martedì 23 dicembre 2008

L'IRAP ed i piccoli professionisti


Irap piccoli professionisti
S. Bottero (Approfondimento 17/10/2008)

La scintilla che ha determinato la presentazione di numerosi ricorsi è stata la sentenza della Corte Costituzionale 21 maggio 2001, n. 156 in cui i giudici considerarono legittimo l'assoggettamento all'IRAP di ogni tipo di attività autonomamente organizzata sia imprenditoriale sia professionale, ma allo stesso tempo evidenziarono la possibilità di attività di lavoro autonomo prive di organizzazione e, quindi, probabili escluse dall'applicazione del tributo.In sostanza, la Corte Costituzionale ha dato il via alla presentazione dei ricorsi da parte di tutti i lavoratori autonomi non operanti tramite una stabile organizzazione.L'Amministrazione finanziaria ha sempre sostenuto in giudizio che l'organizzazione è un elemento presente in ogni attività imprenditoriale o professionale. Nell'ultimo periodo, però, l'Agenzia delle Entrate ha dovuto prendere atto dell'ormai consolidato orientamento della Corte di Cassazione con la circolare 13 giugno 2008, n. 45/E.
Un po' di storia: le tre tesiLa Corte di Cassazione, con la sentenza 7 marzo 2007, n. 3676, ha fornito una ricostruzione puntuale delle tre tesi in merito all'ambito di applicazione dell'IRAP.Secondo la tesi, sostenuta dagli esercenti arti e professioni, essi non sono soggetti passivi di imposta data la prevalenza dell'aspetto professionale su quello organizzativo. L'intuitus personae, ovvero l'importanza del professionista e della sua opera professionale, è talmente rilevante da non consentire allo studio di avere un going concern indipendente nonostante la presenza di un'organizzazione. L'IRAP, pertanto, in base a questo orientamento, non è dovuta.A tale interpretazione, si contrappone la tesi dell'Agenzia delle Entrate secondo cui coloro che svolgono un'arte o una professione, ai sensi dell'art. 49, comma 1, lett. a), D.P.R. n. 917/1986 (T.U.I.R.), sono sempre e comunque soggetti passivi di imposta, nonostante il legislatore abbia inserito l'espressione "autonomamente organizzata" nell'art. 2, D.Lgs. n. 446/1997, istitutivo dell'IRAP. L'inserimento, appena citato, infatti sarebbe solo una conferma di ciò che era già desumibile dalla norma originaria ovvero che sono soggette all'IRAP tutte le attività gestite in proprio e non sotto la direzione o all'interno di una struttura altrui. Per l'Agenzia delle Entrate, quindi, rientrano tra i soggetti obbligati al versamento del tributo tutti i titolari di partita IVA, esclusi i co.co.co. e gli occasionali.Tra i due orientamenti, appena esposti, la Corte di Cassazione ha adottato, come già anticipato, una via intermedia, sostenendo che la risposta deve ricercarsi nel concreto dello svolgimento dell'attività professionale, verificando se il professionista si giovi o meno di un supporto organizzativo.Pertanto, secondo la Corte Suprema, l'espressione "autonoma organizzazione", aggiunta dall'art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 137/1998 all'art. 2, D.Lgs. n. 446/1997, non è ininfluente.L'autonoma organizzazione non esisterebbe per il solo svolgimento di un'attività artistica o professionale, ma bensì per l'esistenza di un apparato distinto dal professionista e composto da beni strumentali e lavoro altrui.Quindi, per la Corte di Cassazione, ad esempio nel caso del medico-pediatra trattato con la pronuncia 16 febbraio 2007, n. 3674, è errato quanto asserito dalla Commissione Tributaria Regionale, ovvero che l'elemento organizzativo viene meno quando l'opera del professionista sia prevalente su capitali e lavoro altrui. Tale ipotesi, infatti, comporterebbe nella maggior parte dei casi la non applicazione dell'IRAP data la tradizionale struttura delle attività professionali costituite in Italia.
Gli elementi da verificareL'esclusione dall'IRAP, secondo i giudici della Corte di Cassazione, non sarebbe giustificata dalla prevalenza della struttura rispetto al lavoro del titolare, ma bensì dalla mancanza di un insieme di fattori generatori di una condizione più favorevole per il professionista.In sostanza, ogni giudice di merito deve valutare caso per caso con un mero accertamento di fatto, cercando di individuare l'eventuale "surplus" che crea valore aggiunto rispetto alla sola attività intellettuale.Due sono gli elementi qualificanti secondo la Corte di Cassazione affinché ci sia un'autonoma organizzazione:· la responsabilità dell'organizzazione;· la presenza di una struttura, composta da uomini e da mezzi, operante al servizio del professionista.La mancanza o la carenza di questi fattori, che il contribuente deve dimostrare, determina l'inapplicabilità dell'IRAP.Sul punto, la Corte di Cassazione, con la sentenza 16 febbraio 2007, n. 3678, afferma che "è il surplus di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed integra il professionista nelle incombenze ordinarie ad essere interessato dall'imposizione che colpisce l'incremento potenziale, o quid pluris, realizzabile rispetto alla produttività autoorganizzata del solo lavoro personale". Inoltre, la sentenza n. 3678/2007 contiene indicazioni per il giudice di merito che deve verificare il quadro RE del modello Unico in cui si determina il reddito di lavoro autonomo ai fini IRPEF, focalizzando la propria attenzione sulla composizione dei costi (righi da 16 a 18).In particolare, le voci di maggiore interesse al fine di valutare l'applicabilità o meno dell'IRAP sono le quote di ammortamento dei beni strumentali, i canoni di locazione finanziaria e non, le spese relative agli immobili, le spese per prestazioni di lavoro dipendente, per le collaborazioni e i compensi elargiti a terzi e gli interessi passivi.Nel caso in cui il giudice, con una valutazione sia logica sia socio-economica, non rilevi la presenza di dipendenti e/o collaboratori o l'impiego di beni strumentali oltre quelli indispensabili alla professione, quali ad esempio il pc o il lettino per le visite, sarà possibile dichiarare l'assenza di una struttura organizzativa e produttiva tassabile ai fini IRAP.
La circolare n. 45/E/2008L'Agenzia delle Entrate con la circolare 13 giugno 2008, n. 45/E ha affermato che, preso atto dell'ormai consolidato orientamento della Corte di Cassazione, non è ulteriormente sostenibile la tesi interpretativa dell'assoggettamento generalizzato all'IRAP degli esercenti arti e professioni. Tale intervento dell'Amministrazione finanziaria, che rappresenta sicuramente un passo avanti a favore del contribuente, si aggiunge alle indicazioni rinvenibili nella circolare del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili 5 giugno 2008, n. 2/IR e nella risposta all'Interrogazione parlamentare 4 giugno 2008, n. 5-00072.Nonostante questi primi segnali positivi oltre alle sentenze della Suprema Corte, l'Agenzia delle Entrate non ha inserito limiti "numerici" così da consentire un'identificazione oggettiva dei professionisti per i quali l'IRAP non è dovuta, ma ha analizzato alcuni concetti.In particolare, nella circolare, l'Agenzia afferma che, ai fini dell'esistenza dell'autonoma organizzazione:· rileva la disponibilità di beni strumentali eccedenti il minimo per lo svolgimento dell'attività, anche qualora non siano acquisiti direttamente, ma da terzi a qualunque titolo;· i beni strumentali, così come indicati, rilevano anche quando il loro costo è stato interamente dedotto.Il test sui beni strumentali è da considerare superato, ai fini della non assoggettabilità all'IRAP, se il professionista ha i requisiti per l'adesione ai regimi dei minimi.Ovviamente, è escluso da IRAP il professionista che ha anche gli altri requisiti previsti dal citato regime, quali per esempio la mancanza di spese sostenute per lavoro dipendente o per collaboratori.Una prima base di valutazione è, pertanto, il regime dei contribuenti minimi. Al di fuori di questa ipotesi, è necessario valutare caso per caso. Per quanto riguarda la fattispecie in esame, pur mancando indicazioni puntuali, è plausibile ritenere che il professionista sia escluso dall'applicazione dell'IRAP in quanto il fatto di lavorare presso terzi senza una propria struttura rappresenta una condizione oggettiva difficilmente contestabile.
Riferimenti normativi- D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2- D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49- Agenzia delle Entrate, Circolare 13 giugno 2008, n. 45/E- Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, Circolare 5 giugno 2008, n. 2/IR- Risposta all'interrogazione parlamentare 4 giugno 2008, n. 5-00072- Corte di Cassazione, sentenza 7 marzo 2007, n. 5258- Corte di Cassazione, sentenze 16 febbraio 2007, dalla n. 3672 alla n. 3682- Corte Costituzionale, sentenza 10 aprile 2002, n. 103- Corte Costituzionale, sentenza 23 luglio 2001, n. 286- Corte Costituzionale, sentenza 21 maggio 2001, n. 156

Simone Bottero
Dottore Commercialista, Revisore Contabile e Pubblicista in Milano

L'IRAP ed i piccoli professionisti


Irap piccoli professionisti
S. Bottero (Approfondimento 17/10/2008)

La scintilla che ha determinato la presentazione di numerosi ricorsi è stata la sentenza della Corte Costituzionale 21 maggio 2001, n. 156 in cui i giudici considerarono legittimo l'assoggettamento all'IRAP di ogni tipo di attività autonomamente organizzata sia imprenditoriale sia professionale, ma allo stesso tempo evidenziarono la possibilità di attività di lavoro autonomo prive di organizzazione e, quindi, probabili escluse dall'applicazione del tributo.In sostanza, la Corte Costituzionale ha dato il via alla presentazione dei ricorsi da parte di tutti i lavoratori autonomi non operanti tramite una stabile organizzazione.L'Amministrazione finanziaria ha sempre sostenuto in giudizio che l'organizzazione è un elemento presente in ogni attività imprenditoriale o professionale. Nell'ultimo periodo, però, l'Agenzia delle Entrate ha dovuto prendere atto dell'ormai consolidato orientamento della Corte di Cassazione con la circolare 13 giugno 2008, n. 45/E.
Un po' di storia: le tre tesiLa Corte di Cassazione, con la sentenza 7 marzo 2007, n. 3676, ha fornito una ricostruzione puntuale delle tre tesi in merito all'ambito di applicazione dell'IRAP.Secondo la tesi, sostenuta dagli esercenti arti e professioni, essi non sono soggetti passivi di imposta data la prevalenza dell'aspetto professionale su quello organizzativo. L'intuitus personae, ovvero l'importanza del professionista e della sua opera professionale, è talmente rilevante da non consentire allo studio di avere un going concern indipendente nonostante la presenza di un'organizzazione. L'IRAP, pertanto, in base a questo orientamento, non è dovuta.A tale interpretazione, si contrappone la tesi dell'Agenzia delle Entrate secondo cui coloro che svolgono un'arte o una professione, ai sensi dell'art. 49, comma 1, lett. a), D.P.R. n. 917/1986 (T.U.I.R.), sono sempre e comunque soggetti passivi di imposta, nonostante il legislatore abbia inserito l'espressione "autonomamente organizzata" nell'art. 2, D.Lgs. n. 446/1997, istitutivo dell'IRAP. L'inserimento, appena citato, infatti sarebbe solo una conferma di ciò che era già desumibile dalla norma originaria ovvero che sono soggette all'IRAP tutte le attività gestite in proprio e non sotto la direzione o all'interno di una struttura altrui. Per l'Agenzia delle Entrate, quindi, rientrano tra i soggetti obbligati al versamento del tributo tutti i titolari di partita IVA, esclusi i co.co.co. e gli occasionali.Tra i due orientamenti, appena esposti, la Corte di Cassazione ha adottato, come già anticipato, una via intermedia, sostenendo che la risposta deve ricercarsi nel concreto dello svolgimento dell'attività professionale, verificando se il professionista si giovi o meno di un supporto organizzativo.Pertanto, secondo la Corte Suprema, l'espressione "autonoma organizzazione", aggiunta dall'art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 137/1998 all'art. 2, D.Lgs. n. 446/1997, non è ininfluente.L'autonoma organizzazione non esisterebbe per il solo svolgimento di un'attività artistica o professionale, ma bensì per l'esistenza di un apparato distinto dal professionista e composto da beni strumentali e lavoro altrui.Quindi, per la Corte di Cassazione, ad esempio nel caso del medico-pediatra trattato con la pronuncia 16 febbraio 2007, n. 3674, è errato quanto asserito dalla Commissione Tributaria Regionale, ovvero che l'elemento organizzativo viene meno quando l'opera del professionista sia prevalente su capitali e lavoro altrui. Tale ipotesi, infatti, comporterebbe nella maggior parte dei casi la non applicazione dell'IRAP data la tradizionale struttura delle attività professionali costituite in Italia.
Gli elementi da verificareL'esclusione dall'IRAP, secondo i giudici della Corte di Cassazione, non sarebbe giustificata dalla prevalenza della struttura rispetto al lavoro del titolare, ma bensì dalla mancanza di un insieme di fattori generatori di una condizione più favorevole per il professionista.In sostanza, ogni giudice di merito deve valutare caso per caso con un mero accertamento di fatto, cercando di individuare l'eventuale "surplus" che crea valore aggiunto rispetto alla sola attività intellettuale.Due sono gli elementi qualificanti secondo la Corte di Cassazione affinché ci sia un'autonoma organizzazione:· la responsabilità dell'organizzazione;· la presenza di una struttura, composta da uomini e da mezzi, operante al servizio del professionista.La mancanza o la carenza di questi fattori, che il contribuente deve dimostrare, determina l'inapplicabilità dell'IRAP.Sul punto, la Corte di Cassazione, con la sentenza 16 febbraio 2007, n. 3678, afferma che "è il surplus di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed integra il professionista nelle incombenze ordinarie ad essere interessato dall'imposizione che colpisce l'incremento potenziale, o quid pluris, realizzabile rispetto alla produttività autoorganizzata del solo lavoro personale". Inoltre, la sentenza n. 3678/2007 contiene indicazioni per il giudice di merito che deve verificare il quadro RE del modello Unico in cui si determina il reddito di lavoro autonomo ai fini IRPEF, focalizzando la propria attenzione sulla composizione dei costi (righi da 16 a 18).In particolare, le voci di maggiore interesse al fine di valutare l'applicabilità o meno dell'IRAP sono le quote di ammortamento dei beni strumentali, i canoni di locazione finanziaria e non, le spese relative agli immobili, le spese per prestazioni di lavoro dipendente, per le collaborazioni e i compensi elargiti a terzi e gli interessi passivi.Nel caso in cui il giudice, con una valutazione sia logica sia socio-economica, non rilevi la presenza di dipendenti e/o collaboratori o l'impiego di beni strumentali oltre quelli indispensabili alla professione, quali ad esempio il pc o il lettino per le visite, sarà possibile dichiarare l'assenza di una struttura organizzativa e produttiva tassabile ai fini IRAP.
La circolare n. 45/E/2008L'Agenzia delle Entrate con la circolare 13 giugno 2008, n. 45/E ha affermato che, preso atto dell'ormai consolidato orientamento della Corte di Cassazione, non è ulteriormente sostenibile la tesi interpretativa dell'assoggettamento generalizzato all'IRAP degli esercenti arti e professioni. Tale intervento dell'Amministrazione finanziaria, che rappresenta sicuramente un passo avanti a favore del contribuente, si aggiunge alle indicazioni rinvenibili nella circolare del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili 5 giugno 2008, n. 2/IR e nella risposta all'Interrogazione parlamentare 4 giugno 2008, n. 5-00072.Nonostante questi primi segnali positivi oltre alle sentenze della Suprema Corte, l'Agenzia delle Entrate non ha inserito limiti "numerici" così da consentire un'identificazione oggettiva dei professionisti per i quali l'IRAP non è dovuta, ma ha analizzato alcuni concetti.In particolare, nella circolare, l'Agenzia afferma che, ai fini dell'esistenza dell'autonoma organizzazione:· rileva la disponibilità di beni strumentali eccedenti il minimo per lo svolgimento dell'attività, anche qualora non siano acquisiti direttamente, ma da terzi a qualunque titolo;· i beni strumentali, così come indicati, rilevano anche quando il loro costo è stato interamente dedotto.Il test sui beni strumentali è da considerare superato, ai fini della non assoggettabilità all'IRAP, se il professionista ha i requisiti per l'adesione ai regimi dei minimi.Ovviamente, è escluso da IRAP il professionista che ha anche gli altri requisiti previsti dal citato regime, quali per esempio la mancanza di spese sostenute per lavoro dipendente o per collaboratori.Una prima base di valutazione è, pertanto, il regime dei contribuenti minimi. Al di fuori di questa ipotesi, è necessario valutare caso per caso. Per quanto riguarda la fattispecie in esame, pur mancando indicazioni puntuali, è plausibile ritenere che il professionista sia escluso dall'applicazione dell'IRAP in quanto il fatto di lavorare presso terzi senza una propria struttura rappresenta una condizione oggettiva difficilmente contestabile.
Riferimenti normativi- D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2- D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49- Agenzia delle Entrate, Circolare 13 giugno 2008, n. 45/E- Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, Circolare 5 giugno 2008, n. 2/IR- Risposta all'interrogazione parlamentare 4 giugno 2008, n. 5-00072- Corte di Cassazione, sentenza 7 marzo 2007, n. 5258- Corte di Cassazione, sentenze 16 febbraio 2007, dalla n. 3672 alla n. 3682- Corte Costituzionale, sentenza 10 aprile 2002, n. 103- Corte Costituzionale, sentenza 23 luglio 2001, n. 286- Corte Costituzionale, sentenza 21 maggio 2001, n. 156

Simone Bottero
Dottore Commercialista, Revisore Contabile e Pubblicista in Milano

Giurisprudenza Amministrativa


Appalti: illegittima l'esclusione dalla gara dell'impresa che non sia costituita sotto forma di società di capitali (Cons. Stato, n. 4242/2008)
R. Corapi (Nota a sentenza 12/12/2008)

Consiglio di Stato, sez. V, 8 settembre 2008, n. 4242
Non può essere vietata la partecipazione alle gare di appalto per la gestione dei servizi pubblici locali ai soggetti costituiti in forma diversa dalla società di capitali, in quanto una disposizione del genere deve ritenersi contraria alle prescrizioni del diritto comunitario. Lo ha chiarito la quinta sezione del Consiglio di stato con la sentenza n. 4242 dell'8 settembre 2008. La fattispecie in esame riguardava il ricorso presentato da un'impresa avverso il provvedimento con cui un'amministrazione comunale l'aveva esclusa dalla procedura di gara per l'affidamento dei servizi di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani, sul presupposto che la stessa, in quanto costituita con la forma giuridica della società in nome collettivo, non fosse abilitata a partecipare alle gare per il cui accesso l'art. 113 del Testo Unico degli enti locali prescrive la forma della società di capitali. A seguito della sentenza di rigetto ottenuta in primo grado, la società decideva di proporre appello, deducendo la violazione dell'art. 113 del Tuel, la violazione della direttiva comunitaria n. 75/442/CEE e l'eccesso di potere per difetto di istruttoria. Dopo aver esaminato la questione i giudici della quinta sezione del Consiglio di stato hanno però deciso di accogliere il primo motivo di appello, rigettando gli altri. Il collegio ha infatti spiegato che il giudice di primo grado aveva respinto il ricorso richiamandosi alla prevalente interpretazione dell'art. 113 del Testo unico degli enti locali, approvato con il d.lgs. n. 267/2000, che prevede il conferimento della titolarità di servizi pubblici locali esclusivamente alle società di capitali e esclude che le società in nome collettivo siano abilitate a ottenere l'affidamento di tali servizi. Nelle more dell'appello era però sopravvenuta la sentenza n. 357 del 18 dicembre 2007 della Corte di giustizia, alla quale il Giudice nazionale è tenuto ad attenersi, e secondo cui, diversamente da quanto in precedenza affermato, alle gare di appalto per l'affidamento della gestione dei servizi pubblici locali deve poter concorrere qualsivoglia soggetto, anche costituito in forma diversa dalla società di capitali. In tale sentenza la Corte Ue ha infatti stabilito che l'art. 26, n. 1 e 2, della direttiva del Consiglio n. 92/50/Ce osta all'applicazione di alcune disposizioni nazionali italiane, come quelle costituite dagli art. 113, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, art. 198, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 e art. 2, comma 6, della legge regionale Lombardia n. 26/2003, che impediscono agli operatori economici di partecipare agli appalti pubblici ove non rivestano la forma giuridica della società di capitali.In questi casi, come evidenziato dalla quinta sezione del Consiglio di stato, quando una norma interna risulti contraria al diritto comunitario, il giudice nazionale è obbligato a fornire un'interpretazione e un'applicazione della stessa conforme alle prescrizioni del diritto comunitario e, qualora ciò non sia possibile, a disapplicare ogni disposizione contraria a tali prescrizioni. In ragione di tali considerazioni bisogna dunque ritenere che il discrimine della forma societaria non operi nei riguardi dell'impresa partecipante a una gara quando la stessa concerna la gestione di un servizio al cui affidamento può concorrere qualsivoglia soggetto, anche costituito in forma diversa dalla società di capitali.

Dott.ssa Rossella Corapircorapi@studiolegaledirago.it

Giurisprudenza Amministrativa


Appalti: illegittima l'esclusione dalla gara dell'impresa che non sia costituita sotto forma di società di capitali (Cons. Stato, n. 4242/2008)
R. Corapi (Nota a sentenza 12/12/2008)

Consiglio di Stato, sez. V, 8 settembre 2008, n. 4242
Non può essere vietata la partecipazione alle gare di appalto per la gestione dei servizi pubblici locali ai soggetti costituiti in forma diversa dalla società di capitali, in quanto una disposizione del genere deve ritenersi contraria alle prescrizioni del diritto comunitario. Lo ha chiarito la quinta sezione del Consiglio di stato con la sentenza n. 4242 dell'8 settembre 2008. La fattispecie in esame riguardava il ricorso presentato da un'impresa avverso il provvedimento con cui un'amministrazione comunale l'aveva esclusa dalla procedura di gara per l'affidamento dei servizi di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani, sul presupposto che la stessa, in quanto costituita con la forma giuridica della società in nome collettivo, non fosse abilitata a partecipare alle gare per il cui accesso l'art. 113 del Testo Unico degli enti locali prescrive la forma della società di capitali. A seguito della sentenza di rigetto ottenuta in primo grado, la società decideva di proporre appello, deducendo la violazione dell'art. 113 del Tuel, la violazione della direttiva comunitaria n. 75/442/CEE e l'eccesso di potere per difetto di istruttoria. Dopo aver esaminato la questione i giudici della quinta sezione del Consiglio di stato hanno però deciso di accogliere il primo motivo di appello, rigettando gli altri. Il collegio ha infatti spiegato che il giudice di primo grado aveva respinto il ricorso richiamandosi alla prevalente interpretazione dell'art. 113 del Testo unico degli enti locali, approvato con il d.lgs. n. 267/2000, che prevede il conferimento della titolarità di servizi pubblici locali esclusivamente alle società di capitali e esclude che le società in nome collettivo siano abilitate a ottenere l'affidamento di tali servizi. Nelle more dell'appello era però sopravvenuta la sentenza n. 357 del 18 dicembre 2007 della Corte di giustizia, alla quale il Giudice nazionale è tenuto ad attenersi, e secondo cui, diversamente da quanto in precedenza affermato, alle gare di appalto per l'affidamento della gestione dei servizi pubblici locali deve poter concorrere qualsivoglia soggetto, anche costituito in forma diversa dalla società di capitali. In tale sentenza la Corte Ue ha infatti stabilito che l'art. 26, n. 1 e 2, della direttiva del Consiglio n. 92/50/Ce osta all'applicazione di alcune disposizioni nazionali italiane, come quelle costituite dagli art. 113, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, art. 198, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 e art. 2, comma 6, della legge regionale Lombardia n. 26/2003, che impediscono agli operatori economici di partecipare agli appalti pubblici ove non rivestano la forma giuridica della società di capitali.In questi casi, come evidenziato dalla quinta sezione del Consiglio di stato, quando una norma interna risulti contraria al diritto comunitario, il giudice nazionale è obbligato a fornire un'interpretazione e un'applicazione della stessa conforme alle prescrizioni del diritto comunitario e, qualora ciò non sia possibile, a disapplicare ogni disposizione contraria a tali prescrizioni. In ragione di tali considerazioni bisogna dunque ritenere che il discrimine della forma societaria non operi nei riguardi dell'impresa partecipante a una gara quando la stessa concerna la gestione di un servizio al cui affidamento può concorrere qualsivoglia soggetto, anche costituito in forma diversa dalla società di capitali.

Dott.ssa Rossella Corapircorapi@studiolegaledirago.it

lunedì 22 dicembre 2008




Controlli sui flussi di denaro nell'Unione Europea: le modifiche alla normativa
Decreto legislativo 19.11.2008 n° 195 , G.U. 13.12.2008

Chiunque entra nel territorio nazionale o ne esce e trasporta denaro contante di importo pari o superiore a 10.000 euro deve dichiarare tale somma all'Agenzia delle dogane.
E' questa una delle novità introdotte dal Decreto Legislativo 19 novembre 2008, n. 195 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 13 dicembre 2008, n. 291 (in attuazione del Regolamento CE 26 ottobre 2005, n. 1889) al fine di contrastare l'introduzione dei proventi di attività illecite nel sistema economico e finanziario, a protezione dello sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche e del corretto funzionamento del mercato interno.
In particolare, le nuove misure sono dirette a individuare, attraverso l'obbligo della dichiarazione, movimenti di denaro contante in entrata nella Comunità europea o in uscita da essa e sono inoltre estese ai movimenti di denaro contante tra l'Italia e gli altri Paesi comunitari.
(Altalex, 15 dicembre 2008)




DECRETO LEGISLATIVO 19 novembre 2008, n. 195
Modifiche ed integrazioni alla normativa in materia valutaria in attuazione del regolamento (CE) n. 1889/2005.
(
GU n. 291 del 13-12-2008)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto il testo unico delle norme in materia valutaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148;
Visto il decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, recante norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica;
Visto il decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, ed in particolare l'articolo 3, relativo all'obbligo di dichiarazione dei trasferimenti al seguito, da e verso l'estero, da parte di residenti e non residenti, di denaro, titoli e valori mobiliari;
Vista la direttiva 91/308/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1991, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' illecite;
Visto il decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 125, recante norme in materia di circolazione transfrontaliera di capitali, in attuazione della direttiva 91/308/CEE;
Visto il decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 153, recante integrazione dell'attuazione della direttiva 91/308/CEE in materia di riciclaggio dei capitali di provenienza illecita;
Vista la direttiva 2001/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2001, recante modifica della direttiva 91/308/CEE del Consiglio relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' illecite;
Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante codice in materia di protezione dei dati personali;Visto il regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comunita' o in uscita dalla stessa;
Vista la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' criminose e di finanziamento del terrorismo;
Visto il decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109, recante misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l'attivita' dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE;
Visto il decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, recante attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' criminose e di finanziamento del terrorismo, nonche' della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione;
Vista la legge 25 febbraio 2008, n. 34, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee (Legge comunitaria 2007), ed in particolare l'articolo 15;
Visto il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 settembre 2008;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 19 novembre 2008;
Sulla proposta del Ministro per le politiche europee e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della giustizia;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
Definizioni
1. Nel presente decreto si intendono per:

a) autorita' competenti: l'Agenzia delle dogane, il Ministero dell'economia e delle finanze, la Unita' di informazione finanziaria e la Guardia di finanza, ciascuna per le competenze individuate nel presente decreto;

b) dati identificativi: il nome e il cognome, il luogo e la data di nascita, la cittadinanza, lo Stato e il comune di residenza, nonche' il codice fiscale o, nel caso di soggetti diversi da persona fisica, la denominazione, la sede legale, il codice fiscale o la partita IVA;

c) denaro contante:

1) le banconote e le monete metalliche aventi corso legale;

2) gli strumenti negoziabili al portatore, compresi gli strumenti monetari emessi al portatore quali traveller's cheque; gli strumenti negoziabili, compresi assegni, effetti all'ordine e mandati di pagamento, emessi al portatore, girati senza restrizioni, a favore di un beneficiario fittizio o emessi altrimenti in forma tale che il relativo titolo passi alla consegna; gli strumenti incompleti, compresi assegni, effetti all'ordine e mandati di pagamento, firmati ma privi del nome del beneficiario;

d) finanziamento del terrorismo: le attivita' definite dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109;

e) riciclaggio: le attivita' definite dall'articolo 2, commi 1, 2 e 3, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, puo' modificare o integrare la lettera c) del comma 1.

Art. 2.
Finalità
1. Le misure di cui al presente decreto sono dirette a contrastare, in attuazione del regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, l'introduzione dei proventi di attivita' illecite nel sistema economico e finanziario, a protezione dello sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attivita' economiche e del corretto funzionamento del mercato interno, nonche' a coordinare la disciplina recata dal predetto regolamento con la normativa di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, al fine di istituire un adeguato sistema di sorveglianza sui movimenti transfrontalieri di denaro contante.

2. Tali misure sono dirette a individuare, attraverso l'obbligo della dichiarazione, movimenti di denaro contante in entrata nella Comunita' europea o in uscita da essa e sono inoltre estese ai movimenti di denaro contante tra l'Italia e gli altri Paesi comunitari.

3. Il sistema di sorveglianza si realizza anche attraverso l'adozione di forme di coordinamento e di scambio di informazioni tra le autorita' competenti, da realizzarsi tramite l'utilizzo di supporti informatici.

4. Le informazioni possono essere raccolte e utilizzate anche per finalita' statistiche nell'ambito delle competenze e secondo le modalita' stabilite dal presente decreto.

Art. 3.
Obbligo di dichiarazione
1. Chiunque entra nel territorio nazionale o ne esce e trasporta denaro contante di importo pari o superiore a 10.000 euro deve dichiarare tale somma all'Agenzia delle dogane. L'obbligo di dichiarazione non e' soddisfatto se le informazioni fornite sono inesatte o incomplete.

2. La dichiarazione, redatta in conformita' al modello allegato al presente decreto puo' essere, in alternativa:a) trasmessa telematicamente, prima dell'attraversamento della frontiera, secondo le modalita' e le specifiche pubblicate nel sito dell'Agenzia delle dogane. Il dichiarante deve recare al seguito copia della dichiarazione e il numero di registrazione attribuito dal sistema telematico doganale;b) consegnata in forma scritta, al momento del passaggio, presso gli uffici doganali di confine o limitrofi, che ne rilasciano copia con attestazione del ricevimento da parte dell'ufficio. Il dichiarante deve recare al seguito copia della dichiarazione con attestazione del ricevimento.

3. Il comma 1 si applica anche a tutti i trasferimenti di denaro contante, da e verso l'estero, effettuati mediante plico postale o equivalente. La dichiarazione, redatta in conformita' al modello allegato al presente decreto, e' consegnata a Poste italiane s.p.a. o ai fornitori di servizi postali ai sensi del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, all'atto della spedizione o nelle 48 ore successive al ricevimento. Nel computo dei termini non si tiene conto dei giorni festivi.

4. Gli uffici postali e i fornitori di servizi postali ai sensi del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, che ricevono la dichiarazione ne rilasciano ricevuta al dichiarante e provvedono alla trasmissione della dichiarazione per via telematica all'Agenzia delle dogane entro sette giorni.

5. Le disposizioni del presente decreto non si applicano ai trasferimenti di vaglia postali o cambiari, ovvero di assegni postali, bancari o circolari, tratti su o emessi da banche o Poste italiane s.p.a. che rechino l'indicazione del nome del beneficiario e la clausola di non trasferibilita'. E' fatta salva l'applicazione dell'articolo 49 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni.

6. Il Ministro dell'economia e delle finanze puo' modificare, con proprio decreto, il modello allegato al presente decreto.

Art. 4.
Poteri di accertamento e di contestazione
1. I funzionari dell'Agenzia delle dogane accertano le violazioni al presente decreto esercitando i poteri e le facolta' attribuiti dal regolamento (CE) n. 450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, dal decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, dall'articolo 32, comma 6, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e dall'articolo 28, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148.2. I militari della Guardia di finanza accertano le violazioni al presente decreto esercitando i poteri e le facolta' attribuiti dal decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, dall'articolo 28, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4, e dalle leggi tributarie laddove applicabili.

3. I militari appartenenti al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza esercitano altresi' i poteri attribuiti dall'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148.

4. Ai fini della contestazione delle violazioni al presente decreto, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, dell'articolo 29 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148.

5. Copia dei verbali di contestazione elevati dagli appartenenti alla Guardia di finanza e' trasmessa all'Agenzia delle dogane.

6. I verbali di contestazione sono conservati in forma nominativa per la durata di dieci anni e sono trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite supporti informatici, entro sette giorni dalla data di contestazione ai fini del procedimento sanzionatorio di cui al presente decreto.7. Qualora nel corso degli accertamenti previsti dal presente articolo emergano fatti e situazioni che potrebbero essere correlati al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, ancorche' le somme di denaro contante al seguito siano inferiori alla soglia fissata all'articolo 3, l'Agenzia delle dogane conserva dette informazioni, nonche' i dati identificativi della persona fisica e i dati relativi al mezzo di trasporto utilizzato, e fornisce tali informazioni e dati all'Unita' di informazione finanziaria per l'adempimento delle proprie funzioni istituzionali.

Art. 5.
Collaborazione e scambio delle informazioni
1. L'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza scambiano le informazioni raccolte ai sensi del presente decreto con le omologhe autorita' di altri Stati membri, qualora emergano fatti e situazioni da cui si evinca che somme di denaro contante sono connesse ad attivita' di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.2. Qualora emergano fatti e situazioni da cui si evinca che somme di denaro contante sono connesse al prodotto di una frode o di qualsiasi altra attivita' illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunita' europea, le informazioni di cui al comma 1 sono trasmesse dall'Agenzia delle dogane e dalla Guardia di finanza alla Commissione europea.3. L'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza scambiano le informazioni raccolte ai sensi del presente decreto con le omologhe autorita' di Paesi terzi, nel quadro della mutua assistenza amministrativa. L'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza comunicano l'avvenuto scambio di informazioni con i Paesi terzi al Ministero dell'economia e delle finanze, che provvede a darne notizia alla Commissione europea, qualora cio' rivesta un interesse particolare per l'attuazione del regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005.4. Gli scambi di informazioni di cui al presente articolo avvengono nel rispetto di quanto stabilito dalle norme nazionali e comunitarie in materia di protezione dei dati personali che disciplinano il trasferimento di dati all'estero e a condizioni di reciprocita', anche per quanto riguarda la riservatezza delle informazioni. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 9, commi 3 e 4, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.
Art. 6.
Sequestro
1. In caso di violazione delle disposizioni previste dall'articolo 3, il denaro contante trasferito o che si tenta di trasferire, di importo pari o superiore a 10.000 euro, e' sequestrato dall'Agenzia delle dogane o dalla Guardia di finanza, con priorita' per banconote e monete aventi corso legale e, nei casi di mancanza o incapienza, per strumenti negoziabili al portatore di facile e pronto realizzo.

2. Il sequestro e' eseguito nel limite del quaranta per cento dell'importo in eccedenza. Il denaro contante sequestrato garantisce con preferenza su ogni altro credito il pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie.

3. Il limite di cui al comma 2 non opera se:

a) l'oggetto del sequestro e' indivisibile;

b) l'autore dei fatti accertati non e' conosciuto;

c) per la natura e l'entita' del denaro contante trasferito o che si tenta di trasferire, il relativo valore in euro non risulta agevolmente determinabile all'atto del sequestro medesimo.4. Nei casi di cui alle lettere b) e c), del comma 3, qualora l'autore dei fatti venga ad essere identificato ovvero quando sia determinato il valore in euro del denaro sequestrato, le somme eccedenti il limite indicato nel comma 2 sono restituite agli aventi diritto.

5. Contro il sequestro gli interessati possono proporre opposizione al Ministero dell'economia e delle finanze entro dieci giorni dalla data di esecuzione del sequestro. Il Ministero dell'economia e delle finanze decide sull'opposizione con ordinanza motivata entro sessanta giorni dalla data di ricevimento dell'opposizione e del relativo atto di contestazione.

6. L'interessato puo' ottenere dal Ministero dell'economia e delle finanze la restituzione del denaro contante sequestrato, previo deposito presso la Tesoreria provinciale dello Stato di una cauzione ovvero previa costituzione di una fideiussione bancaria o assicurativa o rilasciata dagli intermediari finanziari abilitati al rilascio di garanzie nei confronti della pubblica amministrazione. A garanzia del pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria, la cauzione o la fideiussione devono essere di importo pari all'ammontare massimo della sanzione, comprensivo delle spese.

7. Il denaro contante sequestrato ai sensi del presente articolo affluisce al fondo di cui all'articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

8. Alla conclusione del procedimento sanzionatorio il denaro contante sequestrato, nella misura in cui non e' servito per il pagamento delle sanzioni applicate, e' restituito agli aventi diritto che ne facciano istanza entro cinque anni dalla data del sequestro.

Art. 7.
Adempimenti oblatori
1. Il soggetto cui e' stata contestata una violazione puo' chiederne l'estinzione effettuando un pagamento in misura ridotta pari al 5 per cento del denaro contante eccedente la soglia di cui all'articolo 3, e comunque, non inferiore a 200 euro. Il pagamento puo' essere effettuato all'Agenzia delle dogane o alla Guardia di finanza al momento della contestazione, o al Ministero dell'economia e delle finanze con le modalita' di cui al comma 4, entro dieci giorni dalla stessa. Le richieste di pagamento in misura ridotta ricevute dalla Guardia di finanza, con eventuale prova dell'avvenuto pagamento, sono trasmesse all'Agenzia delle dogane.

2. L'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza inviano al Ministero dell'economia e delle finanze, insieme alla copia dell'atto di contestazione, la richiesta di effettuare il pagamento in misura ridotta o, in caso di pagamento contestuale, prova dell'avvenuto versamento.

3. Il pagamento in misura ridotta estingue l'illecito. Nel caso di pagamento contestuale non si procede al sequestro. Qualora il pagamento avvenga nei dieci giorni dalla contestazione, il Ministero dell'economia e delle finanze dispone la restituzione delle somme sequestrate entro dieci giorni dal ricevimento della prova dell'avvenuto pagamento.

4. Le modalita' di versamento delle somme di cui al comma 1 sono determinate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Guardia di finanza e l'Agenzia delle dogane, da adottarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Fino alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, si applicano le modalita' vigenti.

5. E' precluso il pagamento in misura ridotta qualora:

a) l'importo del denaro contante eccedente la soglia di cui all'articolo 3 superi 250.000 euro;

b) il soggetto cui e' stata contestata la violazione si sia gia' avvalso della stessa facolta' oblatoria, relativa alla violazione di cui all'articolo 3, nei trecentosessantacinque giorni antecedenti la ricezione dell'atto di contestazione concernente l'illecito per cui si procede.

6. In mancanza dei requisiti richiesti, l'oblazione non e' valida, ancorche' il pagamento sia stato accettato dall'autorita' che ha effettuato la contestazione. Le somme incamerate sono trattenute a titolo di garanzia e in caso di irrogazione della sanzione sono imputate a titolo di sanzione.

Art. 8.
Istruttoria e provvedimento di irrogazione delle sanzioni
1. Chi non si avvale della facolta' prevista dall'articolo 7 puo' presentare scritti difensivi e documenti al Ministero dell'economia e delle finanze, nonche' chiedere di essere sentito dalla stessa Amministrazione, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell'atto di contestazione.

2. Il Ministero dell'economia e delle finanze, udito il parere della commissione di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 114, determina con decreto motivato la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento.

3. Il decreto di cui al comma 2 e' adottato dal Ministero dell'economia e delle finanze nel termine perentorio di centottanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 1.4. L'Amministrazione ha facolta' di chiedere valutazioni tecniche di organi od enti appositi, che devono provvedere entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta.

5. In caso di richiesta di audizione, ai sensi del comma 1, o in caso di richiesta di valutazioni tecniche, di cui al comma 4, il termine di cui al comma 3 e' prorogato di sessanta giorni.

6. La mancata emanazione del decreto nel termine indicato al comma 3 comporta l'estinzione dell'obbligazione al pagamento delle somme dovute per le violazioni contestate.

7. Contro il decreto puo' essere proposta opposizione davanti al Tribunale del luogo in cui e' stata commessa la violazione, ai sensi ed entro i termini previsti dall'articolo 22 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689. Il giudizio e' regolato dall'articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

8. Il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze che infligge la sanzione pecuniaria ha efficacia di titolo esecutivo. Si applica l'articolo 18, comma 6, della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 9.
Sanzioni
1. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 3 e' punita con la sanzione amministrativa pecuniaria fino al quaranta per cento dell'importo trasferito o che si tenta di trasferire, eccedente la soglia di cui all'articolo 3, con un minimo di 300 euro.2. Ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 1, si applicano l'articolo 23, commi 1 e 3, l'articolo 23-bis e l'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, in quanto compatibili.

Art. 10.
Relazione annuale
1. La Guardia di finanza, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e l'Agenzia delle dogane forniscono al Comitato di sicurezza finanziaria, entro il 30 marzo di ogni anno, relazioni analitiche sulle attivita' rispettivamente svolte per prevenire e accertare le violazioni di cui al presente decreto.

2. Le relazioni di cui al comma 1 debbono contenere, quantomeno, il numero delle violazioni dell'articolo 3, il totale degli atti di contestazione di cui all'articolo 4, l'importo del denaro contante sottoposto a sequestro di cui all'articolo 6, la quantita' delle informazioni oggetto dello scambio di cui all'articolo 5, l'ammontare delle oblazioni di cui all'articolo 7.

3. Il Comitato di sicurezza finanziaria utilizza le informazioni di cui ai commi 1 e 2, al fine della predisposizione della relazione al Ministro dell'economia e delle finanze, prevista dall'articolo 5, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.

4. La relazione di cui al comma 3 e' parte integrante della relazione che il Ministro dell'economia e delle finanze presenta al Parlamento ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.

Art. 11.
Informazioni per finalita' conoscitive e statistiche
1. La Banca d'Italia compila e pubblica le statistiche della bilancia dei pagamenti e della posizione patrimoniale verso l'estero dell'Italia e contribuisce alla compilazione della bilancia dei pagamenti e della posizione patrimoniale verso l'estero dell'Unione europea e dell'area dell'euro. Per finalita' statistiche riguardanti la compilazione della bilancia dei pagamenti e degli altri indicatori monetari e finanziari per l'analisi economica, gli operatori residenti in Italia, come definiti dal regolamento (CE) n. 2533/1998 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sono tenuti a fornire i dati e le notizie necessari nei termini e con le modalita' per la trasmissione stabiliti dalla Banca d'Italia con proprio provvedimento.

2. Ferme restando le disposizioni contenute in leggi speciali, per le finalita' statistiche di cui al comma 1, la Banca d'Italia puo' chiedere notizie e dati alle banche e agli altri intermediari finanziari relativi alla propria attivita'. I termini e le modalita' per la trasmissione delle informazioni raccolte ai sensi del presente comma sono stabiliti con provvedimento della Banca d'Italia.

3. I dati e le notizie di cui ai commi 1 e 2 possono essere acquisiti per le finalita' statistiche di cui al comma 1, anche sulla base di apposite convenzioni, presso amministrazioni, enti e organismi pubblici.

4. Le informazioni e i dati di cui ai commi 1 e 2 sono trattati in conformita' alle disposizioni comunitarie e nazionali in materia di segnalazioni statistiche di bilancia dei pagamenti e nel rispetto di quanto previsto dalla normativa a tutela dei dati personali. Le informazioni e i dati di cui ai commi 1 e 2 sono coperti dal segreto di ufficio fino a quando non sono pubblicati. Il segreto non puo' essere opposto all'autorita' giudiziaria quando le informazioni richieste sono necessarie per le indagini o i procedimenti relativi a violazioni sanzionate penalmente.

5. Per le finalita' statistiche di cui al comma 1 e nel rispetto della normativa a tutela del segreto statistico e delle normative comunitarie e nazionali in materia di protezione dei dati personali, informazioni, dati ed elaborati statistici possono essere forniti dalla Banca d'Italia agli enti del Sistema statistico nazionale, alla Commissione europea, alla Banca centrale europea e alle Banche centrali nazionali del SEBC, ad altri organismi pubblici nazionali e internazionali, nonche', verso rimborso di eventuali costi sostenuti, ad enti di ricerca e ad altri operatori.

6. L'inosservanza della disposizione di cui al comma 1 e' punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecento euro a diecimila euro. I criteri per l'applicazione delle sanzioni sono stabiliti con provvedimento della Banca d'Italia. La Banca d'Italia, contestati gli addebiti e valutate le deduzioni presentate dagli interessati entro novanta giorni dalla data della notifica della lettera di contestazione, tenuto conto del complesso delle informazioni raccolte, applica le sanzioni con provvedimento motivato. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, fatta eccezione per quelle di cui all'articolo 16.

7. Ferme restando le sanzioni applicabili ai sensi di leggi speciali, l'inosservanza della disposizione di cui al comma 2 e' punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecento a euro diecimila. Si applica la procedura di cui all'articolo 145 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.

8. Per l'accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 la Banca d'Italia puo' chiedere la collaborazione di altre autorita'.

Art. 12.
Modifiche a disposizioni normative vigenti
1. Il comma 4 dell'articolo 5 della legge 17 gennaio 2000, n. 7, e' sostituito dal seguente: «4. Il limite d'importo previsto dall'articolo 1, comma 2, della presente legge puo' essere modificato dal Ministro dell'economia e delle finanze con proprio decreto.».

2. Nell'articolo 5 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 125, le parole: «3, comma 1, 5, comma 3, e 5-ter, comma 2,» sono soppresse.

Art. 13.
Norme abrogate
1. Sono abrogati:

a) gli articoli 3, 3-bis, 3-ter, 5, comma 3, e 5-ter del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni;

b) gli articoli 21 e 40 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148;

c) l'articolo 4, comma 5, del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322;

d) gli articoli 4 e 6 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 125.

Art. 14.
Norme di coordinamento
1. All'articolo 5, comma 8-bis, del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni, per: «articolo 3», si intende:«l'articolo 3 del presente decreto» e per: «denaro, titoli e valori mobiliari» si intende: «denaro contante».

2. All'articolo 29, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, per: «articolo 30», si intende:«l'articolo 7 del presente decreto».

3. Per le violazioni dell'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, gia' accertate alla data di entrata in vigore del presente decreto, continuano ad applicarsi le disposizioni del titolo II del medesimo decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148.

4. Per le violazioni dell'articolo 3 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni, gia' accertate alla data di entrata in vigore del presente decreto, continuano ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 5-ter del medesimo decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni.

Art. 15.
Disposizioni finanziarie
1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Le Amministrazioni pubbliche provvedono all'attuazione dei compiti derivanti dalle disposizioni del presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 16.
Entrata in vigore ed efficacia delle disposizioni
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.2. Le disposizioni del presente decreto hanno efficacia dal 1° gennaio 2009.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.

E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi' 19 novembre 2008


NAPOLITANO


Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Ronchi, Ministro per le politiche europee

Tremonti, Ministro dell'economia e delle finanze

Frattini, Ministro degli affari esteri

Alfano, Ministro della giustizia
Visto, il Guardasigilli: Alfano
Allegato
...omissis...




Controlli sui flussi di denaro nell'Unione Europea: le modifiche alla normativa
Decreto legislativo 19.11.2008 n° 195 , G.U. 13.12.2008

Chiunque entra nel territorio nazionale o ne esce e trasporta denaro contante di importo pari o superiore a 10.000 euro deve dichiarare tale somma all'Agenzia delle dogane.
E' questa una delle novità introdotte dal Decreto Legislativo 19 novembre 2008, n. 195 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 13 dicembre 2008, n. 291 (in attuazione del Regolamento CE 26 ottobre 2005, n. 1889) al fine di contrastare l'introduzione dei proventi di attività illecite nel sistema economico e finanziario, a protezione dello sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche e del corretto funzionamento del mercato interno.
In particolare, le nuove misure sono dirette a individuare, attraverso l'obbligo della dichiarazione, movimenti di denaro contante in entrata nella Comunità europea o in uscita da essa e sono inoltre estese ai movimenti di denaro contante tra l'Italia e gli altri Paesi comunitari.
(Altalex, 15 dicembre 2008)




DECRETO LEGISLATIVO 19 novembre 2008, n. 195
Modifiche ed integrazioni alla normativa in materia valutaria in attuazione del regolamento (CE) n. 1889/2005.
(
GU n. 291 del 13-12-2008)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto il testo unico delle norme in materia valutaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148;
Visto il decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, recante norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica;
Visto il decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, ed in particolare l'articolo 3, relativo all'obbligo di dichiarazione dei trasferimenti al seguito, da e verso l'estero, da parte di residenti e non residenti, di denaro, titoli e valori mobiliari;
Vista la direttiva 91/308/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1991, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' illecite;
Visto il decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 125, recante norme in materia di circolazione transfrontaliera di capitali, in attuazione della direttiva 91/308/CEE;
Visto il decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 153, recante integrazione dell'attuazione della direttiva 91/308/CEE in materia di riciclaggio dei capitali di provenienza illecita;
Vista la direttiva 2001/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2001, recante modifica della direttiva 91/308/CEE del Consiglio relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' illecite;
Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante codice in materia di protezione dei dati personali;Visto il regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comunita' o in uscita dalla stessa;
Vista la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' criminose e di finanziamento del terrorismo;
Visto il decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109, recante misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l'attivita' dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE;
Visto il decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, recante attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' criminose e di finanziamento del terrorismo, nonche' della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione;
Vista la legge 25 febbraio 2008, n. 34, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee (Legge comunitaria 2007), ed in particolare l'articolo 15;
Visto il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 settembre 2008;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 19 novembre 2008;
Sulla proposta del Ministro per le politiche europee e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della giustizia;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
Definizioni
1. Nel presente decreto si intendono per:

a) autorita' competenti: l'Agenzia delle dogane, il Ministero dell'economia e delle finanze, la Unita' di informazione finanziaria e la Guardia di finanza, ciascuna per le competenze individuate nel presente decreto;

b) dati identificativi: il nome e il cognome, il luogo e la data di nascita, la cittadinanza, lo Stato e il comune di residenza, nonche' il codice fiscale o, nel caso di soggetti diversi da persona fisica, la denominazione, la sede legale, il codice fiscale o la partita IVA;

c) denaro contante:

1) le banconote e le monete metalliche aventi corso legale;

2) gli strumenti negoziabili al portatore, compresi gli strumenti monetari emessi al portatore quali traveller's cheque; gli strumenti negoziabili, compresi assegni, effetti all'ordine e mandati di pagamento, emessi al portatore, girati senza restrizioni, a favore di un beneficiario fittizio o emessi altrimenti in forma tale che il relativo titolo passi alla consegna; gli strumenti incompleti, compresi assegni, effetti all'ordine e mandati di pagamento, firmati ma privi del nome del beneficiario;

d) finanziamento del terrorismo: le attivita' definite dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109;

e) riciclaggio: le attivita' definite dall'articolo 2, commi 1, 2 e 3, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, puo' modificare o integrare la lettera c) del comma 1.

Art. 2.
Finalità
1. Le misure di cui al presente decreto sono dirette a contrastare, in attuazione del regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, l'introduzione dei proventi di attivita' illecite nel sistema economico e finanziario, a protezione dello sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attivita' economiche e del corretto funzionamento del mercato interno, nonche' a coordinare la disciplina recata dal predetto regolamento con la normativa di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, al fine di istituire un adeguato sistema di sorveglianza sui movimenti transfrontalieri di denaro contante.

2. Tali misure sono dirette a individuare, attraverso l'obbligo della dichiarazione, movimenti di denaro contante in entrata nella Comunita' europea o in uscita da essa e sono inoltre estese ai movimenti di denaro contante tra l'Italia e gli altri Paesi comunitari.

3. Il sistema di sorveglianza si realizza anche attraverso l'adozione di forme di coordinamento e di scambio di informazioni tra le autorita' competenti, da realizzarsi tramite l'utilizzo di supporti informatici.

4. Le informazioni possono essere raccolte e utilizzate anche per finalita' statistiche nell'ambito delle competenze e secondo le modalita' stabilite dal presente decreto.

Art. 3.
Obbligo di dichiarazione
1. Chiunque entra nel territorio nazionale o ne esce e trasporta denaro contante di importo pari o superiore a 10.000 euro deve dichiarare tale somma all'Agenzia delle dogane. L'obbligo di dichiarazione non e' soddisfatto se le informazioni fornite sono inesatte o incomplete.

2. La dichiarazione, redatta in conformita' al modello allegato al presente decreto puo' essere, in alternativa:a) trasmessa telematicamente, prima dell'attraversamento della frontiera, secondo le modalita' e le specifiche pubblicate nel sito dell'Agenzia delle dogane. Il dichiarante deve recare al seguito copia della dichiarazione e il numero di registrazione attribuito dal sistema telematico doganale;b) consegnata in forma scritta, al momento del passaggio, presso gli uffici doganali di confine o limitrofi, che ne rilasciano copia con attestazione del ricevimento da parte dell'ufficio. Il dichiarante deve recare al seguito copia della dichiarazione con attestazione del ricevimento.

3. Il comma 1 si applica anche a tutti i trasferimenti di denaro contante, da e verso l'estero, effettuati mediante plico postale o equivalente. La dichiarazione, redatta in conformita' al modello allegato al presente decreto, e' consegnata a Poste italiane s.p.a. o ai fornitori di servizi postali ai sensi del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, all'atto della spedizione o nelle 48 ore successive al ricevimento. Nel computo dei termini non si tiene conto dei giorni festivi.

4. Gli uffici postali e i fornitori di servizi postali ai sensi del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, che ricevono la dichiarazione ne rilasciano ricevuta al dichiarante e provvedono alla trasmissione della dichiarazione per via telematica all'Agenzia delle dogane entro sette giorni.

5. Le disposizioni del presente decreto non si applicano ai trasferimenti di vaglia postali o cambiari, ovvero di assegni postali, bancari o circolari, tratti su o emessi da banche o Poste italiane s.p.a. che rechino l'indicazione del nome del beneficiario e la clausola di non trasferibilita'. E' fatta salva l'applicazione dell'articolo 49 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni.

6. Il Ministro dell'economia e delle finanze puo' modificare, con proprio decreto, il modello allegato al presente decreto.

Art. 4.
Poteri di accertamento e di contestazione
1. I funzionari dell'Agenzia delle dogane accertano le violazioni al presente decreto esercitando i poteri e le facolta' attribuiti dal regolamento (CE) n. 450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, dal decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, dall'articolo 32, comma 6, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e dall'articolo 28, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148.2. I militari della Guardia di finanza accertano le violazioni al presente decreto esercitando i poteri e le facolta' attribuiti dal decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, dall'articolo 28, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4, e dalle leggi tributarie laddove applicabili.

3. I militari appartenenti al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza esercitano altresi' i poteri attribuiti dall'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148.

4. Ai fini della contestazione delle violazioni al presente decreto, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, dell'articolo 29 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148.

5. Copia dei verbali di contestazione elevati dagli appartenenti alla Guardia di finanza e' trasmessa all'Agenzia delle dogane.

6. I verbali di contestazione sono conservati in forma nominativa per la durata di dieci anni e sono trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite supporti informatici, entro sette giorni dalla data di contestazione ai fini del procedimento sanzionatorio di cui al presente decreto.7. Qualora nel corso degli accertamenti previsti dal presente articolo emergano fatti e situazioni che potrebbero essere correlati al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, ancorche' le somme di denaro contante al seguito siano inferiori alla soglia fissata all'articolo 3, l'Agenzia delle dogane conserva dette informazioni, nonche' i dati identificativi della persona fisica e i dati relativi al mezzo di trasporto utilizzato, e fornisce tali informazioni e dati all'Unita' di informazione finanziaria per l'adempimento delle proprie funzioni istituzionali.

Art. 5.
Collaborazione e scambio delle informazioni
1. L'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza scambiano le informazioni raccolte ai sensi del presente decreto con le omologhe autorita' di altri Stati membri, qualora emergano fatti e situazioni da cui si evinca che somme di denaro contante sono connesse ad attivita' di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.2. Qualora emergano fatti e situazioni da cui si evinca che somme di denaro contante sono connesse al prodotto di una frode o di qualsiasi altra attivita' illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunita' europea, le informazioni di cui al comma 1 sono trasmesse dall'Agenzia delle dogane e dalla Guardia di finanza alla Commissione europea.3. L'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza scambiano le informazioni raccolte ai sensi del presente decreto con le omologhe autorita' di Paesi terzi, nel quadro della mutua assistenza amministrativa. L'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza comunicano l'avvenuto scambio di informazioni con i Paesi terzi al Ministero dell'economia e delle finanze, che provvede a darne notizia alla Commissione europea, qualora cio' rivesta un interesse particolare per l'attuazione del regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005.4. Gli scambi di informazioni di cui al presente articolo avvengono nel rispetto di quanto stabilito dalle norme nazionali e comunitarie in materia di protezione dei dati personali che disciplinano il trasferimento di dati all'estero e a condizioni di reciprocita', anche per quanto riguarda la riservatezza delle informazioni. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 9, commi 3 e 4, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.
Art. 6.
Sequestro
1. In caso di violazione delle disposizioni previste dall'articolo 3, il denaro contante trasferito o che si tenta di trasferire, di importo pari o superiore a 10.000 euro, e' sequestrato dall'Agenzia delle dogane o dalla Guardia di finanza, con priorita' per banconote e monete aventi corso legale e, nei casi di mancanza o incapienza, per strumenti negoziabili al portatore di facile e pronto realizzo.

2. Il sequestro e' eseguito nel limite del quaranta per cento dell'importo in eccedenza. Il denaro contante sequestrato garantisce con preferenza su ogni altro credito il pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie.

3. Il limite di cui al comma 2 non opera se:

a) l'oggetto del sequestro e' indivisibile;

b) l'autore dei fatti accertati non e' conosciuto;

c) per la natura e l'entita' del denaro contante trasferito o che si tenta di trasferire, il relativo valore in euro non risulta agevolmente determinabile all'atto del sequestro medesimo.4. Nei casi di cui alle lettere b) e c), del comma 3, qualora l'autore dei fatti venga ad essere identificato ovvero quando sia determinato il valore in euro del denaro sequestrato, le somme eccedenti il limite indicato nel comma 2 sono restituite agli aventi diritto.

5. Contro il sequestro gli interessati possono proporre opposizione al Ministero dell'economia e delle finanze entro dieci giorni dalla data di esecuzione del sequestro. Il Ministero dell'economia e delle finanze decide sull'opposizione con ordinanza motivata entro sessanta giorni dalla data di ricevimento dell'opposizione e del relativo atto di contestazione.

6. L'interessato puo' ottenere dal Ministero dell'economia e delle finanze la restituzione del denaro contante sequestrato, previo deposito presso la Tesoreria provinciale dello Stato di una cauzione ovvero previa costituzione di una fideiussione bancaria o assicurativa o rilasciata dagli intermediari finanziari abilitati al rilascio di garanzie nei confronti della pubblica amministrazione. A garanzia del pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria, la cauzione o la fideiussione devono essere di importo pari all'ammontare massimo della sanzione, comprensivo delle spese.

7. Il denaro contante sequestrato ai sensi del presente articolo affluisce al fondo di cui all'articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

8. Alla conclusione del procedimento sanzionatorio il denaro contante sequestrato, nella misura in cui non e' servito per il pagamento delle sanzioni applicate, e' restituito agli aventi diritto che ne facciano istanza entro cinque anni dalla data del sequestro.

Art. 7.
Adempimenti oblatori
1. Il soggetto cui e' stata contestata una violazione puo' chiederne l'estinzione effettuando un pagamento in misura ridotta pari al 5 per cento del denaro contante eccedente la soglia di cui all'articolo 3, e comunque, non inferiore a 200 euro. Il pagamento puo' essere effettuato all'Agenzia delle dogane o alla Guardia di finanza al momento della contestazione, o al Ministero dell'economia e delle finanze con le modalita' di cui al comma 4, entro dieci giorni dalla stessa. Le richieste di pagamento in misura ridotta ricevute dalla Guardia di finanza, con eventuale prova dell'avvenuto pagamento, sono trasmesse all'Agenzia delle dogane.

2. L'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza inviano al Ministero dell'economia e delle finanze, insieme alla copia dell'atto di contestazione, la richiesta di effettuare il pagamento in misura ridotta o, in caso di pagamento contestuale, prova dell'avvenuto versamento.

3. Il pagamento in misura ridotta estingue l'illecito. Nel caso di pagamento contestuale non si procede al sequestro. Qualora il pagamento avvenga nei dieci giorni dalla contestazione, il Ministero dell'economia e delle finanze dispone la restituzione delle somme sequestrate entro dieci giorni dal ricevimento della prova dell'avvenuto pagamento.

4. Le modalita' di versamento delle somme di cui al comma 1 sono determinate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Guardia di finanza e l'Agenzia delle dogane, da adottarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Fino alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, si applicano le modalita' vigenti.

5. E' precluso il pagamento in misura ridotta qualora:

a) l'importo del denaro contante eccedente la soglia di cui all'articolo 3 superi 250.000 euro;

b) il soggetto cui e' stata contestata la violazione si sia gia' avvalso della stessa facolta' oblatoria, relativa alla violazione di cui all'articolo 3, nei trecentosessantacinque giorni antecedenti la ricezione dell'atto di contestazione concernente l'illecito per cui si procede.

6. In mancanza dei requisiti richiesti, l'oblazione non e' valida, ancorche' il pagamento sia stato accettato dall'autorita' che ha effettuato la contestazione. Le somme incamerate sono trattenute a titolo di garanzia e in caso di irrogazione della sanzione sono imputate a titolo di sanzione.

Art. 8.
Istruttoria e provvedimento di irrogazione delle sanzioni
1. Chi non si avvale della facolta' prevista dall'articolo 7 puo' presentare scritti difensivi e documenti al Ministero dell'economia e delle finanze, nonche' chiedere di essere sentito dalla stessa Amministrazione, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell'atto di contestazione.

2. Il Ministero dell'economia e delle finanze, udito il parere della commissione di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 114, determina con decreto motivato la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento.

3. Il decreto di cui al comma 2 e' adottato dal Ministero dell'economia e delle finanze nel termine perentorio di centottanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 1.4. L'Amministrazione ha facolta' di chiedere valutazioni tecniche di organi od enti appositi, che devono provvedere entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta.

5. In caso di richiesta di audizione, ai sensi del comma 1, o in caso di richiesta di valutazioni tecniche, di cui al comma 4, il termine di cui al comma 3 e' prorogato di sessanta giorni.

6. La mancata emanazione del decreto nel termine indicato al comma 3 comporta l'estinzione dell'obbligazione al pagamento delle somme dovute per le violazioni contestate.

7. Contro il decreto puo' essere proposta opposizione davanti al Tribunale del luogo in cui e' stata commessa la violazione, ai sensi ed entro i termini previsti dall'articolo 22 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689. Il giudizio e' regolato dall'articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

8. Il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze che infligge la sanzione pecuniaria ha efficacia di titolo esecutivo. Si applica l'articolo 18, comma 6, della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 9.
Sanzioni
1. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 3 e' punita con la sanzione amministrativa pecuniaria fino al quaranta per cento dell'importo trasferito o che si tenta di trasferire, eccedente la soglia di cui all'articolo 3, con un minimo di 300 euro.2. Ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 1, si applicano l'articolo 23, commi 1 e 3, l'articolo 23-bis e l'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, in quanto compatibili.

Art. 10.
Relazione annuale
1. La Guardia di finanza, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e l'Agenzia delle dogane forniscono al Comitato di sicurezza finanziaria, entro il 30 marzo di ogni anno, relazioni analitiche sulle attivita' rispettivamente svolte per prevenire e accertare le violazioni di cui al presente decreto.

2. Le relazioni di cui al comma 1 debbono contenere, quantomeno, il numero delle violazioni dell'articolo 3, il totale degli atti di contestazione di cui all'articolo 4, l'importo del denaro contante sottoposto a sequestro di cui all'articolo 6, la quantita' delle informazioni oggetto dello scambio di cui all'articolo 5, l'ammontare delle oblazioni di cui all'articolo 7.

3. Il Comitato di sicurezza finanziaria utilizza le informazioni di cui ai commi 1 e 2, al fine della predisposizione della relazione al Ministro dell'economia e delle finanze, prevista dall'articolo 5, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.

4. La relazione di cui al comma 3 e' parte integrante della relazione che il Ministro dell'economia e delle finanze presenta al Parlamento ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.

Art. 11.
Informazioni per finalita' conoscitive e statistiche
1. La Banca d'Italia compila e pubblica le statistiche della bilancia dei pagamenti e della posizione patrimoniale verso l'estero dell'Italia e contribuisce alla compilazione della bilancia dei pagamenti e della posizione patrimoniale verso l'estero dell'Unione europea e dell'area dell'euro. Per finalita' statistiche riguardanti la compilazione della bilancia dei pagamenti e degli altri indicatori monetari e finanziari per l'analisi economica, gli operatori residenti in Italia, come definiti dal regolamento (CE) n. 2533/1998 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sono tenuti a fornire i dati e le notizie necessari nei termini e con le modalita' per la trasmissione stabiliti dalla Banca d'Italia con proprio provvedimento.

2. Ferme restando le disposizioni contenute in leggi speciali, per le finalita' statistiche di cui al comma 1, la Banca d'Italia puo' chiedere notizie e dati alle banche e agli altri intermediari finanziari relativi alla propria attivita'. I termini e le modalita' per la trasmissione delle informazioni raccolte ai sensi del presente comma sono stabiliti con provvedimento della Banca d'Italia.

3. I dati e le notizie di cui ai commi 1 e 2 possono essere acquisiti per le finalita' statistiche di cui al comma 1, anche sulla base di apposite convenzioni, presso amministrazioni, enti e organismi pubblici.

4. Le informazioni e i dati di cui ai commi 1 e 2 sono trattati in conformita' alle disposizioni comunitarie e nazionali in materia di segnalazioni statistiche di bilancia dei pagamenti e nel rispetto di quanto previsto dalla normativa a tutela dei dati personali. Le informazioni e i dati di cui ai commi 1 e 2 sono coperti dal segreto di ufficio fino a quando non sono pubblicati. Il segreto non puo' essere opposto all'autorita' giudiziaria quando le informazioni richieste sono necessarie per le indagini o i procedimenti relativi a violazioni sanzionate penalmente.

5. Per le finalita' statistiche di cui al comma 1 e nel rispetto della normativa a tutela del segreto statistico e delle normative comunitarie e nazionali in materia di protezione dei dati personali, informazioni, dati ed elaborati statistici possono essere forniti dalla Banca d'Italia agli enti del Sistema statistico nazionale, alla Commissione europea, alla Banca centrale europea e alle Banche centrali nazionali del SEBC, ad altri organismi pubblici nazionali e internazionali, nonche', verso rimborso di eventuali costi sostenuti, ad enti di ricerca e ad altri operatori.

6. L'inosservanza della disposizione di cui al comma 1 e' punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecento euro a diecimila euro. I criteri per l'applicazione delle sanzioni sono stabiliti con provvedimento della Banca d'Italia. La Banca d'Italia, contestati gli addebiti e valutate le deduzioni presentate dagli interessati entro novanta giorni dalla data della notifica della lettera di contestazione, tenuto conto del complesso delle informazioni raccolte, applica le sanzioni con provvedimento motivato. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, fatta eccezione per quelle di cui all'articolo 16.

7. Ferme restando le sanzioni applicabili ai sensi di leggi speciali, l'inosservanza della disposizione di cui al comma 2 e' punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecento a euro diecimila. Si applica la procedura di cui all'articolo 145 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.

8. Per l'accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 la Banca d'Italia puo' chiedere la collaborazione di altre autorita'.

Art. 12.
Modifiche a disposizioni normative vigenti
1. Il comma 4 dell'articolo 5 della legge 17 gennaio 2000, n. 7, e' sostituito dal seguente: «4. Il limite d'importo previsto dall'articolo 1, comma 2, della presente legge puo' essere modificato dal Ministro dell'economia e delle finanze con proprio decreto.».

2. Nell'articolo 5 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 125, le parole: «3, comma 1, 5, comma 3, e 5-ter, comma 2,» sono soppresse.

Art. 13.
Norme abrogate
1. Sono abrogati:

a) gli articoli 3, 3-bis, 3-ter, 5, comma 3, e 5-ter del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni;

b) gli articoli 21 e 40 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148;

c) l'articolo 4, comma 5, del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322;

d) gli articoli 4 e 6 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 125.

Art. 14.
Norme di coordinamento
1. All'articolo 5, comma 8-bis, del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni, per: «articolo 3», si intende:«l'articolo 3 del presente decreto» e per: «denaro, titoli e valori mobiliari» si intende: «denaro contante».

2. All'articolo 29, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, per: «articolo 30», si intende:«l'articolo 7 del presente decreto».

3. Per le violazioni dell'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, gia' accertate alla data di entrata in vigore del presente decreto, continuano ad applicarsi le disposizioni del titolo II del medesimo decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148.

4. Per le violazioni dell'articolo 3 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni, gia' accertate alla data di entrata in vigore del presente decreto, continuano ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 5-ter del medesimo decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni.

Art. 15.
Disposizioni finanziarie
1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Le Amministrazioni pubbliche provvedono all'attuazione dei compiti derivanti dalle disposizioni del presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 16.
Entrata in vigore ed efficacia delle disposizioni
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.2. Le disposizioni del presente decreto hanno efficacia dal 1° gennaio 2009.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.

E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi' 19 novembre 2008


NAPOLITANO


Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Ronchi, Ministro per le politiche europee

Tremonti, Ministro dell'economia e delle finanze

Frattini, Ministro degli affari esteri

Alfano, Ministro della giustizia
Visto, il Guardasigilli: Alfano
Allegato
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