mercoledì 1 ottobre 2008

I.C.I.: I Giudici del Palazzaccio hanno ribadito che è dovuta anche in relazione ai fabbricati rurali


Tutti i fabbricati rurali pagano il tributo comunale. Questo in sintesi il contenuto delle numerose sentenze con cui la Corte di Cassazione ha chiarito in maniera inequivocabile il principio secondo cui i fabbricati posseduti dalle cooperative agricole, anche se classati in categoria D/10, sono soggetti ad ICI. Principio che, in realtà, coinvolge va oltre il trattamento ICI da riservare ai fabbricati posseduti dalle cooperative agricole, in quanto viene espresso un principio di diritto dirompente, secondo cui tutti i fabbricati rurali pagano il tributo comunale.A tal proposito, è intervenuta l'Anci Emilia Romagna che con la circolare 24 settembre 2008, prot. 117, ha chiarito alcuni concetti fondamentale dell'assoggettabilità all'ICI dei fabbricati rurali. La circolare dell'Anci ha, innanzitutto, evidenziato la normativa in materia ICI che ha condotto i giudici della Suprema Corte a tale conclusione, ed in particolare:
l'art.1, comma 2 del D.Lgs. n.504/1992 individua quale presupposto d'imposta "il possesso di fabbricati (…) a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa"; coerentemente con la natura reale dell'ICI, risulta quindi irrilevante sia la condizione personale del possessore sia l'uso cui è destinato il fabbricato, salve, ovviamente, le deroghe contenute nell'art.7;
l'art.2, comma 1, lettera a) del D.Lgs. n.504/1992 precisa che per "fabbricato si intende l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano";
alla data di entrata in vigore dell'ICI i fabbricati rurali erano esclusi dal campo di applicazione dell'ICI in quanto questi né erano iscritti al catasto edilizio urbano né erano da iscrivere;
la situazione muta con il D.L. 30 dicembre 1993, n.557, con il cui art.9, comma 1, viene istituito il "catasto dei fabbricati", nel quale vanno iscritti, ad opera del Ministero delle finanze, tutti i fabbricati rurali;
successivamente all'entrata in vigore del D.L. 557/1993, il riferimento contenuto nell'art.2 della normativa ICI al catasto edilizio urbano deve intendersi sostituito dal catasto fabbricati; pertanto diventa soggetto ad ICI il fabbricato iscritto o da iscrivere al "catasto dei fabbricati";
la disciplina delle esenzioni ed agevolazioni ICI non può essere ricavata da altre disposizioni tributarie, come quelle regolanti l'imposizione diretta, ma esclusivamente dalla normativa ICI, la quale non prevede alcun regime di favore per i fabbricati rurali;
gli incisi "agli effetti fiscali" e "ai fini fiscali", contenuti nell'art.9, commi 3 e 3 bis del D.L. n. 557/1993, vanno interpretati nel senso che laddove una specifica disposizione fiscale considera rilevante la natura rurale di un fabbricato, la sussistenza della ruralità va verificata secondo i parametri catalogati nei commi 3 e 3 bis citati; come già rilevato, la normativa ICI non considera rilevante la natura rurale del fabbricato;
anche i nuovi requisiti di ruralità previsti dall'art.9, commi 3 e 3 bis del D.L. n.557/1993, a seguito delle modifiche apportate dall'art.42 bis introdotto dalla legge n.222/2007 di conversione del D.L. n.159/2007, non esplicano alcun effetto in tema di ICI, avendo solo ampliato i casi in cui può essere riconosciuta la ruralità ad un fabbricato, con conseguenze dirette solo sulle modalità di accatastamento dei fabbricati.Dalla lettura della normativa l'Ance ha ritenuto incontestabile la conclusione cui è pervenuta la Suprema Corte, evidenziando però la necessità di effettuare ulteriori riflessioni in merito al regime ICI da applicare ai fabbricati rurali (legittimamente) ancora iscritti al catasto terreni, il divieto al rimborso dell'ICI versata dalle cooperative (disposto dalla legge finanziaria per il 2008), la presenza di circolari ministeriali di segno opposto, le indicazioni contenute nelle istruzioni alla compilazione della dichiarazione ICI.Per quanto concerne i fabbricati rurali costruiti o variati a decorrere dal 1998, il D.M. 2 gennaio 1998, n.28, all'art.2, comma 2 prevede che l'abitazione gli altri immobili strumentali all'esercizio dell'attività agricola costituiscono unità immobiliari da denunciare in catasto autonomamente. Per i fabbricati rurali costruiti o variati dall'11 marzo 1998 occorre, quindi, presentare denuncia di accatastamento con rendita proposta (ex art.5 del D.M. n.28/1998). I fabbricati rurali, iscritti o da iscrivere, debbono corrispondere l'ICI, indipendentemente dal fatto che il titolare del fabbricato rurale non sia ancora oggi obbligato a presentare l'accatastamento, dovendo provvedervi, ai sensi dell'art.9, comma 1 del D.L. n.557/1993, direttamente l'Agenzia del Territorio, in quanto si tratta di fabbricati che, proprio per la norma appena citata, sono da iscrivere al catasto fabbricati, a nulla rilevando il soggetto cui compete l'obbligo di effettuare l'iscrizione. Per quanto riguarda il disposto della legge finanziaria per il 2008 secondo cui è vietato il rimborso dell'ICI pagata dalle cooperative agricole, l'Anci ha chiarito che la finanziaria per il 2008 in questo modo voluto arrestare sul nascere un'eventuale contenzioso fondato sulla supposta natura retroattiva delle modifiche apportate alla normativa disciplinante i requisiti di ruralità ad opera dell'art.42 bis del D.L. n.159/2007 e sulla supposta esenzione dell'ICI per i fabbricati rurali.Sulla contrapposizione della circolare del Ministero delle Finanze n.50/E del 20 marzo 2000 e la circolare dell'Agenzia del Territorio n.7/T del 15 giugno 2007, che in sintesi hanno previsto una esclusione dall'ICI per i fabbricati rurali, l'Anci, riprendendo quanto affermato dalla Suprema Corte, ha chiarito che le due circolari esprimono un parere dell'Amministrazione non vincolante né per il contribuente né per il Giudice tributario e che dunque non scalfisce minimamente il concetto secondo cui i fabbricati rurali debbano essere assoggettati ad ICI.Infine, per quanto concerne le indicazioni contenute nelle istruzioni alla compilazione della dichiarazione ICI ed in particolare l'inserimento di un campo per i casi di esclusione, esenzione o ruralità, l'Anci ha fatto presente che diversi sono i casi in cui le istruzioni alla compilazione della dichiarazione ICI hanno fornito delle indicazioni poi smentite dalla giurisprudenza di legittimità e che, dunque, il decreto di approvazione delle istruzioni e del modello di dichiarazione ICI è viziato da eccesso di potere, in quanto tale esenzione ICI non è prevista nella norma primaria
.

I.C.I.: I Giudici del Palazzaccio hanno ribadito che è dovuta anche in relazione ai fabbricati rurali


Tutti i fabbricati rurali pagano il tributo comunale. Questo in sintesi il contenuto delle numerose sentenze con cui la Corte di Cassazione ha chiarito in maniera inequivocabile il principio secondo cui i fabbricati posseduti dalle cooperative agricole, anche se classati in categoria D/10, sono soggetti ad ICI. Principio che, in realtà, coinvolge va oltre il trattamento ICI da riservare ai fabbricati posseduti dalle cooperative agricole, in quanto viene espresso un principio di diritto dirompente, secondo cui tutti i fabbricati rurali pagano il tributo comunale.A tal proposito, è intervenuta l'Anci Emilia Romagna che con la circolare 24 settembre 2008, prot. 117, ha chiarito alcuni concetti fondamentale dell'assoggettabilità all'ICI dei fabbricati rurali. La circolare dell'Anci ha, innanzitutto, evidenziato la normativa in materia ICI che ha condotto i giudici della Suprema Corte a tale conclusione, ed in particolare:
l'art.1, comma 2 del D.Lgs. n.504/1992 individua quale presupposto d'imposta "il possesso di fabbricati (…) a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa"; coerentemente con la natura reale dell'ICI, risulta quindi irrilevante sia la condizione personale del possessore sia l'uso cui è destinato il fabbricato, salve, ovviamente, le deroghe contenute nell'art.7;
l'art.2, comma 1, lettera a) del D.Lgs. n.504/1992 precisa che per "fabbricato si intende l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano";
alla data di entrata in vigore dell'ICI i fabbricati rurali erano esclusi dal campo di applicazione dell'ICI in quanto questi né erano iscritti al catasto edilizio urbano né erano da iscrivere;
la situazione muta con il D.L. 30 dicembre 1993, n.557, con il cui art.9, comma 1, viene istituito il "catasto dei fabbricati", nel quale vanno iscritti, ad opera del Ministero delle finanze, tutti i fabbricati rurali;
successivamente all'entrata in vigore del D.L. 557/1993, il riferimento contenuto nell'art.2 della normativa ICI al catasto edilizio urbano deve intendersi sostituito dal catasto fabbricati; pertanto diventa soggetto ad ICI il fabbricato iscritto o da iscrivere al "catasto dei fabbricati";
la disciplina delle esenzioni ed agevolazioni ICI non può essere ricavata da altre disposizioni tributarie, come quelle regolanti l'imposizione diretta, ma esclusivamente dalla normativa ICI, la quale non prevede alcun regime di favore per i fabbricati rurali;
gli incisi "agli effetti fiscali" e "ai fini fiscali", contenuti nell'art.9, commi 3 e 3 bis del D.L. n. 557/1993, vanno interpretati nel senso che laddove una specifica disposizione fiscale considera rilevante la natura rurale di un fabbricato, la sussistenza della ruralità va verificata secondo i parametri catalogati nei commi 3 e 3 bis citati; come già rilevato, la normativa ICI non considera rilevante la natura rurale del fabbricato;
anche i nuovi requisiti di ruralità previsti dall'art.9, commi 3 e 3 bis del D.L. n.557/1993, a seguito delle modifiche apportate dall'art.42 bis introdotto dalla legge n.222/2007 di conversione del D.L. n.159/2007, non esplicano alcun effetto in tema di ICI, avendo solo ampliato i casi in cui può essere riconosciuta la ruralità ad un fabbricato, con conseguenze dirette solo sulle modalità di accatastamento dei fabbricati.Dalla lettura della normativa l'Ance ha ritenuto incontestabile la conclusione cui è pervenuta la Suprema Corte, evidenziando però la necessità di effettuare ulteriori riflessioni in merito al regime ICI da applicare ai fabbricati rurali (legittimamente) ancora iscritti al catasto terreni, il divieto al rimborso dell'ICI versata dalle cooperative (disposto dalla legge finanziaria per il 2008), la presenza di circolari ministeriali di segno opposto, le indicazioni contenute nelle istruzioni alla compilazione della dichiarazione ICI.Per quanto concerne i fabbricati rurali costruiti o variati a decorrere dal 1998, il D.M. 2 gennaio 1998, n.28, all'art.2, comma 2 prevede che l'abitazione gli altri immobili strumentali all'esercizio dell'attività agricola costituiscono unità immobiliari da denunciare in catasto autonomamente. Per i fabbricati rurali costruiti o variati dall'11 marzo 1998 occorre, quindi, presentare denuncia di accatastamento con rendita proposta (ex art.5 del D.M. n.28/1998). I fabbricati rurali, iscritti o da iscrivere, debbono corrispondere l'ICI, indipendentemente dal fatto che il titolare del fabbricato rurale non sia ancora oggi obbligato a presentare l'accatastamento, dovendo provvedervi, ai sensi dell'art.9, comma 1 del D.L. n.557/1993, direttamente l'Agenzia del Territorio, in quanto si tratta di fabbricati che, proprio per la norma appena citata, sono da iscrivere al catasto fabbricati, a nulla rilevando il soggetto cui compete l'obbligo di effettuare l'iscrizione. Per quanto riguarda il disposto della legge finanziaria per il 2008 secondo cui è vietato il rimborso dell'ICI pagata dalle cooperative agricole, l'Anci ha chiarito che la finanziaria per il 2008 in questo modo voluto arrestare sul nascere un'eventuale contenzioso fondato sulla supposta natura retroattiva delle modifiche apportate alla normativa disciplinante i requisiti di ruralità ad opera dell'art.42 bis del D.L. n.159/2007 e sulla supposta esenzione dell'ICI per i fabbricati rurali.Sulla contrapposizione della circolare del Ministero delle Finanze n.50/E del 20 marzo 2000 e la circolare dell'Agenzia del Territorio n.7/T del 15 giugno 2007, che in sintesi hanno previsto una esclusione dall'ICI per i fabbricati rurali, l'Anci, riprendendo quanto affermato dalla Suprema Corte, ha chiarito che le due circolari esprimono un parere dell'Amministrazione non vincolante né per il contribuente né per il Giudice tributario e che dunque non scalfisce minimamente il concetto secondo cui i fabbricati rurali debbano essere assoggettati ad ICI.Infine, per quanto concerne le indicazioni contenute nelle istruzioni alla compilazione della dichiarazione ICI ed in particolare l'inserimento di un campo per i casi di esclusione, esenzione o ruralità, l'Anci ha fatto presente che diversi sono i casi in cui le istruzioni alla compilazione della dichiarazione ICI hanno fornito delle indicazioni poi smentite dalla giurisprudenza di legittimità e che, dunque, il decreto di approvazione delle istruzioni e del modello di dichiarazione ICI è viziato da eccesso di potere, in quanto tale esenzione ICI non è prevista nella norma primaria
.

Imposta di registro: Edificabilità di fatto e di diritto


Imposta di registro: basta l’edificabilità "di fatto"
Terreni con edificabifita` «di fatto»
Rischio rincari per il Registro

Ai fini dell`imposta di registro va considerata edificabile e quindi di valore maggiore rispetto all`area agricola, sia l`area cosi` qualificata nella pianificazione urbanistica comunale (cosiddetta edificabilita` di ``diritto``) sia l`area che sia ``di fatto`` edificabile, per tale intendendosi quella la cui edificabilita` possa essere ricavata «in modo indiretto dall`esistenza di una situazione concreta da considerare in rapporto a una serie di elementi oggettivi» collegati con lo sviluppo urbanistico della zona.
E` quanto ritenuto dalla Cassazione nella sentenza n. 9131 del 19 aprile 2006, ove e` stata ritenuta edificabile un`area sulla quale era stata eretta una costruzione in modo completamente abusivo.
Il caso. La vicenda ha origine nel 1986 (!) quando viene registrata la compravendita di un`area il cui dichiarato carattere agricolo venne poi contestato dall`amministrazione finanziaria sul presupposto che si sarebbe invece trattato di un suolo edificatorio in zona di sviluppo edilizio a carattere residenziale balneare.
L`edificabilita` ``di fatto``. Secondo la Cassazione, se e` vero che l`abusivita` di una costruzione non e` di per se` idonea a trasformare in edificatoria la natura del terreno su cui sorge, una data area puo` purtuttavia avere una vocazione edificatoria (anche se essa non sia prevista nello strumento urbanistico) in quanto la sua edificabilita` (variamente definibile come ``non programmata``, ``fattuale`` o ``potenziale``) sia evidenziata attraverso la constatazione «di una serie di fatti indici» che sono costituiti, ad esempio: a) dalla vicinanza del centro abitato; b) dallo sviluppo edilizio raggiunto dalle zone adiacenti; c) dall`esistenza di servizi pubblici essenziali; d) dalla presenza di opere di urbanizzazione primaria; e) il collegamento con i centri urbani gia` organizzati.
Insomma dalla esistenza di un qualsiasi altro elemento obiettivo di incidenza sulla destinazione urbanistica.
Le fonti legislative dell`edificabilita` di fatto. D`altronde, secondo la Corte suprema, l`edificabilita` ``di fatto`` e` ben conosciuta nella legislazione vigente, in quanto essa e` presa in considerazione sia nell`ambito della disciplina della base imponibile dell`Ici (articolo 2, comma 1, lettera b del Dlgs 30 dicembre 1992 n. 504) sia al fine della determinazione dell`indennita` di espropriazione (articolo 5-bis, comma 3, legge 8 agosto 1992 n. 359 e articolo 37, comma 5, Dpr 8 giugno 2001 n. 327).
Le conseguenze per l`imposta di registro. La Cassazione ha cosi` ritenuto nel caso specifico di applicare la maggiore imposta di registro prevista per le aree edificabili. Ma la portata della decisione e` assai piu` ampia. Questa sentenza determina infatti molto sconcerto nell`intricatissima vicenda dell`individuazione del concetto di area edificabile.
Occorre ricordare che ai fini Ici e` di recente intervenuto il comma 16 dell`articolo 11-quaterdecies, del Dl n. 203/2005, per il quale si considera comunque edificabile il terreno inserito nel piano regolatore generale indipendentemente dall`adozione dello strumento attuativo. Invece, nell`ultimo intervento della Cassazione in tema di Ici (sentenza 21644 del 16 novembre 2004) si era ritenuto non sufficiente l`inserimento di un`area nel piano regolatore generale poiche` la possibilita` di edificare non e` in tal caso effettiva e concreta.
D`altro lato, ai fini dell`imposta di registro, secondo la Commissione tributaria regionale del Lazio (sezione VIII, sentenza 194 del 23 febbraio 2006) per l`edificabilita` dei terreni non e` indispensabile che sia stato adottato un piano di lottizzazione; ``basta`` che l`area sia qualificata come edificabile nel piano regolatore generale.
A dire il vero, se in campo Ici la legge contempla l`edificabilita` ``di fatto``, nell`ambito del registro l`articolo 52 del Dpr 131/86 si esprime nel senso che sono da ritenere edificabili (e quindi a essi non si applica il sistema dei moltiplicatori ma quello del valore venale) «i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria»: insomma, nell`ambito del registro non sembra esserci spazio per l`edificabilita` ``di fatto``, cio` di cui la Cassazione pare essersi dimenticata.

Imposta di registro: Edificabilità di fatto e di diritto


Imposta di registro: basta l’edificabilità "di fatto"
Terreni con edificabifita` «di fatto»
Rischio rincari per il Registro

Ai fini dell`imposta di registro va considerata edificabile e quindi di valore maggiore rispetto all`area agricola, sia l`area cosi` qualificata nella pianificazione urbanistica comunale (cosiddetta edificabilita` di ``diritto``) sia l`area che sia ``di fatto`` edificabile, per tale intendendosi quella la cui edificabilita` possa essere ricavata «in modo indiretto dall`esistenza di una situazione concreta da considerare in rapporto a una serie di elementi oggettivi» collegati con lo sviluppo urbanistico della zona.
E` quanto ritenuto dalla Cassazione nella sentenza n. 9131 del 19 aprile 2006, ove e` stata ritenuta edificabile un`area sulla quale era stata eretta una costruzione in modo completamente abusivo.
Il caso. La vicenda ha origine nel 1986 (!) quando viene registrata la compravendita di un`area il cui dichiarato carattere agricolo venne poi contestato dall`amministrazione finanziaria sul presupposto che si sarebbe invece trattato di un suolo edificatorio in zona di sviluppo edilizio a carattere residenziale balneare.
L`edificabilita` ``di fatto``. Secondo la Cassazione, se e` vero che l`abusivita` di una costruzione non e` di per se` idonea a trasformare in edificatoria la natura del terreno su cui sorge, una data area puo` purtuttavia avere una vocazione edificatoria (anche se essa non sia prevista nello strumento urbanistico) in quanto la sua edificabilita` (variamente definibile come ``non programmata``, ``fattuale`` o ``potenziale``) sia evidenziata attraverso la constatazione «di una serie di fatti indici» che sono costituiti, ad esempio: a) dalla vicinanza del centro abitato; b) dallo sviluppo edilizio raggiunto dalle zone adiacenti; c) dall`esistenza di servizi pubblici essenziali; d) dalla presenza di opere di urbanizzazione primaria; e) il collegamento con i centri urbani gia` organizzati.
Insomma dalla esistenza di un qualsiasi altro elemento obiettivo di incidenza sulla destinazione urbanistica.
Le fonti legislative dell`edificabilita` di fatto. D`altronde, secondo la Corte suprema, l`edificabilita` ``di fatto`` e` ben conosciuta nella legislazione vigente, in quanto essa e` presa in considerazione sia nell`ambito della disciplina della base imponibile dell`Ici (articolo 2, comma 1, lettera b del Dlgs 30 dicembre 1992 n. 504) sia al fine della determinazione dell`indennita` di espropriazione (articolo 5-bis, comma 3, legge 8 agosto 1992 n. 359 e articolo 37, comma 5, Dpr 8 giugno 2001 n. 327).
Le conseguenze per l`imposta di registro. La Cassazione ha cosi` ritenuto nel caso specifico di applicare la maggiore imposta di registro prevista per le aree edificabili. Ma la portata della decisione e` assai piu` ampia. Questa sentenza determina infatti molto sconcerto nell`intricatissima vicenda dell`individuazione del concetto di area edificabile.
Occorre ricordare che ai fini Ici e` di recente intervenuto il comma 16 dell`articolo 11-quaterdecies, del Dl n. 203/2005, per il quale si considera comunque edificabile il terreno inserito nel piano regolatore generale indipendentemente dall`adozione dello strumento attuativo. Invece, nell`ultimo intervento della Cassazione in tema di Ici (sentenza 21644 del 16 novembre 2004) si era ritenuto non sufficiente l`inserimento di un`area nel piano regolatore generale poiche` la possibilita` di edificare non e` in tal caso effettiva e concreta.
D`altro lato, ai fini dell`imposta di registro, secondo la Commissione tributaria regionale del Lazio (sezione VIII, sentenza 194 del 23 febbraio 2006) per l`edificabilita` dei terreni non e` indispensabile che sia stato adottato un piano di lottizzazione; ``basta`` che l`area sia qualificata come edificabile nel piano regolatore generale.
A dire il vero, se in campo Ici la legge contempla l`edificabilita` ``di fatto``, nell`ambito del registro l`articolo 52 del Dpr 131/86 si esprime nel senso che sono da ritenere edificabili (e quindi a essi non si applica il sistema dei moltiplicatori ma quello del valore venale) «i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria»: insomma, nell`ambito del registro non sembra esserci spazio per l`edificabilita` ``di fatto``, cio` di cui la Cassazione pare essersi dimenticata.

martedì 30 settembre 2008

Giurisprudenza Tributaria: Le pronunce più recenti

ICI - il contribuente può chiedere una diversa classificazione catastale se il classamento non risulta più attuale
Imposta comunale sulla pubblicità - esposizione della targa - è dovuta l'imposta quando la targa è esposta in un luogo aperto al pubblico
Affidamento - E' illegittima l'esclusione di una società in nome collettivo da una procedura di gara per l'affidamento dei servizi di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani a causa del fatto che l'art. 113 del D.Lgs. n. 267 del 2000, prescrive la forma della società di capitali
Servizi pubblici locali - Provincia - Titolarita' responsabilita' servizio idrico e attivita' di gestione - Non sussiste - Possibilita' di impugnare innanzi al g.a. le delibere degli enti locali consorziati - Va esclusa
Impugnativa delle delibere comunali relative alla gestione del servizio idrico integrato
Processo tributario - Prova
Accertamento tributario - Accertamento catastale - Determinazione della rendita catastale
ICI - Rendita catastale - Revisione della rendita proposta oltre i termini previsti dal DM n. 701/1994 - Non perentorietà del termine di un anno
Contenzioso - Giurisdizione - Giudice amministrativo domanda di risarcimento del danno Corte di Cassazione
Decentramento delle funzioni catastali ai comuni
Affidamento - le società miste costituite da enti locali non possono svolgere attività imprenditoriali c.d. extraterritoriali, assumendo il ruolo di esecutori di appalti pubblici indetti da altre stazioni appaltanti pubbliche (diverse dagli enti locali che hanno dato vita alle società miste)
ICI - Detrazione abitazione principale - Classamento dell'unità interessata nella categoria delle abitazioni
Contenzioso - udienza di trattazione - omessa comunicazione - violazione dell'art. 31 del D.Lgs. n. 546/1992 - nullità della sentenza pronunciata dal giudice
ICI - Fabbricati rurali - Cooperative agricole - Classamento dell'immobile - Destinazione industriale o agricola
ICI - Impugnazione della rendita catastale - art. 74 ,comma 2 della legge 21 novembre 2000, n. 342
Società partecipate da regioni ed enti locali - Disciplina ex art.13 decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 - Limitazioni nello svolgimento di attività e nella definizione oggetto sociale - Violazione potestà normativa regionale - Va esclusa - Afferenza all'ordinamento civile e alla tutela della concorrenza - Competenza statale esclusiva - Legittimità costituzionale - Va affermata - Ragioni
Tassa sugli autoveicoli - manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 2, 3 e 5 del d.P.R. n. 39/1953 nonché della tariffa A ad esso allegata, e dell'art. 1 del DM 27 dicembre 1997 (Tariffe delle tasse automobilistiche), sollevata in ordine alla omessa previsione legislativa di un meccanismo atto a determinare la progressività in diminuzione dell'imposta in coerenza con l'asserita riduzione di valore del bene nel tempo
Contenzioso tributario - Art. 70 del Decreto Legislativo 31/12/1992, n. 546 - Manifesta infondatezza - Manifesta inammissibilità
Appalti - Sorte del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione
ICI - La valutazione deve tener conto della diversa possibilità edificatoria

Giurisprudenza Tributaria: Le pronunce più recenti

ICI - il contribuente può chiedere una diversa classificazione catastale se il classamento non risulta più attuale
Imposta comunale sulla pubblicità - esposizione della targa - è dovuta l'imposta quando la targa è esposta in un luogo aperto al pubblico
Affidamento - E' illegittima l'esclusione di una società in nome collettivo da una procedura di gara per l'affidamento dei servizi di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani a causa del fatto che l'art. 113 del D.Lgs. n. 267 del 2000, prescrive la forma della società di capitali
Servizi pubblici locali - Provincia - Titolarita' responsabilita' servizio idrico e attivita' di gestione - Non sussiste - Possibilita' di impugnare innanzi al g.a. le delibere degli enti locali consorziati - Va esclusa
Impugnativa delle delibere comunali relative alla gestione del servizio idrico integrato
Processo tributario - Prova
Accertamento tributario - Accertamento catastale - Determinazione della rendita catastale
ICI - Rendita catastale - Revisione della rendita proposta oltre i termini previsti dal DM n. 701/1994 - Non perentorietà del termine di un anno
Contenzioso - Giurisdizione - Giudice amministrativo domanda di risarcimento del danno Corte di Cassazione
Decentramento delle funzioni catastali ai comuni
Affidamento - le società miste costituite da enti locali non possono svolgere attività imprenditoriali c.d. extraterritoriali, assumendo il ruolo di esecutori di appalti pubblici indetti da altre stazioni appaltanti pubbliche (diverse dagli enti locali che hanno dato vita alle società miste)
ICI - Detrazione abitazione principale - Classamento dell'unità interessata nella categoria delle abitazioni
Contenzioso - udienza di trattazione - omessa comunicazione - violazione dell'art. 31 del D.Lgs. n. 546/1992 - nullità della sentenza pronunciata dal giudice
ICI - Fabbricati rurali - Cooperative agricole - Classamento dell'immobile - Destinazione industriale o agricola
ICI - Impugnazione della rendita catastale - art. 74 ,comma 2 della legge 21 novembre 2000, n. 342
Società partecipate da regioni ed enti locali - Disciplina ex art.13 decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 - Limitazioni nello svolgimento di attività e nella definizione oggetto sociale - Violazione potestà normativa regionale - Va esclusa - Afferenza all'ordinamento civile e alla tutela della concorrenza - Competenza statale esclusiva - Legittimità costituzionale - Va affermata - Ragioni
Tassa sugli autoveicoli - manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 2, 3 e 5 del d.P.R. n. 39/1953 nonché della tariffa A ad esso allegata, e dell'art. 1 del DM 27 dicembre 1997 (Tariffe delle tasse automobilistiche), sollevata in ordine alla omessa previsione legislativa di un meccanismo atto a determinare la progressività in diminuzione dell'imposta in coerenza con l'asserita riduzione di valore del bene nel tempo
Contenzioso tributario - Art. 70 del Decreto Legislativo 31/12/1992, n. 546 - Manifesta infondatezza - Manifesta inammissibilità
Appalti - Sorte del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione
ICI - La valutazione deve tener conto della diversa possibilità edificatoria

lunedì 29 settembre 2008

Accertamento d'Imposta e fatture per operazioni inesistenti: I limiti del giudicato penale

Accertamento di imposte, fatture per operazioni inesistenti, giudicato penale

Cassazione civile , sez. tributaria, sentenza 16.04.2008 n° 9958



Accertamento di imposte – fatture per operazioni inesistenti – giudicato penale di assoluzione – indizio per valutare la capacità contributiva – sussistenza

In tema di accertamento d’imposta, il giudice di merito deve tener conto del giudicato penale che assolve il contribuente dall'accusa di aver effettuato operazioni inesistenti, costituendo tale giudicato penale un valido indizio al fine di determinare la capacità contributiva del soggetto.

(Fonte: Altalex Massimario 31/2008)



SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE V CIVILE

Sentenza 16 aprile 2008, n. 9958

Svolgimento del processo

S.G., commerciante di bestiame, ha proposto opposizione avverso gli avvisi di accertamento per IRPEF - ILOR, relativi alle annualità d'imposta 1991, 1992 e 1993, notificati dall'Ufficio II.DD. di ****, fondati su verbali di constatazione della Guardia di Finanza di Vignola che avevano stabilito a carico del S., oltre al reddito da fabbricati, un reddito d'impresa pari nel 1991 a L. 1.203.625.000 (a fronte di un dichiarato di L.8.737.000), per il 1992 un reddito d'impresa pari a L. 1.550.930.000, (a fronte di un dichiarato di L. 32.039.000) e per l'anno 1993 un reddito di L. 294.232.000 (a fronte di un dichiarato di L. 36.202.000), importi ricavati da fatture d'acquisto per operazioni inesistenti (e quindi indeducibili come costi, ammontanti a L 598.555.879 per il 1991, a L 970.655.660 per il 1992 e a L 166.531.927 per il 1993), da fatture di vendita emesse dal S. e non contabilizzate, da ricavi non contabilizzati emersi dai controlli bancari, e dal ricarico del 10% su presunti acquisti non contabilizzati.

La Commissione Tributaria Provinciale di Modena ha accolto parzialmente i ricorsi, riconoscendo la deducibilità di costi per complessive L. 75.914.000.

La Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia Romagna ha confermato con sentenza 20 dicembre 2001, la sentenza di primo grado disattendendo, come prove inammissibili, le dichiarazioni circa la esistenza di una precedente situazione creditoria nei confronti del S. da parte dei beneficiari degli assegni contestati, prodotti peraltro in copia fotostatica e senza data certa, e non censurabile la discrezionalità amministrativa che aveva presieduto all'applicazione delle sanzioni.

S.G. chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di tre motivi.

L'Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Col primo motivo, adducendo violazione dell'art. 111 Cost., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, e art. 116 c.p.c., e art. 2729 c.c., oltrechè vizio di motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente si duole che non siano state ritenute ammissibili le dichiarazioni dei terzi beneficiari degli assegni, prodotte in sede di risposta al questionario, e quindi facenti parte integrante della documentazione dell'Ufficio, e sia stata ignorato il contenuto della sentenza penale passata in giudicato, che aveva pienamente assolto il contribuente dall'accusa di aver effettuato operazioni oggettivamente inesistenti, avendo constatato che per alcuni anni gli acquisti dei capi di bestiame corrispondevano ad una percentuale dal 50% al 90% delle vendite realizzate, per cui poteva ritenersi che gran parte delle fatture corrispondessero ad operazioni solo soggettivamente inesistenti, cioè provenienti, attraverso la mediazione di persone interposte preposte, come d'uso, negli acquisti dei capi, da soggetti non correttamente indicati.

Col secondo motivo, adducendo violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, e art. 53 Cost., nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente sostiene, sulla base delle considerazioni svolte dal Giudice penale, l'irrazionalità del risultato complessivo dell'accertamento, disancorato dalla capacità contributiva del contribuente accertato, censura sulla quale la Commissione Regionale aveva evitato di esprimersi. Sarebbe inoltre contraddittorio ammettere costi deducibili in ordine ad operazioni ritenute oggettivamente inesistenti. I primi due motivi di ricorso sono fondati nei limiti che saranno appresso indicati.

Con riguardo al primo motivo, pur dovendo correggersi l'espressione usata dalla Commissione Regionale in ordine alla valutazione delle dichiarazioni dei terzi beneficiari degli assegni, prodotte dal contribuente, dichiarazione, valutazione ammissibile sulla base della parità di poteri che devono riconoscersi a tutte le parti processuali (Cass. 4269/2002), va rilevato che la Commissione regionale ha di fatto affermato la inattendibilità di tali dichiarazioni, perchè prive di supporto probatorio adeguato, e tale giudizio non è censurabile in questa sede. Va invece rilevato, con accoglimento delle doglianze del contribuente sotto tale profilo, che è stata dedotta la sopravvenienza, in sede di appello, di un giudicato penale, ovviamente non esaminato dai primi Giudici, il quale non soltanto afferma la inesistenza solo soggettiva delle fatture oggetto della rettifica, ma propone un riscontro contabile, dal quale risulterebbe una sostanziale corrispondenza (dal 50% al 90% nelle varie annualità) fra le vendite e gli acquisti, come riportati nelle fatture contestate.

Ora, considerate le affermazioni del contribuente, sempre dirette a sostenere la tesi successivamente fatta propria dal Giudice penale sulla base dei riscontri contabili - cioè la oggettività degli acquisti fatturati, secondo gli usi, mediante intermediazione, e quindi la probabile falsità dei soli soggetti emittenti i Giudici d'appello non potevano esimersi dal valutare, nel quadro indiziario complessivo(cfr:Cass. 21953/2007), la portata del giudicato penale, per stabilire, proprio in relazione al rapporto acquisti/vendite, se le operazioni commerciali, oggetto delle fatture, siano state effettivamente poste in essere, e quindi stabilire la reale entità dell'imponibile presumibilmente evaso, considerato che, per giustificare altrimenti tale corrispondenza, i verbalizzanti hanno dovuto ipotizzare un poco comprensibile rincaro su presunti ricavi (e per talune annualità, anche sulle vendite) con un'operazione contabile di dubbia efficacia. Ciò in quanto, qualora l'Amministrazione fornisca elementi di prova atti ad affermare la falsità di fatture, in quanto emesse per operazioni inesistenti, e il contribuente offra, anche attraverso la produzione di un giudicato penale, validi indizi in senso contrario o quanto meno nel senso della effettiva realizzazione delle operazioni commerciali, anche se con riferimento a soggetti. non correttamente identificati - il Giudice di merito deve prendere in considerazione il quadro indiziario complessivo, al fine di determinare con la maggior probabilità possibile la disponibilità patrimoniale dell'utilizzatore delle fatture, e i limiti della contestata evasione.

Accolti dunque, per quanto di ragione, i primi due motivi, è fondato e va accolto anche il terzo motivo, col quale il ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 42 e 54, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3 e 12, nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata, che ha affermato di non poter censurare l'entità delle sanzioni - applicate nel massimo senza giustificazione - perchè subordinata alla discrezionalità dell'Amministrazione, evitando anche di riconoscere l'applicabilità di un'unica sanzione pecuniaria, (eventualmente aumentata fino al doppio), in relazioni ad una pluralità di violazioni commesse in periodi di imposta diversi, secondo quanto disposto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, applicabile retroattivamente.

La doglianza è infatti fondata sulla base della giurisprudenza di questa Corte (Cass. 2609/2000) che ha affermato il principio dell'applicazione retroattiva della legge più favorevole, di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, con la conseguenza che è obbligatorio, e non discrezionale, il cumulo giuridico di sanzioni relative a violazioni riguardanti anche: periodi diversi.

Accolto pertanto complessivamente il ricorso per quanto di ragione, gli atti vanno rimessi per una nuova valutazione da compiersi secondo quanto sopra esposto, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna, che liquiderà anche le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata in relazione a quanto accolto, e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2008.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2008.

Accertamento d'Imposta e fatture per operazioni inesistenti: I limiti del giudicato penale

Accertamento di imposte, fatture per operazioni inesistenti, giudicato penale

Cassazione civile , sez. tributaria, sentenza 16.04.2008 n° 9958



Accertamento di imposte – fatture per operazioni inesistenti – giudicato penale di assoluzione – indizio per valutare la capacità contributiva – sussistenza

In tema di accertamento d’imposta, il giudice di merito deve tener conto del giudicato penale che assolve il contribuente dall'accusa di aver effettuato operazioni inesistenti, costituendo tale giudicato penale un valido indizio al fine di determinare la capacità contributiva del soggetto.

(Fonte: Altalex Massimario 31/2008)



SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE V CIVILE

Sentenza 16 aprile 2008, n. 9958

Svolgimento del processo

S.G., commerciante di bestiame, ha proposto opposizione avverso gli avvisi di accertamento per IRPEF - ILOR, relativi alle annualità d'imposta 1991, 1992 e 1993, notificati dall'Ufficio II.DD. di ****, fondati su verbali di constatazione della Guardia di Finanza di Vignola che avevano stabilito a carico del S., oltre al reddito da fabbricati, un reddito d'impresa pari nel 1991 a L. 1.203.625.000 (a fronte di un dichiarato di L.8.737.000), per il 1992 un reddito d'impresa pari a L. 1.550.930.000, (a fronte di un dichiarato di L. 32.039.000) e per l'anno 1993 un reddito di L. 294.232.000 (a fronte di un dichiarato di L. 36.202.000), importi ricavati da fatture d'acquisto per operazioni inesistenti (e quindi indeducibili come costi, ammontanti a L 598.555.879 per il 1991, a L 970.655.660 per il 1992 e a L 166.531.927 per il 1993), da fatture di vendita emesse dal S. e non contabilizzate, da ricavi non contabilizzati emersi dai controlli bancari, e dal ricarico del 10% su presunti acquisti non contabilizzati.

La Commissione Tributaria Provinciale di Modena ha accolto parzialmente i ricorsi, riconoscendo la deducibilità di costi per complessive L. 75.914.000.

La Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia Romagna ha confermato con sentenza 20 dicembre 2001, la sentenza di primo grado disattendendo, come prove inammissibili, le dichiarazioni circa la esistenza di una precedente situazione creditoria nei confronti del S. da parte dei beneficiari degli assegni contestati, prodotti peraltro in copia fotostatica e senza data certa, e non censurabile la discrezionalità amministrativa che aveva presieduto all'applicazione delle sanzioni.

S.G. chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di tre motivi.

L'Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Col primo motivo, adducendo violazione dell'art. 111 Cost., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, e art. 116 c.p.c., e art. 2729 c.c., oltrechè vizio di motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente si duole che non siano state ritenute ammissibili le dichiarazioni dei terzi beneficiari degli assegni, prodotte in sede di risposta al questionario, e quindi facenti parte integrante della documentazione dell'Ufficio, e sia stata ignorato il contenuto della sentenza penale passata in giudicato, che aveva pienamente assolto il contribuente dall'accusa di aver effettuato operazioni oggettivamente inesistenti, avendo constatato che per alcuni anni gli acquisti dei capi di bestiame corrispondevano ad una percentuale dal 50% al 90% delle vendite realizzate, per cui poteva ritenersi che gran parte delle fatture corrispondessero ad operazioni solo soggettivamente inesistenti, cioè provenienti, attraverso la mediazione di persone interposte preposte, come d'uso, negli acquisti dei capi, da soggetti non correttamente indicati.

Col secondo motivo, adducendo violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, e art. 53 Cost., nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente sostiene, sulla base delle considerazioni svolte dal Giudice penale, l'irrazionalità del risultato complessivo dell'accertamento, disancorato dalla capacità contributiva del contribuente accertato, censura sulla quale la Commissione Regionale aveva evitato di esprimersi. Sarebbe inoltre contraddittorio ammettere costi deducibili in ordine ad operazioni ritenute oggettivamente inesistenti. I primi due motivi di ricorso sono fondati nei limiti che saranno appresso indicati.

Con riguardo al primo motivo, pur dovendo correggersi l'espressione usata dalla Commissione Regionale in ordine alla valutazione delle dichiarazioni dei terzi beneficiari degli assegni, prodotte dal contribuente, dichiarazione, valutazione ammissibile sulla base della parità di poteri che devono riconoscersi a tutte le parti processuali (Cass. 4269/2002), va rilevato che la Commissione regionale ha di fatto affermato la inattendibilità di tali dichiarazioni, perchè prive di supporto probatorio adeguato, e tale giudizio non è censurabile in questa sede. Va invece rilevato, con accoglimento delle doglianze del contribuente sotto tale profilo, che è stata dedotta la sopravvenienza, in sede di appello, di un giudicato penale, ovviamente non esaminato dai primi Giudici, il quale non soltanto afferma la inesistenza solo soggettiva delle fatture oggetto della rettifica, ma propone un riscontro contabile, dal quale risulterebbe una sostanziale corrispondenza (dal 50% al 90% nelle varie annualità) fra le vendite e gli acquisti, come riportati nelle fatture contestate.

Ora, considerate le affermazioni del contribuente, sempre dirette a sostenere la tesi successivamente fatta propria dal Giudice penale sulla base dei riscontri contabili - cioè la oggettività degli acquisti fatturati, secondo gli usi, mediante intermediazione, e quindi la probabile falsità dei soli soggetti emittenti i Giudici d'appello non potevano esimersi dal valutare, nel quadro indiziario complessivo(cfr:Cass. 21953/2007), la portata del giudicato penale, per stabilire, proprio in relazione al rapporto acquisti/vendite, se le operazioni commerciali, oggetto delle fatture, siano state effettivamente poste in essere, e quindi stabilire la reale entità dell'imponibile presumibilmente evaso, considerato che, per giustificare altrimenti tale corrispondenza, i verbalizzanti hanno dovuto ipotizzare un poco comprensibile rincaro su presunti ricavi (e per talune annualità, anche sulle vendite) con un'operazione contabile di dubbia efficacia. Ciò in quanto, qualora l'Amministrazione fornisca elementi di prova atti ad affermare la falsità di fatture, in quanto emesse per operazioni inesistenti, e il contribuente offra, anche attraverso la produzione di un giudicato penale, validi indizi in senso contrario o quanto meno nel senso della effettiva realizzazione delle operazioni commerciali, anche se con riferimento a soggetti. non correttamente identificati - il Giudice di merito deve prendere in considerazione il quadro indiziario complessivo, al fine di determinare con la maggior probabilità possibile la disponibilità patrimoniale dell'utilizzatore delle fatture, e i limiti della contestata evasione.

Accolti dunque, per quanto di ragione, i primi due motivi, è fondato e va accolto anche il terzo motivo, col quale il ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 42 e 54, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3 e 12, nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata, che ha affermato di non poter censurare l'entità delle sanzioni - applicate nel massimo senza giustificazione - perchè subordinata alla discrezionalità dell'Amministrazione, evitando anche di riconoscere l'applicabilità di un'unica sanzione pecuniaria, (eventualmente aumentata fino al doppio), in relazioni ad una pluralità di violazioni commesse in periodi di imposta diversi, secondo quanto disposto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, applicabile retroattivamente.

La doglianza è infatti fondata sulla base della giurisprudenza di questa Corte (Cass. 2609/2000) che ha affermato il principio dell'applicazione retroattiva della legge più favorevole, di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, con la conseguenza che è obbligatorio, e non discrezionale, il cumulo giuridico di sanzioni relative a violazioni riguardanti anche: periodi diversi.

Accolto pertanto complessivamente il ricorso per quanto di ragione, gli atti vanno rimessi per una nuova valutazione da compiersi secondo quanto sopra esposto, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna, che liquiderà anche le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata in relazione a quanto accolto, e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2008.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2008.

Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...