condono fiscale, sospende, in via preventiva, i termini degli accertamenti tributari anche con riguardo alle situazioni non condonabili, non può trovare alcuna ragionevole giustificazione, tale non potendosi ritenere i rischi di disservizio dell'Amministrazione finanziaria, senza che analogo beneficio sia concesso al contribuente. Sussistono, pertanto, in tal caso tutti i presupposti per la declaratoria di illegittimità costituzionale di tale proroga.In via cumulatica o alternativa è anche possibile il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell'art. 234 del Trattato C.E. (già art. 177) avendo le pronunce delle Commissioni tributarie natura giurisdizionale come desumibile anche dalla possibilità di proporre ricorso davanti alla Corte di Cassazione.L'organo remittente, indipendentemente dalla denominazione poco felice di "Commissione tributaria", può essere qualificato quale "giudice nazionale", possedendo le caratteristiche di cui all'art. 234 (ex art. 177) del Trattato CE (origine legale dell'organo, -istituito con D.L.gs. 545/1992- carattere permanente - obbligatorietà della sua giurisdizione- natura contraddittoria del procedimen- to disciplinato dal D.L.gs. 546/92- applicazione di norme giuridiche nel risolvere le controversie loro demandate- indipendenza positivamente garantita ) (cfr. sentenze CGCE 2.3.1999 in causa C-416/96 e 4.2.1999 in causa C-103/97).Ai fini del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, quel che rileva è la compatibilità con i principi generali del Diritto Comune Europeo della facoltà per il legislatore di prorogare indiscriminatamente, senza valida ragione o motivazione, i termini di decadenza previsti dalla legge, ad esempio, per l'iscrizione a ruolo delle rettifiche accertate in sede di controllo formale delle dichiarazioni, durante la decorrenza del relativo termine, soprattutto nel caso in cui non trattasi di effettuare verifiche complesse, ma una semplice operazione con procedura automatizzata senza attività istruttoria, verificando anche se una proroga consenta di ritenere superato il ragionevole termine di definizione del procedimento amministrativo, soprattutto nel caso in cui si tratti di una mera fase prodromica del procedimento, non ancora portata a conoscenza del contribuente, a cui deve ancora seguire la notifica della cartella formata a seguito della esecutività del ruolo.Ciascuno Stato deve individuare termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza, nell'interesse della certezza del diritto, a tutela del contribuente e della stessa Amministrazione pubblica, dovendosi ritenere equo un termine di decadenza triennale, che decorra dalla data del pagamento contestato, per le istanze di rimborso dei contribuenti. (10)Il medesimo termine di decadenza, per il rispetto del principio di equivalenza, dovrebbe applicarsi anche all'Amministrazione finanziaria, in relazione ad operazioni di natura semplice, automatizzate, che non richiedano attività istruttorie, ma solamente l'effettuazione di un calcolo che viene effettuato in pochi secondi in via informatica.È, quindi, illegittima la proroga del termine di decadenza per l'iscrizione a ruolo, solamente in relazione ad alcune annualità (ad esempio per le dichiarazioni presentate negli ani 2001 e 2002) e non invece, per le altre, non trovando giustificazione alcuna, non essendo condonabili tali violazioni formali, come pacificamente affermato nelle stesse Circolari dell'Amministrazione finanziaria italiana.Il rinvio pregiudiziale, inoltre può anche essere sollevata d'ufficio dallo stesso giudice nazionale, il quale ritenga la decisione della Corte su tale punto necessaria per emanare la sua sentenza, in quanto l'art. 234 del Trattato Cee, non limita la possibilità di operare il rinvio pregiudiziale alla sola richiesta delle parti del giudizio.
Dott. Domenico Chindemi
(Consigliere della Corte d'Appello di Milano)
___________
(1) Commissione Tributaria Provinciale di Torino, Sezione XXXVI, sentenza n. 20/03; Commissione Tributaria Regionale del Piemonte Sezione n. XXVIII, n. 20/02, Commissione Tributaria Provinciale di Bari. Sezione XVII, n. 47/03; Commissione Tributaria Provinciale di Isernia, Sezione III, n. 51/04.
(2) Cfr. Cass. 23.5.2003, n. 8146.
(3) Cass. 2/03/2005, n. 4466.
(4) La S.C. ha affermato che devono essere disapplicate le norme del diritto interno che impongono, a pena di nullità, l'iscrizione degli agenti e dei "broker" assicurativi nell'apposito ruolo professionale, Cass. 14/10/2004, n. 20275.
(5) App. Roma, 11/04/2002, L. F. c. Condominio Via XXXX.
(6) Trib. Milano, 30/05/2001.
(7) App. Torino, sez. 1, 11/07/1998, n. 791, Pres. Gamba, rel. Converso.
(8) Cass. 15/03/2002, n. 3841.
(9) Cfr Corte di Giustizia, 22 giugno 1989.
(10) Cfr. Corte Giust. 17.11.1998 - XXX Srl in liquidazione contro Amministrazione delle Finanze dello Stato.
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE ( o REGIONALE) DI
(Omissis) ha pronunciato la seguente:
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
residente, via, elettivamente domiciliato in, presso lo studio dell'avv. che lo rappresenta e difende in forza di procura in calce al ricorso
ricorrente
CONTRO
Agenzia delle Entrate-
Ufficio di
controricorrente
AVVERSO
la cartella di pagamento n. (ruolo n. reso esecutivo in data, relativa alla rettifica della liquidazione operata dal sostituto d'imposta sul modello , relativo ai compensi erogati nell'anno, relativa a redditi soggetti a tassazione separata per il periodo d'imposta, a seguito del controllo automatizzato ai sensi dell'art. 36 bis del D.P.R. n. 600/73.
Udita la relazione della causa svolta all'udienza del relatore dott. esaminati gli atti;Ritenuto in fatto e diritto - Il contribuente impugna davanti alla Commissione tributaria la cartella di pagamento emessa dall' Agenzia delle Entrate di, che si è costituita resistendo al ricorso, relativa alla rettifica della liquidazione operata dal sostituto d'imposta sul modello...., relativo ai compensi erogati nell'anno, relativa a redditi soggetti a tassazione separata per il periodo d'imposta assumendo la decadenza della Amministrazione finanziaria dalla notifica della cartella di pagamento e la nullità della cartella stessa per carenza di motivazione- In base al combinato disposto dell'art. 36 bis D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell'art. 17 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, nell'ipotesi di controllo formale delle dichiarazioni dei redditi è prevista l'iscrizione a ruolo, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultino dovuti a seguito della attività di liquidazione;- l'iscrizione a ruolo è un provvedimento interno alla Pubblica Amministrazione, non portato a conoscenza del contribuente se non con la successiva notifica;- per analogia, e in base ai principi generali del diritto comune europeo, il termine ragionevole, sancito dall'art. 111 Cost. in tema di durata del processo, deve anche estendersi al termine per la definizione dei procedimenti di natura amministrativa, sussistendo al medesima "ratio" di definizione, in un tempo ragionevole, della pretesa tributaria della Pubblica Amministrazione, apparendo in contrasto col principio sopra evidenziato, la soggezione del contribuente alle pretese fiscali per un tempo eccessivo neanche conoscibile preventivamente da parte dello stesso contribuente che non ha alcuna notizia della iscrizione a ruolo;- Sussiste, inoltre, evidente disparità di trattamento tra l'ipotesi di controllo formale,disciplinata dall'art. 36 bis citato, oggetto del presente giudizio, e l'ipotesi di accertamento ordinario da parte dell'Ufficio tributario, ex art. 43 D.P.R. 600/73, che deve provvedere, in tale ultimo caso, alla notifica dell'atto al contribuente nel termine tassativo quinquennale, mentre nel caso in esame i termini, (considerati unitariamente quelli di decadenza e prescrizione) sono più lunghi, senza alcuna plausibile ragione, trattandosi di effettuare un semplice controllo formale della dichiarazione; - La cartella impugnata si riferisce, come chiaramente evidenziato nella stessa, alla rettifica della liquidazione operata dal sostituto d'imposta sul modello 770/, relativo ai compensi erogati nell'anno, relativa a redditi soggetti a tassazione separata per il periodo d'imposta - Il termine per l'esecutività del ruolo scadeva,in base a tale normativa, il 31 dicembre......, mentre il ruolo è stato reso esecutivo in data... oltre il termine di decadenza previsto in via generale dalle legge.
- L' art. 2-octies della l. 1-8-2003, n. 212 prevede, "in deroga all'art. 3, comma 3, deal l. 27.7.2000,n. 212, i termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo previsti dall'art. 17, comma 1, lettera a) del D.P.R. 29..1973,n. 602, sono prorogati al 31 dicembre 2005 per le dichiarazioni presentate negli ani 2001 e 2002- nella fattispecie, sembra essere stato superato, con la tale ultima proroga, ogni ragionevole termine di durata del procedimento da parte della Pubblica Amministrazione in quanto il ruolo, relativa all'IRPEF 2000, è stato reso esecutivo in data 23.3.2005 e notificato in epoca successiva. -Tale proroga oltre che contrastante con la normativa comunitaria, che non consente la soggezione del cittadino alle pretese fiscali per un tempo eccessivo, appare anche in contrasto con i principi costituzionali che debbono anche essere interpretati alla luce della normativa Comunitaria in forza dell'espresso richiamo operato dall'art. 10 della Costituzione e alla luce dei principi generali in tema di gerarchia delle fonti;- L'art. 2-octies della l. 1-8-2003, n. 212 che prevede la proroga di un termine di decadenza (nella fattispecie per il compimento di un atto interno alla Amministrazione quale la formazione del ruolo), già prossimo ai limiti della ragionevole durata del procedimento amministrativo, fino a raddoppiarlo, in prossimità della sua scadenza, appare in contrasto con l'art. 3 Cost. (disparità di trattamento tra il diverso termine di decadenza previsto per la rettifica delle dichiarazioni ex art 36 bis per l'iscrizione a ruolo delle dichiarazioni presentate negli anni 2001 e 2002, rispetto a tutte le altre, nonché rispetto a situazioni simili, nonché per la ingiustificata e deteriore disparita di trattamento del cittadino rispetto all'Amministrazione finanziaria), dell'art. 10 Cost. ( per la violazione della norma ai principi del Trattato) dell'art. 24 Cost. (violazione del diritto di difesa). E dell'art. 3 dello Statuto dei diritti del contribuente (art.3 divieto di proroga dei termini di prescrizione e decadenza) - è possibile la proroga dei termini di prescrizione e decadenza solo in presenza di eventi di carattere eccezionale che determinano un irregolare funzionamento degli uffici e tra essi non si possono ricomprendere i condoni che essendo previsti e prevedibili dallo stesso legislatore che li vara, non possono avere tali caratteristiche.
-Si crea, in tal caso, una disparità di trattamento tra Amministrazione e contribuente, con un ingiustificato privilegio per la prima che ha la possibilità di disporre di un maggior tempo per l'iscrizione a ruolo delle dichiarazioni presentate nel biennio citato, mentre nessuna agevolazione viene riconosciuta al contribuente che non può beneficiare di alcuna sospensione dei termini, non essendo condonabili eventuali debiti finanziari conseguenti alla rettifica operata dall'Amministrazione di cui il cittadino non è a conoscenza, come nella fattispecie, trattandosi di rettifica operata sul mod. 770 presentato da soggetto diverso dal contribuente, con conseguente impossibilità anche teorica per lo stesso di poter fare alcuna previsione sui termini di una eventuale rettifica, determinandosi una inammissibile diversità di trattamento priva di ragionevole giustificazione.
La proroga della decadenza del termine a favore della sola Amministrazione finanziaria, al fine di consentire la funzionalità degli uffici, pone, quindi, in una deteriore e ingiustificata condizione i contribuenti, discriminando quelli interessati dalla proroga della decadenza, per le due annualità (2001 e 2002). rispetto a quelli interessati dalle altre annualità per le quali continuano ad applicarsi i termini di decadenza previsti in via generale; - il trascorrere del tempo non può costituire un legittimo motivo di differenziazione nel trattamento dei contribuenti nel caso in cui, come nella fattispecie, proroga e sospensione dei termini non siano disposti egualmente a favore degli Uffici finanziari e dei contribuenti, evidenziandosi la lesione del diritto costituzionalmente garantito della parità di trattamento e del diritto di difesa di questi ultimi. -In base anche ai principi generali già enunciati dalla Corte di Giustizia, così come la disorganizzazione degli Uffici non vale a giustificare l'allungamento del termine di ragionevole durata del processo, così anche in materia tributaria la norma che, nel contesto del condono fiscale previsto dalla stessa legge n. 1-8-2003, n. 212, sospende, in via preventiva i termini degli accertamenti tributari anche con riguardo alle situazioni non condonabili, non può trovare alcuna ragionevole giustificazione nell'esigenza di fronteggiare il sensibile aggravio di lavoro che prevedibilmente sarebbe derivato agli uffici finanziari dalle attività connesse al condono, con conseguenti rischi di carenze organizzative, a meno che non si voglia far ricadere sul cittadino il disservizio della Amministrazione che, anziché essere ritenuta responsabile di tale situazione (imputet sibi) se ne avvantaggerebbe ad onta dei principi costituzionali del buon andamento e funzionalità della Pubblica Amministrazione. - delle disfunzioni della Pubblica Amministrazione, infatti, non può certo essere ritenuto responsabile il cittadino, ma, semmai, la stessa P.A. su cui devono ricadere le conseguenze del disservizio e disordine organizzativo e tali situazioni non possono legittimare l'allungamento, ingiustificato e non ragionevole, dei termini di decadenza del controllo meramente formale delle dichiarazioni dei redditi; - sussistono, pertanto, tutti i presupposti per la declaratoria di illegittimità costituzionale di tale proroga essendo mutate, sotto il profilo costituzionale, le situazioni tutelabili in base alla stessa giurisprudenza comunitaria. La questione, oltre che non manifestamente infondata, appare rilevante in quanto dalla declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 2-octies della l. 1-8-2003, n. 212 deriverebbe l'accoglimento del ricorso del contribuente.

PQM

Visti gli artt 134 Cost., 23 e segg., l. 11.3.1953,n. 87;Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, per violazione degli artt. 3,10 e 24 Cost. la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2-octies della l. 1-8-2003, n. 212 nella parte in cui prevede che "in deroga all'art. 3, comma 3, deal l. 27.7.2000,n. 212, i termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo previsti dall'art. 17, comma 1, lettera a) del D.P.R. 29..1973,n. 602, sono prorogati al 31 dicembre 2005 per le dichiarazioni presentate negli ani 2001 e 2002;Sospende il giudizio in corso fino all'esito del giudizio incidentale di legittimità costituzionale.Dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale; Domanda alla Segreteria per la notificazione della presente ordinanza alle parti costituite, al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche per la comunicazione ai Presidenti delle Camere del Parlamento della Repubblica.

---------------------Schema di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell'art. 234 del Trattato.
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE ( o REGIONALE) di

(Omissis) ha pronunciato la seguente:
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da: , residente a elettivamente domiciliato in -, presso lo studio dell'avv. che lo rappresenta e difende in forza di procura in calce al ricorso ricorrente
CONTRO
Agenzia delle Entrate- Ufficio di, rappresentato e difeso da resistente
AVVERSO
la cartella di pagamento n. (ruolo n. reso esecutivo in data, relativa alla rettifica della liquidazione operata dal sostituto d'imposta sul modello 770/, relativo ai compensi erogati nell'anno, relativa a redditi soggetti a tassazione separata per il periodo d'imposta, a seguito del controllo automatizzato ai sensi dell'art. 36 bis del D.P.R. n. 600/73. Udita la relazione della causa svolta all'udienza del dal Relatore dott. Esaminati gli atti;
Ritenuto in fatto e diritto
Il contribuente impugna davanti alla Commissione tributaria provinciale di la cartella di pagamento emessa dall' Agenzia delle Entrate di, che si è costituita resistendo al ricorso, relativa alla rettifica della liquidazione operata dal sostituto d'imposta sul modello 770/, relativo ai compensi erogati nell'anno, relativa a redditi soggetti a tassazione separata per il periodo d'imposta assumendo la decadenza della Amministrazione finanziaria dalla notifica della cartella di pagamento e la nullità della cartella stessa per carenza di motivazione
Sotto il profilo formale va ritenuto ammissibile il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ai sensi dell'art. 234 del Trattato C.E. avendo le pronunce delle Commissioni tributarie natura giurisdizionale come desumibile anche dalla loro impugnazione davanti alla Corte di Cassazione.Indipendentemente dalla denominazione di "Commissione tributaria" l' organo remittente può essere qualificato quale "giudice nazionale", possedendo le caratteristiche di cui all'art. 234 (ex art 177) del Trattato CE (origine legale dell'organo, -istituito con D.L.gs 545/1992- carattere permanente - obbligatorietà della sua giurisdizione- natura contraddittoria del procedimento disciplinato dal D.L.gs 546/92- applicazione di norme giuridiche nel risolvere le controversie loro demandate- indipendenza positivamente garantita ) (cfr sentenze CGCE 2.3.1999 in causa C-416/96 e 4.2.1999 in causa C-103/97)
Si richiede alla Corte di accertare, preliminarmente la sussistenza, quale principio generale di diritto comunitario, di un termine ragionevole di definizione del procedimento amministrativo in materia tributaria da parte dell'Amministrazione finanziaria, che in Italia è parte del giudizio tributario e se la individuazione di tale termine, pur essendo discrezionale, sia assolutamente libera da parte del legislatore o limitata dai principi di carattere generale di diritto europeo (in particolare del Trattato) che consentono di individuare, quale principio di carattere generale, l' obbligo, per ciascun Stato membro, di stabilire un termine di durata per la definizione del procedimento amministrativo, che sia ragionevole, analogamente al principio di carattere generale enunciato dalla stessa Corte di giustizia in relazione ai tempi di ragionevole durata del processo, il cui termine massimo, per il giudizio civile, è fissato, in linea generale, in tre anni e la cui violazione ha dato origine, per i numerosi ritardi denunciati in sede comunitaria, alla cd. legge Pinto ( l. 24.3.2001,n. 889)
- Nella fattispecie il legislatore italiano ha previsto, per la sola prima parte del procedimento amministrativo di controllo formale delle dichiarazioni, che avviene con procedura automatizzata definito con la formazione del ruolo, un termine molto ampio, ai limiti della ragionevolezza (tre anni).
A tale termine deve poi aggiungersi il termine di notifica delle cartelle, che, allunga notevolmente e per un tempo indefinito, la durata del procedimento, prima che il suo esito possa essere portato effettivamente a conoscenza del contribuente, rispetto all'anno a cui si riferiscono i tributi in contestazione.
Sia la decadenza che la prescrizione producono l'estinzione a seguito del fatto oggettivo del decorso del tempo e il titolare del diritto ha l'onere di esercitare il diritto nel termine prescritto dalla legge, senza potersi avvalere di "escamotage", in contrasto sia con i principi generali del diritto italiano che comunitario, al fine di prolungare a piacimento e, comunque, oltre il termine di legge, la possibilità di far valere il proprio diritto.
I termini di formazione del ruolo e di notifica della cartella devono essere qualificati perentori, in ossequio al principio costituzionalmente garantito del buon andamento e della imparzialità della Amministrazione e considerando come in materia tributaria i termini abbiano la specifica funzione di evitare la incertezza dei rapporti tra Amministrazione e cittadino.
Anche la consolidata giurisprudenza di legittimità italiana afferma, con orientamento costante, la vigenza, nell'ambito del diritto sostanziale, del principio generale della perentorietà dei termini, salva diversa disposizione di legge (cfr Cass. 8.8.1997,n. 6838)
La questione che si intende sottoporre alla Corte concerne la possibilità per il Legislatore di prorogare tale termine, ove la proroga incida, allungandolo, sulla ragionevole del termine di durata del procedimento amministrativo e non sia adeguatamente motivata da circostanze gravi, oggettive e documentate (quali, ad esempio, una calamità naturale che impedisca l'attività degli Uffici finanziari) e, per il principio di reciprocità, analoga sospensione dei termini di pagamento non sia concessa al contribuente,
Occorre quindi valutare da parte della Corte se, nel caso di controllo da parte dell'Amministrazione, ai sensi dell'art. 36 bis l.cit., trattandosi di controllo automatizzato, senza verifiche o attività istruttoria, effettuato con procedure informatiche che ne consentono il disbrigo in pochi secondi per ciascuna pratica, la proroga del termine di cui dell' art. 2-octies della l. 1-8-2003, n. 212 (che prevede, "in deroga all'art. 3, comma 3, deal l. 27.7.2000,n. 212, i termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo previsti dall'art. 17, comma 1, lettera a) del D.P.R. 29..1973,n. 602, sono prorogati al 31 dicembre 2005 per le dichiarazioni presentate negli ani 2001 e 2002") .ed il conseguente raddoppio del termine di decadenza, operato dal legislatore, siano conforme ai principi comunitari già evidenziati.
Più specificamente si intende porre all'attenzione della Corte se i principi generali del Trattato, del diritto comune europee, della Costituzione Europea relativi alla effettività e pienezza della tutela giurisdizionale, nonché alla ragionevole durata del procedimento amministrativo da parte di una Pubblica Amministrazione ostino alla applicazione della norma sopra citata, anche in relazione alla necessità di definizione, in un tempo ragionevole e conoscibile dal contribuente, della pretesa tributaria della Pubblica Amministrazione e se sia in contrasto col principio sopra evidenziato la soggezione del cittadino alle pretese fiscali per un tempo eccessivo e più in particolare se sia contrario o meno al diritto comune europeo la proroga di un termine di decadenza (nella fattispecie per il compimento di un atto interno alla Amministrazione quale la formazione del ruolo) già ai limiti della ragionevole durata del procedimento amministrativo, fino a raddoppiarlo, in prossimità della sua scadenza, ove il termine complessivamente considerato sia valutato superiore a quello ragionevole per la definizione del procedimento amministrativo.
Va anche segnalata all'attenzione della Corte di Giustizia la tecnica legislativa oscura, che raggruppa in pochi articoli centinaia di commi e di disposizioni diverse con evidente difficoltà, se non impossibilità, per il cittadino medio, di venirne a conoscenza.
Al fine di fornire alla Corte utili elementi di conoscenza, si segnala che nella fattispecie la proroga è stata prevista per un arco temporale (due anni), pari al termine di decadenza originariamente previsto (due anni) e non è motivata,
Si richiede anche la valutazione della Corte per determinare se la cattiva organizzazione della Pubblica Amministrazione e, comunque, ritardi imputabili alla stessa possono legittimare l'allungamento, ove ingiustificato e non ragionevole, di termini posti a garanzia di diritti del cittadino, durante la pendenza del relativo termine
La Corte ha, più volte, affermato che ciascuno Stato deve individuare termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza, nell'interesse della certezza del diritto, che tutela nello stesso tempo il contribuente e l'amministrazione interessati, ritenendo equo un termine nazionale di decadenza triennale, che decorra dalla data del pagamento contestato, per le istanze di rimborso dei contribuenti (Sentenza della Corte del 17 novembre 1998-Aprile Srl in liquidazione contro Amministrazione delle Finanze dello Stato.
Il rispetto del principio di equivalenza presuppone che il medesimo termine di decadenza si applichi anche all'Amministrazione finanziaria, in relazione ad operazioni di natura semplice, automatizzate, che non richiedano attività istruttorie, ma solamente l'effettuazione di un calcolo che viene effettuato in pochi secondi in via informatica, come nella fattispecie posta all'attenzione della Corte.
Si evidenzia anche la ingiustificata disparità di trattamento tra Amministrazione e contribuente, con conseguente privilegio per prima che ha la possibilità di disporre di un maggior tempo per l'iscrizione a ruolo delle dichiarazioni presentate nel biennio citato, mentre nessuna agevolazione viene riconosciuta al contribuente che non può beneficiare di alcuna sospensione non essendo condonabili eventuali debiti finanziari conseguenti alla rettifica operata dall'Amministrazione ex art. 36 bis l.cit., di cui spesso il cittadino non è a conoscenza trattandosi di rettifica operata sul dod. 770 presentato da soggetto diverso dal contribuente, determinandosi, in tal modo, una inammissibile diversità di trattamento priva di ragionevole giustificazione.
La proroga della decadenza del termine a favore della sola Amministrazione finanziaria, al fine di consentire la funzionalità degli uffici, pongono in una ingiustificata condizione deteriore i contribuenti interessati dalla proroga per due annualità, poichè il trascorrere del tempo può costituire un legittimo motivo di differenziazione nel trattamento dei cittadini nel caso in cui, come nella fattispecie, proroga e sospensione dei termini non siano disposti egualmente a favore degli uffici e dei contribuenti.Al fine di assicurare l'uniforme interpretazione del diritto comunitario appare necessario operare il rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di Giustizia, al fine di verificare se la corretta interpretazione dei principi sopra indicati osti alla interpretazione del diritto nazionale sopra prospettata.Sussiste, inoltre, la rilevanza e pertinenza della questione interpretativa prospettata nel giudizio in corso e la conseguente necessità della pronuncia della Corte sulla compatibilità della legge nazionale con il diritto comunitario allo scopo di accertare se i principi generali del diritto comunitario si oppongano all'applicazione della normativa nazionale E', inoltre, manifesta la rilevanza della questione sul procedimento in corso (cd "effetto utile"), potendo, nel caso concreto, essere dichiarata la decadenza del diritto azionato dalla Pubblica Amministrazione a favore del contribuente ove venisse accolta dalla Corte la questione interpretativa prospettata; la Commissione pertanto, ritiene di dover sottoporre alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee la questione pregiudiziale di interpretazione,come testualmente enunciata nel dispositivo.Consegue la sospensione del presente giudizio.
Visto l'art. 234 (già art.177) del Trattato istitutivo della Comunità Europea,

PQM
SOSPENDE
il giudizio in corso
DISPONE

la trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee per la soluzione della seguente questione pregiudiziale: " se i principi generali del Trattato e del diritto comune europeo relativi alla effettività e pienezza della tutela giurisdizionale, nonché alla ragionevole durata del procedimento amministrativo da parte di una Pubblica Amministrazione ostino alla applicazione dell' art. 2-octies della l. 1-8-2003, n. 212 (che prevede, "in deroga all'art. 3, comma 3, deal l. 27.7.2000,n. 212, i termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo previsti dall'art. 17, comma 1, lettera a) del D.P.R. 29..1973,n. 602, sono prorogati al 31 dicembre 2005 per le dichiarazioni presentate negli ani 2001 e 2002"), e se sia in contrasto con la normativa comunitaria, la soggezione del cittadino alle pretese fiscali per un tempo eccessivo e più in particolare se sia contrario o meno ai principi del diritto comune europeo la proroga di un termine di decadenza (nella fattispecie per il compimento di un atto interno alla Amministrazione quale la formazione del ruolo), fino a raddoppiarlo, in prossimità della sua scadenza, ove il termine complessivamente considerato sia valutato superiore a quello ragionevole per la definizione del procedimento amministrativo".

DISPONE
a cura della Segreteria l'invio della presente ordinanza alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee in Lussemburgo, e la trasmissione alla stessa di copia delle memorie e dei documenti prodotti dalle parti e della legislazione nazionale concernente la pronuncia pregiudiziale (art 36 bis D.P.R. 29 settembre 1973,n. 600; art. 17, comma 1, lettera a) del D.P.R. 29..1973,n. 602; art. 2-octies della l. 1-8-2003, n. 212, nonché la notifica al Presidente del Consiglio dei Ministri, e la comunicazione ai Presidenti delle Camere del Parlamento della Repubblica ed alle parti.

Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...