venerdì 18 aprile 2008

IL RINVIO PREGIUDIZIALE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA C.E.

In tema di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia CE, la Corte ha fissato con precisione i relativi presupposti affermando che:

- il rinvio pregiudiziale della causa alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, ai sensi dell'art. 234 del Trattato C.E., presuppone: che la questione interpretativa riguardi norme comunitarie, che la stessa sia rilevante ai fini della decisione e che sussistano effettivi dubbi sulla interpretazione, essendo il rinvio inutile (o non obbligato) quando
l'interpretazione della norma sia evidente o il senso della stessa sia già stato chiarito da precedenti pronunce della C.G.C.E.. Pertanto, non deve sottoporsi all'interpretazione della Corte l'art. 24 del Regolamento C.E. n. 44 del 2001 in relazione alla possibilità per la parte, la cui eccezione di difetto di giurisdizione sia stata respinta in primo grado, di riproporla in appello senza dover esercitare mezzi di impugnazione, atteso che l'art. 24 cit. disciplina l'accettazione tacita di competenza e non il rigetto di una eccezione espressa di incompetenza e, come ha chiarito la C.G.C.E. (sent. 15 novembre 1983, Duijnstee) in relazione all'art. 19 della Convenzione di Bruxelles, riprodotto dall'art. 25 Reg., solo se la controversia rientra tra le ipotesi di competenza esclusiva, il giudice nazionale deve dichiararsi incompetente d'ufficio “anche se la norma processuale limita l'indagine del giudice nell'ambito di un ricorso per cassazione ai mezzi dedotti dalle parti”: dal che si deduce a contrariis che nelle altre ipotesi restano ferme per il giudice dell'impugnazione le limitazioni all'indagine derivanti dall'applicazione delle norme nazionali (Sezioni Unite, sentenza n. 12067);

- il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, quantunque obbligatorio per i giudizi di ultima istanza, presuppone che la questione interpretativa controversa abbia rilevanza in relazione al thema decidendum sottoposto all'esame del giudice nazionale ed alle norme interne che lo disciplinano; è stato, pertanto, ritenuto irrilevante il quesito – per cui la parte sollecitava il rinvio pregiudiziale – relativo al se la sussistenza dei requisiti di cui all'art. 17 lett c) Conv. Bruxelles “debba essere valutata in capo ai brokers” o “ai contraenti finali”, avendo accertato che non esisteva un uso internazionale consolidato in materia di deroga alla giurisdizione e che i brokers intervenuti nella procedura contrattuale avevano svolto un ruolo di mediatori senza assumere la rappresentanza delle parti (Sezioni Unite, ordinanza n. 8095);

- non può essere disposto il rinvio pregiudiziale di una causa alla Corte di Giustizia, ex art. 234 trattato CE, deducendo che una norma interna (nella specie, l'art. 4 della legge n. 460 del 1987) sia invalida perché fissa una sanzione sproporzionata rispetto alla regola di condotta imposta da un regolamento comunitario, non configurandosi in tal caso alcun conflitto tra diritto interno e diritto comunitario, in quanto, una volta che un regolamento comunitario abbia imposto un obbligo di condotta, demandandone la sanzione ai singoli ordinamenti nazionali, rientra nella discrezionalità del legislatore statale determinare la qualità e la misura della sanzione, e tale scelta è insindacabile in relazione all'ordinamento comunitario sotto il profilo dell'eccessività della sanzione (sentenza n. 11125);

- è inammissibile l'istanza di rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 234 del Trattato U.E. per la risoluzione di questioni di interpretazione della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo (nella specie, in materia di diritto alla traduzione degli atti del procedimento di espulsione in una lingua conosciuta), non potendo ritenersi che le disposizioni della predetta Convenzione costituiscano parte integrante del diritto comunitario (sentenza n. 6978).


La Corte ha, infine, rimesso alla Corte di Giustizia, ai sensi dell'art. 234 Trattato CE, la questione –relativa a un giudizio civile instaurato nei confronti di un parlamentare europeo e avente ad oggetto l'esperimento di un'azione risarcitoria per diffamazione a carico di un magistrato - se, nell'ipotesi di inerzia di detto parlamentare, che non si avvalga dei poteri attribuitigli dall'art. 6, comma secondo, del Regolamento del Parlamento europeo di richiedere direttamente al Presidente la difesa dei privilegi e delle immunità, il giudice avanti al quale penda la causa sia comunque tenuto a richiedere a tale Presidente la revoca dell'immunità, ai fini della prosecuzione del procedimento e dell'adozione della decisione, ovvero, se in difetto della comunicazione da parte dello stesso Parlamento europeo di voler difendere le immunità e i privilegi del parlamentare (analogamente a quanto avviene in applicazione dell'art. 68 Cost. per i parlamentari nazionali), il giudice avanti al quale pende la causa civile possa decidere sull'esistenza o meno della prerogativa, avuto riguardo alle condizioni concrete del caso di specie (ordinanza interlocutoria n. 7734).

Tratto da:
C O R T E S U P R E M A D I C A S S A Z I O N E
U F F I C I O D E L M A S S I M A R I O
_______
RASSEGNA DELLA
GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ
____________
LA GIURISPRUDENZA DELLE SEZIONI CIVILI
DELLA CORTE DI CASSAZIONE
____________
ANNO 2007
Roma – gennaio 2008

IL RINVIO PREGIUDIZIALE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA C.E.

In tema di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia CE, la Corte ha fissato con precisione i relativi presupposti affermando che:

- il rinvio pregiudiziale della causa alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, ai sensi dell'art. 234 del Trattato C.E., presuppone: che la questione interpretativa riguardi norme comunitarie, che la stessa sia rilevante ai fini della decisione e che sussistano effettivi dubbi sulla interpretazione, essendo il rinvio inutile (o non obbligato) quando
l'interpretazione della norma sia evidente o il senso della stessa sia già stato chiarito da precedenti pronunce della C.G.C.E.. Pertanto, non deve sottoporsi all'interpretazione della Corte l'art. 24 del Regolamento C.E. n. 44 del 2001 in relazione alla possibilità per la parte, la cui eccezione di difetto di giurisdizione sia stata respinta in primo grado, di riproporla in appello senza dover esercitare mezzi di impugnazione, atteso che l'art. 24 cit. disciplina l'accettazione tacita di competenza e non il rigetto di una eccezione espressa di incompetenza e, come ha chiarito la C.G.C.E. (sent. 15 novembre 1983, Duijnstee) in relazione all'art. 19 della Convenzione di Bruxelles, riprodotto dall'art. 25 Reg., solo se la controversia rientra tra le ipotesi di competenza esclusiva, il giudice nazionale deve dichiararsi incompetente d'ufficio “anche se la norma processuale limita l'indagine del giudice nell'ambito di un ricorso per cassazione ai mezzi dedotti dalle parti”: dal che si deduce a contrariis che nelle altre ipotesi restano ferme per il giudice dell'impugnazione le limitazioni all'indagine derivanti dall'applicazione delle norme nazionali (Sezioni Unite, sentenza n. 12067);

- il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, quantunque obbligatorio per i giudizi di ultima istanza, presuppone che la questione interpretativa controversa abbia rilevanza in relazione al thema decidendum sottoposto all'esame del giudice nazionale ed alle norme interne che lo disciplinano; è stato, pertanto, ritenuto irrilevante il quesito – per cui la parte sollecitava il rinvio pregiudiziale – relativo al se la sussistenza dei requisiti di cui all'art. 17 lett c) Conv. Bruxelles “debba essere valutata in capo ai brokers” o “ai contraenti finali”, avendo accertato che non esisteva un uso internazionale consolidato in materia di deroga alla giurisdizione e che i brokers intervenuti nella procedura contrattuale avevano svolto un ruolo di mediatori senza assumere la rappresentanza delle parti (Sezioni Unite, ordinanza n. 8095);

- non può essere disposto il rinvio pregiudiziale di una causa alla Corte di Giustizia, ex art. 234 trattato CE, deducendo che una norma interna (nella specie, l'art. 4 della legge n. 460 del 1987) sia invalida perché fissa una sanzione sproporzionata rispetto alla regola di condotta imposta da un regolamento comunitario, non configurandosi in tal caso alcun conflitto tra diritto interno e diritto comunitario, in quanto, una volta che un regolamento comunitario abbia imposto un obbligo di condotta, demandandone la sanzione ai singoli ordinamenti nazionali, rientra nella discrezionalità del legislatore statale determinare la qualità e la misura della sanzione, e tale scelta è insindacabile in relazione all'ordinamento comunitario sotto il profilo dell'eccessività della sanzione (sentenza n. 11125);

- è inammissibile l'istanza di rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 234 del Trattato U.E. per la risoluzione di questioni di interpretazione della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo (nella specie, in materia di diritto alla traduzione degli atti del procedimento di espulsione in una lingua conosciuta), non potendo ritenersi che le disposizioni della predetta Convenzione costituiscano parte integrante del diritto comunitario (sentenza n. 6978).


La Corte ha, infine, rimesso alla Corte di Giustizia, ai sensi dell'art. 234 Trattato CE, la questione –relativa a un giudizio civile instaurato nei confronti di un parlamentare europeo e avente ad oggetto l'esperimento di un'azione risarcitoria per diffamazione a carico di un magistrato - se, nell'ipotesi di inerzia di detto parlamentare, che non si avvalga dei poteri attribuitigli dall'art. 6, comma secondo, del Regolamento del Parlamento europeo di richiedere direttamente al Presidente la difesa dei privilegi e delle immunità, il giudice avanti al quale penda la causa sia comunque tenuto a richiedere a tale Presidente la revoca dell'immunità, ai fini della prosecuzione del procedimento e dell'adozione della decisione, ovvero, se in difetto della comunicazione da parte dello stesso Parlamento europeo di voler difendere le immunità e i privilegi del parlamentare (analogamente a quanto avviene in applicazione dell'art. 68 Cost. per i parlamentari nazionali), il giudice avanti al quale pende la causa civile possa decidere sull'esistenza o meno della prerogativa, avuto riguardo alle condizioni concrete del caso di specie (ordinanza interlocutoria n. 7734).

Tratto da:
C O R T E S U P R E M A D I C A S S A Z I O N E
U F F I C I O D E L M A S S I M A R I O
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RASSEGNA DELLA
GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ
____________
LA GIURISPRUDENZA DELLE SEZIONI CIVILI
DELLA CORTE DI CASSAZIONE
____________
ANNO 2007
Roma – gennaio 2008

giovedì 17 aprile 2008


LA BELLEZZA DI UN CIGNO
NELLA NOTTE NERA,
CHE CANDIDO
AGITA LE ALI,
NON E' UN'OPINIONE,
MA SOLO
UN'EMOZIONE,
SEMPLICEMENTE ...
Likeyou

LA BELLEZZA DI UN CIGNO
NELLA NOTTE NERA,
CHE CANDIDO
AGITA LE ALI,
NON E' UN'OPINIONE,
MA SOLO
UN'EMOZIONE,
SEMPLICEMENTE ...
Likeyou

martedì 15 aprile 2008

... CARMEN I" ...

"Forse un giorno
comprenderò il significato
che al momento
mi è ancora oscuro.
Forse un giorno
si dischiuderanno anche a me
le porte
della conoscenza.
Ma tu,
piccolo mio,
non attendere quel giorno.
Che sia vicino,
ovvero
che sia immensamente distante, nessuno, ti dico,
lo sa.
Non aspettare, allora,
ma cerca.
Cerca sempre,
la via della virtù".

likeyou - youlike "Carmina"

... CARMEN I" ...

"Forse un giorno
comprenderò il significato
che al momento
mi è ancora oscuro.
Forse un giorno
si dischiuderanno anche a me
le porte
della conoscenza.
Ma tu,
piccolo mio,
non attendere quel giorno.
Che sia vicino,
ovvero
che sia immensamente distante, nessuno, ti dico,
lo sa.
Non aspettare, allora,
ma cerca.
Cerca sempre,
la via della virtù".

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A proposito di Azzeccagarbugli - Dai Promessi Sposi



"Non facciam niente", rispose il dottore, scotendo il
capo". (v.236).
"Se non avete fede in me, non facciam niente. Chi dice le
bugie al dottore, vedete figliuolo, è uno sciocco che dirà la verità al giudice.
All'avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi a imbrogliarle".
(vv.237-240).

A proposito di Azzeccagarbugli - Dai Promessi Sposi



"Non facciam niente", rispose il dottore, scotendo il
capo". (v.236).
"Se non avete fede in me, non facciam niente. Chi dice le
bugie al dottore, vedete figliuolo, è uno sciocco che dirà la verità al giudice.
All'avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi a imbrogliarle".
(vv.237-240).

Riceviamo e gentilmente pubblichiamo:-Scordino c/Italia "Pronuncia integrale"-


Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo del 6 marzo 2007
QUATRIÈME SECTION
AFFAIRE SCORDINO c. ITALIE (Requête n. 43662/98)ARRÊT(Satisfaction équitable)
STRASBOURG 6 mars 2007
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l'article 44 § 2 de la Convention.
Il peut subir des retouches de forme.
En l'affaire SCORDINO c. Italie (n. 3),
La Cour européenne des Droits de l'Homme (quatrième section), siégeant en une chambre composée de :
Sir Nicolas Bratza, président,
MM. J. CasadevallG. Bonello,K. Traja,
L. Garlicki,Mme L. Mijović, juges,
Mme M. Del Tufo, juge ad hoc,
et de M. T.L. Early, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 13 février 2007,
Rend l'arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l'origine de l'affaire se trouve une requête (no 43662/98) dirigée contre la République italienne et dont quatre ressortissants de cet Etat, MM. Giovanni, Elena, Maria et Giuliana Scordino (« les requérants »), avaient saisi la Commission européenne des Droits de l'Homme (« la Commission ») le 12 août 1998 en vertu de l'ancien article 25 de la Convention de sauvegarde des Droits de l'Homme et des Libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Par un arrêt du 17 mai 2005 (« l'arrêt au principal »), la Cour a jugé que l'ingérence dans le droit au respect des biens des requérants n'était pas compatible avec le principe de légalité et que, partant, il y avait eu violation de l'article 1 du Protocole no 1 (Scordino c. Italie (no 3), no 43662/98, § 101, et point 1 du dispositif, 17 mai 2005).
3. En s'appuyant sur l'article 41 de la Convention, au titre du préjudice matériel les requérants réclamaient une somme correspondant à la valeur du terrain litigieux, déduction faite de l'indemnité obtenue au plan national, et augmentée de la valeur des immeubles construits sur leur terrain. Les requérants sollicitaient en outre une indemnité pour dommage moral. Enfin ils revendiquaient le remboursement des frais de justice devant les juridictions nationales et des frais encourus dans la procédure à Strasbourg.
4. La question de l'application de l'article 41 de la Convention ne se trouvant pas en état, la Cour l'a réservée et a invité le Gouvernement et les requérants à lui soumettre par écrit, dans les trois mois à compter du jour où l'arrêt deviendrait définitif, leurs observations sur ladite question et notamment à lui donner connaissance de tout accord auquel ils pourraient aboutir (ibidem, § 108, et point 2 du dispositif).
5. L'arrêt au principal est devenu définitif le 12 octobre 2005, à la suite du rejet par le collège de cinq juges de la Grande Chambre de la demande de renvoi déposée par le gouvernement défendeur. Le délai de trois mois est échu sans que les parties ne parviennent à un accord.
6. Le 12 juin 2006, le Président de la Chambre, auquel la suite de la procédure était confiée (point 2 c) du dispositif de l'arrêt au principal), a décidé de demander aux parties de nommer chacune un expert devant évaluer le préjudice matériel et de déposer un rapport d'expertise avant le 30 septembre 2006.
7. Seuls les requérants ont déposé un rapport d'expertise dans le délai imparti. Ce dernier a été transmis au Gouvernement.
8. Le 8 novembre 2006, le Gouvernement a déposé un mémoire.
Les requérants y ont répondu le 9 janvier 2007.
EN DROIT
I. SUR L'APPLICATION DE L'ARTICLE 46 DE LA CONVENTION9.
Aux termes de cette disposition :« 1. Les Hautes Parties contractantes s'engagent à se conformer aux arrêts définitifs de la Cour dans les litiges auxquels elles sont parties.2. L'arrêt définitif de la Cour est transmis au Comité des Ministres qui en surveille l'exécution. »
10. La Cour rappelle avoir conclu dans son arrêt au principal (§§ 92-94 et §§ 98-102 de l'arrêt au principal) :« La Cour note ensuite que le mécanisme de l'expropriation indirecte permet en général à l'administration de passer outre les règles fixées en matière d'expropriation, avec le risque d'un résultat imprévisible ou arbitraire pour les intéressés, qu'il s'agisse d'une illégalité existant depuis le début ou d'une illégalité survenue par la suite.A cet égard, la Cour note que l'expropriation indirecte permet à l'administration d'occuper un terrain et de le transformer irréversiblement, de telle sorte qu'il soit considéré comme acquis au patrimoine public, sans qu'en parallèle un acte formel déclarant le transfert de propriété ne soit adopté. En l'absence d'un acte formalisant l'expropriation et intervenant au plus tard au moment où le propriétaire a perdu toute disponibilité du bien, l'élément qui permettra de transférer au patrimoine public le bien occupé et d'atteindre une sécurité juridique est le constat d'illégalité de la part du juge, valant déclaration de transfert de propriété. Il incombe à l'intéressé -qui continue d'être formellement propriétaire - de solliciter du juge compétent une décision constatant, le cas échéant, l'illégalité assortie de la réalisation d'un ouvrage d'intérêt public, conditions nécessaires pour qu'il soit déclaré rétroactivement privé de son bien.Au vu de ces éléments, la Cour estime que le mécanisme de l'expropriation indirecte n'est pas apte à assurer un degré suffisant de sécurité juridique.(...)Dans la présente affaire, la Cour relève qu'en appliquant le principe de l'expropriation indirecte, les juridictions italiennes ont considéré les requérants privés de leur bien à compter du 13 janvier 1982, les conditions d'illégalité de l'occupation et d'intérêt public de l'ouvrage construit étant réunies. Or, en l'absence d'un acte formel d'expropriation, la Cour estime que cette situation ne saurait être considérée comme « prévisible », puisque ce n'est que par la décision définitive – l'arrêt de la Cour de cassation – que l'on peut considérer le principe de l'expropriation indirecte comme ayant effectivement été appliqué et que l'acquisition du terrain au patrimoine public a été consacrée. Par conséquent, les requérants n'ont eu la « sécurité juridique » concernant la privation du terrain que le 23 août 2002, date du dépôt au greffe de l'arrêt de la Cour de cassation.La Cour observe ensuite que la situation en cause a permis à l'administration de tirer parti d'une occupation de terrain sine titulo depuis le début et qualifiée d'arbitraire par le tribunal administratif (paragraphe 14 ci-dessus). En d'autres termes, l'administration a pu s'approprier le terrain au mépris des règles régissant l'expropriation en bonne et due forme et, entre autres, sans qu'une indemnité ne soit mise à la disposition des intéressés.S'agissant de l'indemnité, la Cour constate que l'application rétroactive de la loi budgétaire no 662 de 1996 au cas d'espèce a eu pour effet de priver les requérants d'une réparation intégrale du préjudice subi.A la lumière de ces considérations, la Cour estime que l'ingérence litigieuse n'est pas compatible avec le principe de légalité et qu'elle a donc enfreint le droit au respect des biens des requérants.Dès lors, il y a eu violation de l'article 1 du Protocole no 1. »
11. La violation du droit des requérants, tel que le garantit l'article 1 du Protocole no 1, tire son origine d'un problème à grande échelle résultant du comportement hors norme des administrations, entériné par les cours et tribunaux au titre de l'expropriation indirecte, et qui permet à ces mêmes administrations de s'approprier les biens en question. La méconnaissance du principe de légalité et du droit au respect des biens n'a pas été causée par un incident isolé ni n'est imputable au tour particulier qu'ont pris les événements dans le cas des intéressés. Il résulte de l'application du principe de l'expropriation indirecte, principe de source jurisprudentielle, par la suite codifié, à l'égard d'une catégorie précise de citoyens, à savoir les personnes propriétaires de terrains occupés sans titre depuis le début, ou à partir d'un moment donné (§§ 30-60 de l'arrêt au principal).La Cour est d'avis que les faits de la cause révèlent dans l'ordre juridique italien une défaillance, en conséquence de laquelle une catégorie entière de particuliers se sont vus, ou se voient toujours, privés arbitrairement de leur droit au respect de leurs biens. Elle estime également que les lacunes du droit décelées dans l'affaire particulière des requérants peuvent donner lieu à l'avenir à de nombreuses requêtes bien fondées.
12. Avant d'examiner les demandes de satisfaction équitable présentées par les requérants au titre de l'article 41 de la Convention, et eu égard aux circonstances de l'espèce ainsi qu'à l'évolution de sa charge de travail, la Cour se propose d'examiner quelles conséquences peuvent être tirées de l'article 46 de la Convention pour l'Etat défendeur. Elle rappelle qu'aux termes de l'article 46 les Hautes Parties contractantes s'engagent à se conformer aux arrêts définitifs rendus par la Cour dans les litiges auxquels elles sont parties, le Comité des Ministres étant chargé de surveiller l'exécution de ces arrêts. Il en découle notamment que, lorsque la Cour constate une violation, l'Etat défendeur a l'obligation juridique non seulement de verser aux intéressés les sommes allouées au titre de la satisfaction équitable prévue par l'article 41, mais aussi de choisir, sous le contrôle du Comité des Ministres, les mesures générales et/ou, le cas échéant, individuelles à intégrer dans son ordre juridique interne afin de mettre un terme à la violation constatée par la Cour et d'en effacer autant que possible les conséquences. L'Etat défendeur demeure libre, sous le contrôle du Comité des Ministres, de choisir les moyens de s'acquitter de son obligation juridique au regard de l'article 46 de la Convention, pour autant que ces moyens soient compatibles avec les conclusions contenues dans l'arrêt de la Cour (Scozzari et Giunta c. Italie [GC], nos 39221/98 et 41963/98, § 249, CEDH 2000-VIII ; Broniowski c. Pologne [GC], no 31443/96, § 192, CEDH 2004-V).
13. En outre, il résulte de la Convention, et notamment de son article 1, qu'en ratifiant la Convention, les Etats contractants s'engagent à faire en sorte que leur droit interne soit compatible avec celle-ci (Maestri c. Italie [GC], no 39748/98, § 47, CEDH 2004-I).
14. La violation que la Cour a constatée en l'espèce découle d'une situation concernant un grand nombre de personnes, à savoir la catégorie des particuliers concernés par l'occupation sans titre de terrain, et qui sont susceptibles de perdre leur bien par voie d'une décision judiciaire entérinant le comportement illégal des autorités en vertu de l'expropriation indirecte. La Cour est déjà saisie de dizaines de requêtes de ce type. Le 30 mai 2000, la Cour s'est prononcée pour la première fois sur l'expropriation indirecte (Carbonara et Ventura c. Italie, no 24638/94, CEDH 2000-VI ; Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie, no 31524/96, CEDH 2000-VI). En 2003, elle a précisé les critères s'appliquant à la satisfaction équitable dans le cas d'expropriation indirecte (Carbonara et Ventura c. Italie (satisfaction équitable), no 24638/94, 11 décembre 2003 ; Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie (satisfaction équitable), no 31524/96, 30 octobre 2003). Depuis, la Cour a rendu de nombreux arrêts constatant la violation de l'article 1 du Protocole no 1 en raison d'une privation de biens au titre de l'expropriation indirecte. C'est là non seulement un facteur aggravant quant à la responsabilité de l'Etat au regard de la Convention à raison d'une situation passée ou actuelle, mais également une menace pour l'effectivité à l'avenir du dispositif mis en place par la Convention.
15. Bien qu'en principe il ne lui appartienne pas de définir quelles peuvent être les mesures de redressement appropriées pour que l'Etat défendeur s'acquitte de ses obligations au regard de l'article 46 de la Convention, eu égard à la situation de caractère structurel qu'elle constate, la Cour observe que des mesures générales au niveau national s'imposent sans aucun doute dans le cadre de l'exécution du présent arrêt, mesures qui doivent prendre en considération les nombreuses personnes touchées. En outre, les mesures adoptées doivent être de nature à remédier à la défaillance structurelle dont découle le constat de violation formulé par la Cour, de telle sorte que le système instauré par la Convention ne soit pas compromis par un grand nombre de requêtes résultant de la même cause. Pareilles mesures doivent donc comprendre un mécanisme offrant aux personnes lésées une réparation pour la violation de la Convention établie dans le présent arrêt relativement aux requérants. A cet égard, la Cour a le souci de faciliter la suppression rapide et effective d'un dysfonctionnement constaté dans le système national de protection des droits de l'homme. Une fois un tel défaut identifié, il incombe aux autorités nationales, sous le contrôle du Comité des Ministres, de prendre, rétroactivement s'il le faut (voir les arrêts Bottazzi c. Italie [GC], no 34884/97, § 22, CEDH 1999-V, Di Mauro c. Italie [GC], no 34256/96, § 23, CEDH 1999-V, et la Résolution provisoire du Comité des Ministres ResDH(2000)135 du 25 octobre 2000 (Durée excessive des procédures judiciaires en Italie : mesures de caractère général) ; voir également Brusco c. Italie (déc.), no 69789/01, CEDH 2001-IX, et Giacometti et autres c. Italie (déc.), no 34939/97, CEDH 2001-XII), les mesures de redressement nécessaires conformément au principe de subsidiarité de la Convention, afin que la Cour n'ait pas à réitérer son constat de violation dans une longue série d'affaires comparables.
16. Pour aider l'Etat défendeur à remplir ses obligations au titre de l'article 46, la Cour a cherché à indiquer le type de mesures que l'Etat italien pourrait prendre pour mettre un terme à la situation structurelle constatée en l'espèce.Elle estime que l'Etat devrait, avant tout, prendre des mesures visant à prévenir toute occupation hors norme de terrains, qu'il s'agisse d'occupation sans titre depuis le début ou d'occupation initialement autorisée et devenue sans titre par la suite. Dans cette optique, il serait concevable de n'autoriser l'occupation d'un terrain que lorsqu'il est établi que le projet et les décisions d'expropriation ont été adoptés dans le respect des règles fixées et qu'ils sont assortis d'une ligne budgétaire apte à garantir une indemnisation rapide et adéquate de l'intéressé (pour les principes applicables en matière d'indemnisation en cas d'expropriation en bonne et due forme, voir Scordino c. Italie (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 93-98, CEDH 2006-). En outre, l'Etat défendeur devrait décourager les pratiques non conformes aux règles des expropriations en bonne et due forme, en adoptant des dispositions dissuasives et en recherchant les responsabilités des auteurs de telles pratiques.Dans tous les cas où un terrain a déjà fait l'objet d'occupation sans titre et a été transformé en l'absence de décret d'expropriation, la Cour estime que l'Etat défendeur devrait supprimer les obstacles juridiques empêchant systématiquement et par principe la restitution du terrain. Lorsque la restitution d'un terrain s'avère impossible pour des raisons plausibles in concreto, l'Etat défendeur devrait assurer le paiement d'une somme correspondant à la valeur qu'aurait la restitution en nature. En outre, l'Etat devrait prendre des mesures budgétaires adéquates pour allouer, s'il y a lieu, des dommages-intérêts pour les pertes subies et qui ne seraient pas couvertes par la restitution en nature ou le paiement qui en prend la place (paragraphes 25-39 ci-dessous).II. SUR L'APPLICATION DE L'ARTICLE 41 DE LA CONVENTION17. Aux termes de l'article 41 de la Convention,« Si la Cour déclare qu'il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d'effacer qu'imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s'il y a lieu, une satisfaction équitable. »A. Dommage matériel1. Arguments des requérants18. Les requérants demandent à la Cour de leur accorder une satisfaction équitable conformément à la jurisprudence en matière d'expropriation indirecte (Carbonara et Ventura c. Italie (satisfaction équitable), no 24638/94, 11 décembre 2003 ; Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie (satisfaction équitable), no 31524/96, 30 octobre 2003). Selon eux, seule la restitution du terrain aurait pu les placer dans une situation équivalente à celle d'origine. A défaut de restitution, les requérants demandent à être intégralement dédommagés, déduction faite de la somme qu'ils ont perçue au niveau national, et réclament une somme couvrant la valeur du terrain d'aujourd'hui, augmentée de la plus-value apportée par l'existence de bâtiments, et perte de jouissance.19. A l'appui de leurs prétentions, les requérants ont déposé un rapport d'expertise, rédigé par trois experts. L'estimation porte sur une étendue de 3 694 mètres carrés, située à quelques kilomètres du centre ville de Reggio de Calabre, dans une zone se prêtant à un développement urbain.Le rapport fait état de ce qu'en 1980, année de l'occupation du terrain, le volume d'occupation du sol (indice di fabbricabilità) passa de 1, 75 mètres cubes par mètre carré à 3,15 mètres cubes par mètre carré. Deux bâtiments comprenant trente logements et des garages y ont été construits, pour un volume de 13 338 mètres cubes.Les experts ont déterminé à 1 329 840 EUR (360 EUR le mètre carré) la valeur actuelle du terrain, en fonction du marché immobilier d'aujourd'hui.Ils se sont ensuite penchés sur la plus-value apportée par l'existence des bâtiments affectés à usage résidentiel. Cette plus-value, déduction faite de la valeur du sol, est de 2 476 067 EUR.Par ailleurs, les experts ont indiqué que le coût de construction des bâtiments en 2006, déduction faite de 17 % pour cause de vétusté des immeubles, moins la valeur du sol, est également de 2 476 067 EUR.Les experts ont enfin évalué le dommage pour perte de jouissance, dû à l'impossibilité d'utiliser le terrain et les bâtiments pendant plus de vingt-quatre ans. Ce dommage s'élève globalement à 4 179 653,50 EUR.20. Pour résumer les conclusions des experts :
valeur du terrain en 2006 :
1 329 840 EUR
plus-value apportée par les bâtiments = coût de construction en 2006, moins vétusté :
2 476 067 EUR
non-jouissance du terrain et des bâtiments :
4 179 653,50 EUR
2. Arguments du Gouvernement
21. Le Gouvernement n'a pas produit de contre expertise. Il n'a pas non plus formulé des critiques quant au bien-fondé et à l'exactitude des calculs présentés dans le rapport d'expertise des requérants.
22. Dans son mémoire, le Gouvernement conteste la jurisprudence de la Cour en matière de satisfaction équitable pour privation arbitraire de biens, jurisprudence sur laquelle les prétentions des requérants se fondent.Le Gouvernement estime que l'arrêt Papamichalopoulos constitue un précédent erroné, tant sur le plan juridique qu'économique : il y aurait eu confusion entre la valeur des bâtiments, le coût de construction, la plus-value apportée par les bâtiments. En outre, le Gouvernement soutient que la mise à la charge d'un Etat de l'obligation de restituer un terrain - y compris les bâtiments qui y ont été construits -, revient à un enrichissement pour l'intéressé, qui obtiendrait ainsi gratuitement l'investissement réalisé par l'Etat.Le Gouvernement critique ensuite l'arrêt Carbonara et Ventura, dans la mesure où une somme correspondant au coût de construction de l'école construite par les autorités a été accordée au requérant. Enfin, il observe que dans l'affaire Belvedere Alberghiera, où le terrain avait été utilisé pour la construction d'une route, la Cour n'a pas accordé une somme correspondant au coût de construction de la route mais une somme pour dépréciation de l'immeuble dûe à la construction de la route.
23. En conclusion, le Gouvernement trouve que cette jurisprudence est incohérente et demande à la Cour de l'abandonner.
24. Le Gouvernement plaide pour que la Cour adopte de nouveaux critères et accorde ainsi aux intéressés une satisfaction équitable se limitant à la valeur marchande du terrain à l'époque de la transformation de celui-ci, augmentée du taux de l'inflation dans la période concernée et d'intérêts. A l'appui de sa thèse, le Gouvernement soutient que la décision par laquelle les tribunaux nationaux constatent l'illégalité commise par l'administration a pour effet de légaliser la situation puisqu'elle remplace l'acte d'expropriation qui a fait défaut. Par conséquent, les intéressés ne peuvent pas aspirer à un dédommagement, ce dernier étant réservé aux cas de privation arbitraire de biens.
3. Décision de la Cour
25. La Cour rappelle qu'un arrêt constatant une violation entraîne pour l'Etat défendeur l'obligation de mettre un terme à la violation et d'en effacer les conséquences de manière à rétablir autant que faire se peut la situation antérieure à celle-ci (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
26. Les Etats contractants parties à une affaire sont en principe libres de choisir les moyens dont ils useront pour se conformer à un arrêt constatant une violation. Ce pouvoir d'appréciation quant aux modalités d'exécution d'un arrêt traduit la liberté de choix dont est assortie l'obligation primordiale imposée par la Convention aux Etats contractants : assurer le respect des droits et libertés garantis (article 1). Si la nature de la violation permet une restitutio in integrum, il incombe à l'Etat défendeur de la réaliser, la Cour n'ayant ni la compétence ni la possibilité pratique de l'accomplir elle-même. Si, en revanche, le droit national ne permet pas ou ne permet qu'imparfaitement d'effacer les conséquences de la violation, l'article 41 habilite la Cour à accorder, s'il y a lieu, à la partie lésée la satisfaction qui lui semble appropriée (Brumărescu c. Roumanie (satisfaction équitable) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2000-I).
27. Dans son arrêt au principal, la Cour a dit que l'ingérence litigieuse ne satisfaisait pas à la condition de légalité (§§ 98-102 de l'arrêt au principal). L'acte du gouvernement italien que la Cour a tenu pour contraire à la Convention n'était pas en l'espèce une expropriation qui eût été légitime si une indemnisation adéquate avait été versée ; au contraire, elle était une mainmise de l'Etat sur le terrain des requérants, à laquelle ceux-ci n'ont pu remédier (§§ 99-100 de l'arrêt au principal).A cet égard, la Cour a relevé que les juridictions nationales ont pris note de la situation d'illégalité, et qu'en vertu de ce constat, elles ont déclaré les requérants comme étant privés de leur bien au bénéfice de l'occupant (§ 98 de l'arrêt au principal). En outre, la Cour a estimé qu'en dépit de l'indemnité versée aux requérants, il n'y avait pas eu « réparation intégrale du préjudice subi» (§ 100 de l'arrêt au principal).
28. Il ressort clairement de ces éléments que la Cour a retenu le statut de « victimes » des requérants pour parvenir ensuite au constat de violation de l'article 1 du Protocole no 1 (Eckle c. Allemagne, arrêt du 15 juillet 1982, série A no 51, p. 32, §§ 69 et suiv., Amuur c. France, 25 juin 1996, Recueil 1996-III, p. 846, § 36, Dalban c. Roumanie [GC], no 28114/95, § 44, CEDH 1999-VI et Jensen c. Danemark (déc.), no 48470/99, CEDH 2001-X). Par ailleurs, les requérants restent toujours « victimes », leur situation demeurant inchangée depuis le prononcé de l'arrêt au principal.
29. La Cour réaffirme qu'à ses yeux, la décision par laquelle une juridiction nationale prend acte d'une occupation illégale d'un terrain et déclare l'expropriation indirecte de celui-ci n'a pas pour effet de régulariser la situation dénoncée. Elle se limite à entériner une situation illégale (parmi les nombreux arrêts, voir Serrao c. Italie, no 67198/01, § 81, 13 octobre 2005), situation qui ne peut dès lors être redressée en l'absence d'une réparation conforme aux critères s'appliquant aux cas de privations illégales de biens.
30. Partant la Cour rejette l'argument du Gouvernement et réaffirme l'impossibilité de mettre sur le même plan une expropriation régulière, qui méconnaîtrait l'article 1 du Protocole no 1 au motif du caractère inadéquat de l'indemnité, et une affaire comme celle de l'espèce, où la violation du droit au respect des biens des requérants dépend de la violation du principe de légalité (Ex-Roi de Grèce et autres c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 25701/94, § 75, CEDH 2002)Il s'ensuit que la réparation en cas d'expropriation indirecte ne sera pas similaire à l'indemnité retenue pour les affaires où le constat de violation de l'article 1 du Protocole no 1 pour privation de biens se fonde sur la rupture du « juste équilibre », eu égard au niveau d'indemnisation largement inférieur à la valeur marchande du terrain et à l'absence de motifs « d'utilité publique » permettant de verser une indemnité d'expropriation inférieure à la valeur du bien (Scordino c. Italie (no 1) [GC], no 36813/97, § 257, CEDH 2006-).
31. L'indemnisation à fixer en l'espèce devra refléter l'idée d'un effacement total des conséquences de l'ingérence litigieuse. En effet, dans la présente affaire c'est l'illégalité intrinsèque de la mainmise sur le terrain, qui a été à l'origine de la violation constatée sous l'angle de l'article 1 du Protocole no 1. Le caractère illicite de pareille dépossession se répercute par la force des choses sur les critères à employer pour déterminer la réparation due par l'Etat défendeur, les conséquences financières d'une mainmise licite ne pouvant être assimilées à celles d'une dépossession illicite (Ex-Roi de Grèce et autres c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], précité, § 75 ; Scordino c. Italie [GC], précité, § 250).32. La Cour rappelle avoir fondé sa jurisprudence en matière de satisfaction équitable en cas de privation arbitraire de biens suivant les principes élaborés par la Cour permanente de justice internationale (Papamichalopoulos et autres c. Grèce (article 50), arrêt du 31 octobre 1995, série A no 330-B, § 36), qui dans son arrêt du 13 septembre 1928 dans l'affaire relative à l'usine de Chorzów, a jugé :« (...) la réparation doit, autant que possible, effacer toutes les conséquences de l'acte illicite et rétablir l'état qui aurait vraisemblablement existé si ledit acte n'avait pas été commis. Restitution en nature, ou, si elle n'est pas possible, paiement d'une somme correspondant à la valeur qu'aurait la restitution en nature; allocation, s'il y a lieu, de dommages-intérêts pour les pertes subies et qui ne seraient pas couvertes par la restitution en nature ou le paiement qui en prend la place; tels sont les principes desquels doit s'inspirer la détermination du montant de l'indemnité due à cause d'un fait contraire au droit international. » (Recueil des arrêts, série A no 17, p. 47)
33. La Cour a adopté une position très semblable dans l'affaire Papamichalopoulos c. Grèce (Papamichalopoulos et autres c. Grèce (article 50), précité, §§ 36 et 39). Elle y a conclu à une violation en raison d'une expropriation de fait irrégulière (occupation de terres par la marine grecque depuis 1967) qui durait depuis plus de vingt-cinq ans à la date de l'arrêt au principal rendu le 24 juin 1993. La Cour enjoignit en conséquence à l'Etat grec de verser aux requérants, pour dommage et perte de jouissance depuis la prise de possession par les autorités de ces terrains, une somme équivalente à la valeur actuelle des terrains augmentée de la plus-value apportée par l'existence de certains bâtiments qui avaient été édifiés depuis l'occupation.
34. La Cour a suivi cette même approche dans deux affaires italiennes, portant sur des expropriations non conformes au principe de la prééminence du droit. Dans la première de ces affaires, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie (satisfaction équitable), no 31524/96, §§ 34-36, 30 octobre 2003), elle a dit :« Comme c'est l'illégalité intrinsèque de la mainmise, qui a été à l'origine de la violation constatée, l'indemnisation doit nécessairement refléter la valeur pleine et entière des biens.S'agissant du dommage matériel, la Cour estime par conséquent que l'indemnité à accorder à la requérante ne se limite pas à la valeur qu'avait sa propriété à la date de l'occupation. Pour cette raison, elle a invité l'expert à estimer aussi la valeur actuelle du terrain litigieux et les autres préjudices.La Cour décide que l'Etat devra verser à l'intéressée la valeur actuelle du terrain. A ce montant s'ajoutera une somme pour la non-jouissance du terrain depuis que les autorités on pris possession du terrain en 1987 et pour la dépréciation de l'immeuble. En outre, à défaut de commentaires du Gouvernement sur l'expertise, il y a lieu d'octroyer une somme pour le manque à gagner dans l'activité hôtelière. »
35. Dans la deuxième de ces affaires (Carbonara et Ventura c. Italie (satisfaction équitable), no 24638/94, §§ 40-41, 11 décembre 2003), la Cour a déclaré :« S'agissant du dommage matériel, la Cour estime par conséquent que l'indemnité à accorder aux requérants ne se limite pas à la valeur qu'avait leur propriété à la date de son occupation. Pour cette raison, elle a invité l'expert à estimer aussi la valeur actuelle du terrain litigieux. Cette valeur ne dépend pas de conditions hypothétiques, ce qui serait le cas s'il se trouvait aujourd'hui dans le même état qu'en 1970. Il ressort clairement du rapport d'expertise que, depuis lors, ledit terrain et son voisinage immédiat – qui disposaient de par leur situation d'un potentiel de développement urbain – ont été mis en valeur par la construction de bâtiments, dont l'école.La Cour décide que l'Etat devra verser aux intéressés, pour dommage et perte de jouissance depuis que les autorités ont pris possession du terrain en 1970, la valeur actuelle du terrain augmentée de la plus-value apportée par l'existence du bâtiment.Quant à la détermination du montant de cette indemnité, la Cour entérine les conclusions du rapport d'expertise pour l'évaluation exacte du préjudice subi. Ce montant s'élève à 1 385 394,60 EUR. »
36. Il ressort de l'analyse des trois affaires mentionnées ci-dessus, qui portent toutes sur des cas de dépossession illicite en soi, qu'aux fins de réparer intégralement le préjudice subi la Cour a octroyé des sommes incluant la valeur actuelle du terrain par rapport au marché immobilier d'aujourd'hui. En outre, elle a cherché à compenser les pertes subies qui ne seraient pas couvertes par le versement de ce montant, en tenant compte du potentiel du terrain en cause, calculé, le cas échéant, à partir du coût de construction des immeubles érigés par l'expropriant.
37. Compte tenu des considérations qui précèdent, la Cour estime que dans la présente affaire la nature de la violation constatée dans l'arrêt au principal lui permet de partir du principe d'une restitutio in integrum. En conséquence, la Cour estime que la restitution du terrain litigieux – couplée de l'attribution des bâtiments existants – aurait placé les requérants, le plus possible, dans une situation équivalente à celle où ils se trouveraient s'il n'y avait pas eu manquement aux exigences de l'article 1 du Protocole no 1 ; les indemniserait alors intégralement des conséquences de la perte de jouissance alléguée (Papamichalopoulos et autres c. Grèce (article 50), arrêt précité, § 36 et §38).
38. A défaut de restitution, la Cour estime que l'indemnité à accorder aux requérants ne se limite pas à la valeur qu'avait leur propriété à la date de l'occupation. Elle décide que l'Etat devra verser aux intéressés une somme correspondant à la valeur actuelle du terrain (1 329 840 EUR), de laquelle il convient de déduire l'indemnité obtenue par les requérants au niveau national (à savoir 264 284 339 ITL en 1982, voir paragraphe 25 de l'arrêt au principal) et actualisée (soit environ 436 000 EUR). A ce montant s'ajoutera une somme pour la plus-value apportée par la présence de bâtiments – qui en l'espèce a été estimée au même niveau que le coût de construction – et qui est susceptible de compenser les requérants également pour toute autre perte subie par les requérants.
39. Quant à la détermination du montant de cette indemnité, en l'absence d'expertise déposée par le Gouvernement et en l'absence de commentaires concernant les montants réclamés, la Cour s'appuie sur le rapport d'expertise des requérants. Statuant en équité, la Cour accorde aux requérants 3 300 000 EUR.
B. Dommage moral
40. Les requérants sollicitent chacun 25 000 EUR.
41. Le Gouvernement trouve ces sommes excessives et s'en remet à la sagesse de la Cour.
42. La Cour considère que la violation de la Convention a porté aux requérants un tort moral certain, résultant du sentiment d'impuissance et de frustration face à la dépossession illégale de leurs biens. Statuant en équité, elle alloue à chacun des requérants 10 000 EUR de ce chef, soit 40 000 EUR au total.
C. Frais et dépens
43. Les requérants demandent le remboursement de 26 983, 76 EUR pour les frais encourus devant les juridictions nationales. Ils sollicitent en outre le remboursement des frais exposés devant la Cour pour un montant global de 51 891, 44 EUR, dont 46 000 EUR pour honoraires, taxe sur la valeur ajoutée (TVA) et contributions sociales (CPA) en sus. Les requérants ne demandent pas le remboursement des frais d'expertise.
44. Le Gouvernement observe que les sommes réclamées sont excessives et s'en remet à la sagesse de la Cour.
45. La Cour rappelle que l'allocation des frais et dépens au titre de l'article 41 présuppose que se trouvent établis dans leur réalité, leur nécessité et, de plus, le caractère raisonnable de leur taux (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) précité, § 54). En outre, les frais de justice ne sont recouvrables que dans la mesure où ils se rapportent à la violation constatée (Van de Hurk c. Pays-Bas, arrêt du 19 avril 1994, série A no 288, § 66).
46. La Cour ne doute pas de la nécessité des frais réclamés ni qu'ils aient été effectivement engagés à ce titre. Elle estime ensuite que l'affaire des requérants devant les juridictions nationales visait essentiellement à réparer les violations de la Convention alléguées devant la Cour. La Cour juge cependant trop élevés les honoraires totaux revendiqués à ce titre. Elle considère dès lors qu'il n'y a lieu de les rembourser qu'en partie.Compte tenu des circonstances de la cause, et statuant en équité comme le veut l'article 41 de la Convention, la Cour juge raisonnable d'allouer un montant de 30 000 EUR, augmenté de TVA et CPA, pour l'ensemble des frais exposés devant les juridictions nationales et à Strasbourg.
D. Intérêts moratoires
47. La Cour juge approprié de baser le taux des intérêts moratoires sur le taux d'intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L'UNANIMITÉ,
1. Dit
a) que l'Etat défendeur doit verser aux requérants, dans les trois mois à compter du jour où l'arrêt sera devenu définitif conformément à l'article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 3 300 000 EUR (trois millions trois cent mille euros) pour dommage matériel ;
ii. 40 000 EUR (quarante mille euros) pour dommage moral ;
iii. 30 000 EUR (trente mille euros) pour frais et dépens ;
iv. tout montant pouvant être dû à titre d'impôt sur lesdites sommes ;
b) qu'à compter de l'expiration dudit délai et jusqu'au versement, ces montants seront à majorer d'un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
2. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 6 mars 2007 en application de l'article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
T.L. Early Nicolas Bratza
Greffier Président

Riceviamo e gentilmente pubblichiamo:-Scordino c/Italia "Pronuncia integrale"-


Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo del 6 marzo 2007
QUATRIÈME SECTION
AFFAIRE SCORDINO c. ITALIE (Requête n. 43662/98)ARRÊT(Satisfaction équitable)
STRASBOURG 6 mars 2007
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l'article 44 § 2 de la Convention.
Il peut subir des retouches de forme.
En l'affaire SCORDINO c. Italie (n. 3),
La Cour européenne des Droits de l'Homme (quatrième section), siégeant en une chambre composée de :
Sir Nicolas Bratza, président,
MM. J. CasadevallG. Bonello,K. Traja,
L. Garlicki,Mme L. Mijović, juges,
Mme M. Del Tufo, juge ad hoc,
et de M. T.L. Early, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 13 février 2007,
Rend l'arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l'origine de l'affaire se trouve une requête (no 43662/98) dirigée contre la République italienne et dont quatre ressortissants de cet Etat, MM. Giovanni, Elena, Maria et Giuliana Scordino (« les requérants »), avaient saisi la Commission européenne des Droits de l'Homme (« la Commission ») le 12 août 1998 en vertu de l'ancien article 25 de la Convention de sauvegarde des Droits de l'Homme et des Libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Par un arrêt du 17 mai 2005 (« l'arrêt au principal »), la Cour a jugé que l'ingérence dans le droit au respect des biens des requérants n'était pas compatible avec le principe de légalité et que, partant, il y avait eu violation de l'article 1 du Protocole no 1 (Scordino c. Italie (no 3), no 43662/98, § 101, et point 1 du dispositif, 17 mai 2005).
3. En s'appuyant sur l'article 41 de la Convention, au titre du préjudice matériel les requérants réclamaient une somme correspondant à la valeur du terrain litigieux, déduction faite de l'indemnité obtenue au plan national, et augmentée de la valeur des immeubles construits sur leur terrain. Les requérants sollicitaient en outre une indemnité pour dommage moral. Enfin ils revendiquaient le remboursement des frais de justice devant les juridictions nationales et des frais encourus dans la procédure à Strasbourg.
4. La question de l'application de l'article 41 de la Convention ne se trouvant pas en état, la Cour l'a réservée et a invité le Gouvernement et les requérants à lui soumettre par écrit, dans les trois mois à compter du jour où l'arrêt deviendrait définitif, leurs observations sur ladite question et notamment à lui donner connaissance de tout accord auquel ils pourraient aboutir (ibidem, § 108, et point 2 du dispositif).
5. L'arrêt au principal est devenu définitif le 12 octobre 2005, à la suite du rejet par le collège de cinq juges de la Grande Chambre de la demande de renvoi déposée par le gouvernement défendeur. Le délai de trois mois est échu sans que les parties ne parviennent à un accord.
6. Le 12 juin 2006, le Président de la Chambre, auquel la suite de la procédure était confiée (point 2 c) du dispositif de l'arrêt au principal), a décidé de demander aux parties de nommer chacune un expert devant évaluer le préjudice matériel et de déposer un rapport d'expertise avant le 30 septembre 2006.
7. Seuls les requérants ont déposé un rapport d'expertise dans le délai imparti. Ce dernier a été transmis au Gouvernement.
8. Le 8 novembre 2006, le Gouvernement a déposé un mémoire.
Les requérants y ont répondu le 9 janvier 2007.
EN DROIT
I. SUR L'APPLICATION DE L'ARTICLE 46 DE LA CONVENTION9.
Aux termes de cette disposition :« 1. Les Hautes Parties contractantes s'engagent à se conformer aux arrêts définitifs de la Cour dans les litiges auxquels elles sont parties.2. L'arrêt définitif de la Cour est transmis au Comité des Ministres qui en surveille l'exécution. »
10. La Cour rappelle avoir conclu dans son arrêt au principal (§§ 92-94 et §§ 98-102 de l'arrêt au principal) :« La Cour note ensuite que le mécanisme de l'expropriation indirecte permet en général à l'administration de passer outre les règles fixées en matière d'expropriation, avec le risque d'un résultat imprévisible ou arbitraire pour les intéressés, qu'il s'agisse d'une illégalité existant depuis le début ou d'une illégalité survenue par la suite.A cet égard, la Cour note que l'expropriation indirecte permet à l'administration d'occuper un terrain et de le transformer irréversiblement, de telle sorte qu'il soit considéré comme acquis au patrimoine public, sans qu'en parallèle un acte formel déclarant le transfert de propriété ne soit adopté. En l'absence d'un acte formalisant l'expropriation et intervenant au plus tard au moment où le propriétaire a perdu toute disponibilité du bien, l'élément qui permettra de transférer au patrimoine public le bien occupé et d'atteindre une sécurité juridique est le constat d'illégalité de la part du juge, valant déclaration de transfert de propriété. Il incombe à l'intéressé -qui continue d'être formellement propriétaire - de solliciter du juge compétent une décision constatant, le cas échéant, l'illégalité assortie de la réalisation d'un ouvrage d'intérêt public, conditions nécessaires pour qu'il soit déclaré rétroactivement privé de son bien.Au vu de ces éléments, la Cour estime que le mécanisme de l'expropriation indirecte n'est pas apte à assurer un degré suffisant de sécurité juridique.(...)Dans la présente affaire, la Cour relève qu'en appliquant le principe de l'expropriation indirecte, les juridictions italiennes ont considéré les requérants privés de leur bien à compter du 13 janvier 1982, les conditions d'illégalité de l'occupation et d'intérêt public de l'ouvrage construit étant réunies. Or, en l'absence d'un acte formel d'expropriation, la Cour estime que cette situation ne saurait être considérée comme « prévisible », puisque ce n'est que par la décision définitive – l'arrêt de la Cour de cassation – que l'on peut considérer le principe de l'expropriation indirecte comme ayant effectivement été appliqué et que l'acquisition du terrain au patrimoine public a été consacrée. Par conséquent, les requérants n'ont eu la « sécurité juridique » concernant la privation du terrain que le 23 août 2002, date du dépôt au greffe de l'arrêt de la Cour de cassation.La Cour observe ensuite que la situation en cause a permis à l'administration de tirer parti d'une occupation de terrain sine titulo depuis le début et qualifiée d'arbitraire par le tribunal administratif (paragraphe 14 ci-dessus). En d'autres termes, l'administration a pu s'approprier le terrain au mépris des règles régissant l'expropriation en bonne et due forme et, entre autres, sans qu'une indemnité ne soit mise à la disposition des intéressés.S'agissant de l'indemnité, la Cour constate que l'application rétroactive de la loi budgétaire no 662 de 1996 au cas d'espèce a eu pour effet de priver les requérants d'une réparation intégrale du préjudice subi.A la lumière de ces considérations, la Cour estime que l'ingérence litigieuse n'est pas compatible avec le principe de légalité et qu'elle a donc enfreint le droit au respect des biens des requérants.Dès lors, il y a eu violation de l'article 1 du Protocole no 1. »
11. La violation du droit des requérants, tel que le garantit l'article 1 du Protocole no 1, tire son origine d'un problème à grande échelle résultant du comportement hors norme des administrations, entériné par les cours et tribunaux au titre de l'expropriation indirecte, et qui permet à ces mêmes administrations de s'approprier les biens en question. La méconnaissance du principe de légalité et du droit au respect des biens n'a pas été causée par un incident isolé ni n'est imputable au tour particulier qu'ont pris les événements dans le cas des intéressés. Il résulte de l'application du principe de l'expropriation indirecte, principe de source jurisprudentielle, par la suite codifié, à l'égard d'une catégorie précise de citoyens, à savoir les personnes propriétaires de terrains occupés sans titre depuis le début, ou à partir d'un moment donné (§§ 30-60 de l'arrêt au principal).La Cour est d'avis que les faits de la cause révèlent dans l'ordre juridique italien une défaillance, en conséquence de laquelle une catégorie entière de particuliers se sont vus, ou se voient toujours, privés arbitrairement de leur droit au respect de leurs biens. Elle estime également que les lacunes du droit décelées dans l'affaire particulière des requérants peuvent donner lieu à l'avenir à de nombreuses requêtes bien fondées.
12. Avant d'examiner les demandes de satisfaction équitable présentées par les requérants au titre de l'article 41 de la Convention, et eu égard aux circonstances de l'espèce ainsi qu'à l'évolution de sa charge de travail, la Cour se propose d'examiner quelles conséquences peuvent être tirées de l'article 46 de la Convention pour l'Etat défendeur. Elle rappelle qu'aux termes de l'article 46 les Hautes Parties contractantes s'engagent à se conformer aux arrêts définitifs rendus par la Cour dans les litiges auxquels elles sont parties, le Comité des Ministres étant chargé de surveiller l'exécution de ces arrêts. Il en découle notamment que, lorsque la Cour constate une violation, l'Etat défendeur a l'obligation juridique non seulement de verser aux intéressés les sommes allouées au titre de la satisfaction équitable prévue par l'article 41, mais aussi de choisir, sous le contrôle du Comité des Ministres, les mesures générales et/ou, le cas échéant, individuelles à intégrer dans son ordre juridique interne afin de mettre un terme à la violation constatée par la Cour et d'en effacer autant que possible les conséquences. L'Etat défendeur demeure libre, sous le contrôle du Comité des Ministres, de choisir les moyens de s'acquitter de son obligation juridique au regard de l'article 46 de la Convention, pour autant que ces moyens soient compatibles avec les conclusions contenues dans l'arrêt de la Cour (Scozzari et Giunta c. Italie [GC], nos 39221/98 et 41963/98, § 249, CEDH 2000-VIII ; Broniowski c. Pologne [GC], no 31443/96, § 192, CEDH 2004-V).
13. En outre, il résulte de la Convention, et notamment de son article 1, qu'en ratifiant la Convention, les Etats contractants s'engagent à faire en sorte que leur droit interne soit compatible avec celle-ci (Maestri c. Italie [GC], no 39748/98, § 47, CEDH 2004-I).
14. La violation que la Cour a constatée en l'espèce découle d'une situation concernant un grand nombre de personnes, à savoir la catégorie des particuliers concernés par l'occupation sans titre de terrain, et qui sont susceptibles de perdre leur bien par voie d'une décision judiciaire entérinant le comportement illégal des autorités en vertu de l'expropriation indirecte. La Cour est déjà saisie de dizaines de requêtes de ce type. Le 30 mai 2000, la Cour s'est prononcée pour la première fois sur l'expropriation indirecte (Carbonara et Ventura c. Italie, no 24638/94, CEDH 2000-VI ; Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie, no 31524/96, CEDH 2000-VI). En 2003, elle a précisé les critères s'appliquant à la satisfaction équitable dans le cas d'expropriation indirecte (Carbonara et Ventura c. Italie (satisfaction équitable), no 24638/94, 11 décembre 2003 ; Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie (satisfaction équitable), no 31524/96, 30 octobre 2003). Depuis, la Cour a rendu de nombreux arrêts constatant la violation de l'article 1 du Protocole no 1 en raison d'une privation de biens au titre de l'expropriation indirecte. C'est là non seulement un facteur aggravant quant à la responsabilité de l'Etat au regard de la Convention à raison d'une situation passée ou actuelle, mais également une menace pour l'effectivité à l'avenir du dispositif mis en place par la Convention.
15. Bien qu'en principe il ne lui appartienne pas de définir quelles peuvent être les mesures de redressement appropriées pour que l'Etat défendeur s'acquitte de ses obligations au regard de l'article 46 de la Convention, eu égard à la situation de caractère structurel qu'elle constate, la Cour observe que des mesures générales au niveau national s'imposent sans aucun doute dans le cadre de l'exécution du présent arrêt, mesures qui doivent prendre en considération les nombreuses personnes touchées. En outre, les mesures adoptées doivent être de nature à remédier à la défaillance structurelle dont découle le constat de violation formulé par la Cour, de telle sorte que le système instauré par la Convention ne soit pas compromis par un grand nombre de requêtes résultant de la même cause. Pareilles mesures doivent donc comprendre un mécanisme offrant aux personnes lésées une réparation pour la violation de la Convention établie dans le présent arrêt relativement aux requérants. A cet égard, la Cour a le souci de faciliter la suppression rapide et effective d'un dysfonctionnement constaté dans le système national de protection des droits de l'homme. Une fois un tel défaut identifié, il incombe aux autorités nationales, sous le contrôle du Comité des Ministres, de prendre, rétroactivement s'il le faut (voir les arrêts Bottazzi c. Italie [GC], no 34884/97, § 22, CEDH 1999-V, Di Mauro c. Italie [GC], no 34256/96, § 23, CEDH 1999-V, et la Résolution provisoire du Comité des Ministres ResDH(2000)135 du 25 octobre 2000 (Durée excessive des procédures judiciaires en Italie : mesures de caractère général) ; voir également Brusco c. Italie (déc.), no 69789/01, CEDH 2001-IX, et Giacometti et autres c. Italie (déc.), no 34939/97, CEDH 2001-XII), les mesures de redressement nécessaires conformément au principe de subsidiarité de la Convention, afin que la Cour n'ait pas à réitérer son constat de violation dans une longue série d'affaires comparables.
16. Pour aider l'Etat défendeur à remplir ses obligations au titre de l'article 46, la Cour a cherché à indiquer le type de mesures que l'Etat italien pourrait prendre pour mettre un terme à la situation structurelle constatée en l'espèce.Elle estime que l'Etat devrait, avant tout, prendre des mesures visant à prévenir toute occupation hors norme de terrains, qu'il s'agisse d'occupation sans titre depuis le début ou d'occupation initialement autorisée et devenue sans titre par la suite. Dans cette optique, il serait concevable de n'autoriser l'occupation d'un terrain que lorsqu'il est établi que le projet et les décisions d'expropriation ont été adoptés dans le respect des règles fixées et qu'ils sont assortis d'une ligne budgétaire apte à garantir une indemnisation rapide et adéquate de l'intéressé (pour les principes applicables en matière d'indemnisation en cas d'expropriation en bonne et due forme, voir Scordino c. Italie (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 93-98, CEDH 2006-). En outre, l'Etat défendeur devrait décourager les pratiques non conformes aux règles des expropriations en bonne et due forme, en adoptant des dispositions dissuasives et en recherchant les responsabilités des auteurs de telles pratiques.Dans tous les cas où un terrain a déjà fait l'objet d'occupation sans titre et a été transformé en l'absence de décret d'expropriation, la Cour estime que l'Etat défendeur devrait supprimer les obstacles juridiques empêchant systématiquement et par principe la restitution du terrain. Lorsque la restitution d'un terrain s'avère impossible pour des raisons plausibles in concreto, l'Etat défendeur devrait assurer le paiement d'une somme correspondant à la valeur qu'aurait la restitution en nature. En outre, l'Etat devrait prendre des mesures budgétaires adéquates pour allouer, s'il y a lieu, des dommages-intérêts pour les pertes subies et qui ne seraient pas couvertes par la restitution en nature ou le paiement qui en prend la place (paragraphes 25-39 ci-dessous).II. SUR L'APPLICATION DE L'ARTICLE 41 DE LA CONVENTION17. Aux termes de l'article 41 de la Convention,« Si la Cour déclare qu'il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d'effacer qu'imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s'il y a lieu, une satisfaction équitable. »A. Dommage matériel1. Arguments des requérants18. Les requérants demandent à la Cour de leur accorder une satisfaction équitable conformément à la jurisprudence en matière d'expropriation indirecte (Carbonara et Ventura c. Italie (satisfaction équitable), no 24638/94, 11 décembre 2003 ; Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie (satisfaction équitable), no 31524/96, 30 octobre 2003). Selon eux, seule la restitution du terrain aurait pu les placer dans une situation équivalente à celle d'origine. A défaut de restitution, les requérants demandent à être intégralement dédommagés, déduction faite de la somme qu'ils ont perçue au niveau national, et réclament une somme couvrant la valeur du terrain d'aujourd'hui, augmentée de la plus-value apportée par l'existence de bâtiments, et perte de jouissance.19. A l'appui de leurs prétentions, les requérants ont déposé un rapport d'expertise, rédigé par trois experts. L'estimation porte sur une étendue de 3 694 mètres carrés, située à quelques kilomètres du centre ville de Reggio de Calabre, dans une zone se prêtant à un développement urbain.Le rapport fait état de ce qu'en 1980, année de l'occupation du terrain, le volume d'occupation du sol (indice di fabbricabilità) passa de 1, 75 mètres cubes par mètre carré à 3,15 mètres cubes par mètre carré. Deux bâtiments comprenant trente logements et des garages y ont été construits, pour un volume de 13 338 mètres cubes.Les experts ont déterminé à 1 329 840 EUR (360 EUR le mètre carré) la valeur actuelle du terrain, en fonction du marché immobilier d'aujourd'hui.Ils se sont ensuite penchés sur la plus-value apportée par l'existence des bâtiments affectés à usage résidentiel. Cette plus-value, déduction faite de la valeur du sol, est de 2 476 067 EUR.Par ailleurs, les experts ont indiqué que le coût de construction des bâtiments en 2006, déduction faite de 17 % pour cause de vétusté des immeubles, moins la valeur du sol, est également de 2 476 067 EUR.Les experts ont enfin évalué le dommage pour perte de jouissance, dû à l'impossibilité d'utiliser le terrain et les bâtiments pendant plus de vingt-quatre ans. Ce dommage s'élève globalement à 4 179 653,50 EUR.20. Pour résumer les conclusions des experts :
valeur du terrain en 2006 :
1 329 840 EUR
plus-value apportée par les bâtiments = coût de construction en 2006, moins vétusté :
2 476 067 EUR
non-jouissance du terrain et des bâtiments :
4 179 653,50 EUR
2. Arguments du Gouvernement
21. Le Gouvernement n'a pas produit de contre expertise. Il n'a pas non plus formulé des critiques quant au bien-fondé et à l'exactitude des calculs présentés dans le rapport d'expertise des requérants.
22. Dans son mémoire, le Gouvernement conteste la jurisprudence de la Cour en matière de satisfaction équitable pour privation arbitraire de biens, jurisprudence sur laquelle les prétentions des requérants se fondent.Le Gouvernement estime que l'arrêt Papamichalopoulos constitue un précédent erroné, tant sur le plan juridique qu'économique : il y aurait eu confusion entre la valeur des bâtiments, le coût de construction, la plus-value apportée par les bâtiments. En outre, le Gouvernement soutient que la mise à la charge d'un Etat de l'obligation de restituer un terrain - y compris les bâtiments qui y ont été construits -, revient à un enrichissement pour l'intéressé, qui obtiendrait ainsi gratuitement l'investissement réalisé par l'Etat.Le Gouvernement critique ensuite l'arrêt Carbonara et Ventura, dans la mesure où une somme correspondant au coût de construction de l'école construite par les autorités a été accordée au requérant. Enfin, il observe que dans l'affaire Belvedere Alberghiera, où le terrain avait été utilisé pour la construction d'une route, la Cour n'a pas accordé une somme correspondant au coût de construction de la route mais une somme pour dépréciation de l'immeuble dûe à la construction de la route.
23. En conclusion, le Gouvernement trouve que cette jurisprudence est incohérente et demande à la Cour de l'abandonner.
24. Le Gouvernement plaide pour que la Cour adopte de nouveaux critères et accorde ainsi aux intéressés une satisfaction équitable se limitant à la valeur marchande du terrain à l'époque de la transformation de celui-ci, augmentée du taux de l'inflation dans la période concernée et d'intérêts. A l'appui de sa thèse, le Gouvernement soutient que la décision par laquelle les tribunaux nationaux constatent l'illégalité commise par l'administration a pour effet de légaliser la situation puisqu'elle remplace l'acte d'expropriation qui a fait défaut. Par conséquent, les intéressés ne peuvent pas aspirer à un dédommagement, ce dernier étant réservé aux cas de privation arbitraire de biens.
3. Décision de la Cour
25. La Cour rappelle qu'un arrêt constatant une violation entraîne pour l'Etat défendeur l'obligation de mettre un terme à la violation et d'en effacer les conséquences de manière à rétablir autant que faire se peut la situation antérieure à celle-ci (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
26. Les Etats contractants parties à une affaire sont en principe libres de choisir les moyens dont ils useront pour se conformer à un arrêt constatant une violation. Ce pouvoir d'appréciation quant aux modalités d'exécution d'un arrêt traduit la liberté de choix dont est assortie l'obligation primordiale imposée par la Convention aux Etats contractants : assurer le respect des droits et libertés garantis (article 1). Si la nature de la violation permet une restitutio in integrum, il incombe à l'Etat défendeur de la réaliser, la Cour n'ayant ni la compétence ni la possibilité pratique de l'accomplir elle-même. Si, en revanche, le droit national ne permet pas ou ne permet qu'imparfaitement d'effacer les conséquences de la violation, l'article 41 habilite la Cour à accorder, s'il y a lieu, à la partie lésée la satisfaction qui lui semble appropriée (Brumărescu c. Roumanie (satisfaction équitable) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2000-I).
27. Dans son arrêt au principal, la Cour a dit que l'ingérence litigieuse ne satisfaisait pas à la condition de légalité (§§ 98-102 de l'arrêt au principal). L'acte du gouvernement italien que la Cour a tenu pour contraire à la Convention n'était pas en l'espèce une expropriation qui eût été légitime si une indemnisation adéquate avait été versée ; au contraire, elle était une mainmise de l'Etat sur le terrain des requérants, à laquelle ceux-ci n'ont pu remédier (§§ 99-100 de l'arrêt au principal).A cet égard, la Cour a relevé que les juridictions nationales ont pris note de la situation d'illégalité, et qu'en vertu de ce constat, elles ont déclaré les requérants comme étant privés de leur bien au bénéfice de l'occupant (§ 98 de l'arrêt au principal). En outre, la Cour a estimé qu'en dépit de l'indemnité versée aux requérants, il n'y avait pas eu « réparation intégrale du préjudice subi» (§ 100 de l'arrêt au principal).
28. Il ressort clairement de ces éléments que la Cour a retenu le statut de « victimes » des requérants pour parvenir ensuite au constat de violation de l'article 1 du Protocole no 1 (Eckle c. Allemagne, arrêt du 15 juillet 1982, série A no 51, p. 32, §§ 69 et suiv., Amuur c. France, 25 juin 1996, Recueil 1996-III, p. 846, § 36, Dalban c. Roumanie [GC], no 28114/95, § 44, CEDH 1999-VI et Jensen c. Danemark (déc.), no 48470/99, CEDH 2001-X). Par ailleurs, les requérants restent toujours « victimes », leur situation demeurant inchangée depuis le prononcé de l'arrêt au principal.
29. La Cour réaffirme qu'à ses yeux, la décision par laquelle une juridiction nationale prend acte d'une occupation illégale d'un terrain et déclare l'expropriation indirecte de celui-ci n'a pas pour effet de régulariser la situation dénoncée. Elle se limite à entériner une situation illégale (parmi les nombreux arrêts, voir Serrao c. Italie, no 67198/01, § 81, 13 octobre 2005), situation qui ne peut dès lors être redressée en l'absence d'une réparation conforme aux critères s'appliquant aux cas de privations illégales de biens.
30. Partant la Cour rejette l'argument du Gouvernement et réaffirme l'impossibilité de mettre sur le même plan une expropriation régulière, qui méconnaîtrait l'article 1 du Protocole no 1 au motif du caractère inadéquat de l'indemnité, et une affaire comme celle de l'espèce, où la violation du droit au respect des biens des requérants dépend de la violation du principe de légalité (Ex-Roi de Grèce et autres c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 25701/94, § 75, CEDH 2002)Il s'ensuit que la réparation en cas d'expropriation indirecte ne sera pas similaire à l'indemnité retenue pour les affaires où le constat de violation de l'article 1 du Protocole no 1 pour privation de biens se fonde sur la rupture du « juste équilibre », eu égard au niveau d'indemnisation largement inférieur à la valeur marchande du terrain et à l'absence de motifs « d'utilité publique » permettant de verser une indemnité d'expropriation inférieure à la valeur du bien (Scordino c. Italie (no 1) [GC], no 36813/97, § 257, CEDH 2006-).
31. L'indemnisation à fixer en l'espèce devra refléter l'idée d'un effacement total des conséquences de l'ingérence litigieuse. En effet, dans la présente affaire c'est l'illégalité intrinsèque de la mainmise sur le terrain, qui a été à l'origine de la violation constatée sous l'angle de l'article 1 du Protocole no 1. Le caractère illicite de pareille dépossession se répercute par la force des choses sur les critères à employer pour déterminer la réparation due par l'Etat défendeur, les conséquences financières d'une mainmise licite ne pouvant être assimilées à celles d'une dépossession illicite (Ex-Roi de Grèce et autres c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], précité, § 75 ; Scordino c. Italie [GC], précité, § 250).32. La Cour rappelle avoir fondé sa jurisprudence en matière de satisfaction équitable en cas de privation arbitraire de biens suivant les principes élaborés par la Cour permanente de justice internationale (Papamichalopoulos et autres c. Grèce (article 50), arrêt du 31 octobre 1995, série A no 330-B, § 36), qui dans son arrêt du 13 septembre 1928 dans l'affaire relative à l'usine de Chorzów, a jugé :« (...) la réparation doit, autant que possible, effacer toutes les conséquences de l'acte illicite et rétablir l'état qui aurait vraisemblablement existé si ledit acte n'avait pas été commis. Restitution en nature, ou, si elle n'est pas possible, paiement d'une somme correspondant à la valeur qu'aurait la restitution en nature; allocation, s'il y a lieu, de dommages-intérêts pour les pertes subies et qui ne seraient pas couvertes par la restitution en nature ou le paiement qui en prend la place; tels sont les principes desquels doit s'inspirer la détermination du montant de l'indemnité due à cause d'un fait contraire au droit international. » (Recueil des arrêts, série A no 17, p. 47)
33. La Cour a adopté une position très semblable dans l'affaire Papamichalopoulos c. Grèce (Papamichalopoulos et autres c. Grèce (article 50), précité, §§ 36 et 39). Elle y a conclu à une violation en raison d'une expropriation de fait irrégulière (occupation de terres par la marine grecque depuis 1967) qui durait depuis plus de vingt-cinq ans à la date de l'arrêt au principal rendu le 24 juin 1993. La Cour enjoignit en conséquence à l'Etat grec de verser aux requérants, pour dommage et perte de jouissance depuis la prise de possession par les autorités de ces terrains, une somme équivalente à la valeur actuelle des terrains augmentée de la plus-value apportée par l'existence de certains bâtiments qui avaient été édifiés depuis l'occupation.
34. La Cour a suivi cette même approche dans deux affaires italiennes, portant sur des expropriations non conformes au principe de la prééminence du droit. Dans la première de ces affaires, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie (satisfaction équitable), no 31524/96, §§ 34-36, 30 octobre 2003), elle a dit :« Comme c'est l'illégalité intrinsèque de la mainmise, qui a été à l'origine de la violation constatée, l'indemnisation doit nécessairement refléter la valeur pleine et entière des biens.S'agissant du dommage matériel, la Cour estime par conséquent que l'indemnité à accorder à la requérante ne se limite pas à la valeur qu'avait sa propriété à la date de l'occupation. Pour cette raison, elle a invité l'expert à estimer aussi la valeur actuelle du terrain litigieux et les autres préjudices.La Cour décide que l'Etat devra verser à l'intéressée la valeur actuelle du terrain. A ce montant s'ajoutera une somme pour la non-jouissance du terrain depuis que les autorités on pris possession du terrain en 1987 et pour la dépréciation de l'immeuble. En outre, à défaut de commentaires du Gouvernement sur l'expertise, il y a lieu d'octroyer une somme pour le manque à gagner dans l'activité hôtelière. »
35. Dans la deuxième de ces affaires (Carbonara et Ventura c. Italie (satisfaction équitable), no 24638/94, §§ 40-41, 11 décembre 2003), la Cour a déclaré :« S'agissant du dommage matériel, la Cour estime par conséquent que l'indemnité à accorder aux requérants ne se limite pas à la valeur qu'avait leur propriété à la date de son occupation. Pour cette raison, elle a invité l'expert à estimer aussi la valeur actuelle du terrain litigieux. Cette valeur ne dépend pas de conditions hypothétiques, ce qui serait le cas s'il se trouvait aujourd'hui dans le même état qu'en 1970. Il ressort clairement du rapport d'expertise que, depuis lors, ledit terrain et son voisinage immédiat – qui disposaient de par leur situation d'un potentiel de développement urbain – ont été mis en valeur par la construction de bâtiments, dont l'école.La Cour décide que l'Etat devra verser aux intéressés, pour dommage et perte de jouissance depuis que les autorités ont pris possession du terrain en 1970, la valeur actuelle du terrain augmentée de la plus-value apportée par l'existence du bâtiment.Quant à la détermination du montant de cette indemnité, la Cour entérine les conclusions du rapport d'expertise pour l'évaluation exacte du préjudice subi. Ce montant s'élève à 1 385 394,60 EUR. »
36. Il ressort de l'analyse des trois affaires mentionnées ci-dessus, qui portent toutes sur des cas de dépossession illicite en soi, qu'aux fins de réparer intégralement le préjudice subi la Cour a octroyé des sommes incluant la valeur actuelle du terrain par rapport au marché immobilier d'aujourd'hui. En outre, elle a cherché à compenser les pertes subies qui ne seraient pas couvertes par le versement de ce montant, en tenant compte du potentiel du terrain en cause, calculé, le cas échéant, à partir du coût de construction des immeubles érigés par l'expropriant.
37. Compte tenu des considérations qui précèdent, la Cour estime que dans la présente affaire la nature de la violation constatée dans l'arrêt au principal lui permet de partir du principe d'une restitutio in integrum. En conséquence, la Cour estime que la restitution du terrain litigieux – couplée de l'attribution des bâtiments existants – aurait placé les requérants, le plus possible, dans une situation équivalente à celle où ils se trouveraient s'il n'y avait pas eu manquement aux exigences de l'article 1 du Protocole no 1 ; les indemniserait alors intégralement des conséquences de la perte de jouissance alléguée (Papamichalopoulos et autres c. Grèce (article 50), arrêt précité, § 36 et §38).
38. A défaut de restitution, la Cour estime que l'indemnité à accorder aux requérants ne se limite pas à la valeur qu'avait leur propriété à la date de l'occupation. Elle décide que l'Etat devra verser aux intéressés une somme correspondant à la valeur actuelle du terrain (1 329 840 EUR), de laquelle il convient de déduire l'indemnité obtenue par les requérants au niveau national (à savoir 264 284 339 ITL en 1982, voir paragraphe 25 de l'arrêt au principal) et actualisée (soit environ 436 000 EUR). A ce montant s'ajoutera une somme pour la plus-value apportée par la présence de bâtiments – qui en l'espèce a été estimée au même niveau que le coût de construction – et qui est susceptible de compenser les requérants également pour toute autre perte subie par les requérants.
39. Quant à la détermination du montant de cette indemnité, en l'absence d'expertise déposée par le Gouvernement et en l'absence de commentaires concernant les montants réclamés, la Cour s'appuie sur le rapport d'expertise des requérants. Statuant en équité, la Cour accorde aux requérants 3 300 000 EUR.
B. Dommage moral
40. Les requérants sollicitent chacun 25 000 EUR.
41. Le Gouvernement trouve ces sommes excessives et s'en remet à la sagesse de la Cour.
42. La Cour considère que la violation de la Convention a porté aux requérants un tort moral certain, résultant du sentiment d'impuissance et de frustration face à la dépossession illégale de leurs biens. Statuant en équité, elle alloue à chacun des requérants 10 000 EUR de ce chef, soit 40 000 EUR au total.
C. Frais et dépens
43. Les requérants demandent le remboursement de 26 983, 76 EUR pour les frais encourus devant les juridictions nationales. Ils sollicitent en outre le remboursement des frais exposés devant la Cour pour un montant global de 51 891, 44 EUR, dont 46 000 EUR pour honoraires, taxe sur la valeur ajoutée (TVA) et contributions sociales (CPA) en sus. Les requérants ne demandent pas le remboursement des frais d'expertise.
44. Le Gouvernement observe que les sommes réclamées sont excessives et s'en remet à la sagesse de la Cour.
45. La Cour rappelle que l'allocation des frais et dépens au titre de l'article 41 présuppose que se trouvent établis dans leur réalité, leur nécessité et, de plus, le caractère raisonnable de leur taux (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) précité, § 54). En outre, les frais de justice ne sont recouvrables que dans la mesure où ils se rapportent à la violation constatée (Van de Hurk c. Pays-Bas, arrêt du 19 avril 1994, série A no 288, § 66).
46. La Cour ne doute pas de la nécessité des frais réclamés ni qu'ils aient été effectivement engagés à ce titre. Elle estime ensuite que l'affaire des requérants devant les juridictions nationales visait essentiellement à réparer les violations de la Convention alléguées devant la Cour. La Cour juge cependant trop élevés les honoraires totaux revendiqués à ce titre. Elle considère dès lors qu'il n'y a lieu de les rembourser qu'en partie.Compte tenu des circonstances de la cause, et statuant en équité comme le veut l'article 41 de la Convention, la Cour juge raisonnable d'allouer un montant de 30 000 EUR, augmenté de TVA et CPA, pour l'ensemble des frais exposés devant les juridictions nationales et à Strasbourg.
D. Intérêts moratoires
47. La Cour juge approprié de baser le taux des intérêts moratoires sur le taux d'intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L'UNANIMITÉ,
1. Dit
a) que l'Etat défendeur doit verser aux requérants, dans les trois mois à compter du jour où l'arrêt sera devenu définitif conformément à l'article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 3 300 000 EUR (trois millions trois cent mille euros) pour dommage matériel ;
ii. 40 000 EUR (quarante mille euros) pour dommage moral ;
iii. 30 000 EUR (trente mille euros) pour frais et dépens ;
iv. tout montant pouvant être dû à titre d'impôt sur lesdites sommes ;
b) qu'à compter de l'expiration dudit délai et jusqu'au versement, ces montants seront à majorer d'un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
2. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 6 mars 2007 en application de l'article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
T.L. Early Nicolas Bratza
Greffier Président

...Riceviamo e gentilmente pubblichiamo ...


(SCORDINO C. ITALIA) LA VIOLAZIONE DELLA PROTEZIONE DELLA PROPRIETA' MEDIANTE ESPROPRIAZIONE INDIRETTA SENZA EQUO INDENNIZZO - CRITERI PER STABILIRE L'EQUA SODDISFAZIONE
Con una sentenza del 17 maggio 2005 la Corte aveva condannato l’Italia per la violazione dell'art. 1 del Protocollo n. 1, in relazione all’occupazione d’urgenza subita dai ricorrenti, ritenendo il relativo sistema espropriativo non idoneo a garantire un “grado sufficiente di sicurezza giuridica”. Si trattava di una violazione che la Corte aveva constatato per decine di casi simili. Nel caso di specie era stata chiesta dai ricorrenti a titolo di equa soddisfazione il pagamento da parte dello Stato italiano di una somma corrispondente al valore del terreno occupato, dedotta dell'indennità
ottenuta dalle autorità nazionali, ma aumentata del valore delle costruzioni ivi costruite, oltre ad un’indennità per il danno morale subito e al rimborso delle spese di giustizia sostenute dinanzi alle giurisdizioni nazionali e nella procedura a Strasburgo. Sulla questione dell'applicazione dell'art. 41 la Corte si era riservata, invitando le parti a presentare le proprie osservazioni. La
Corte ha ritenuto che l'indennità versata dallo Stato a titolo dell’occupazione d’urgenza non fosse sufficiente a realizzare la "riparazione integrale del pregiudizio subito" dai ricorrenti. Ha ricordato infatti che la compensazione deve mirare alla “cancellazione totale” delle conseguenze derivanti dalla violazione constatata, ristabilendo la situazione precedente alla violazione.
Nel caso in cui non sia possibile la restituzione del terreno alle parti, la riparazione deve essere ottenuta con il versamento di una somma, corrispondente alla “restitutio in integrum”, alla quale deve aggiungersi il pagamento dei danni e degli interessi. Già in precedenza la Corte in casi simili, per riparare completamente il pregiudizio subito, aveva assegnato ai ricorrenti somme che includevano il valore corrente del terreno rispetto al mercato immobiliare, oltre che il suo valore potenziale, calcolato, se necessario, sulla base del costo delle costruzioni ivi esistenti. Applicando tali principi nel presente affare, la Corte ha stabilito che lo Stato italiano deve versare una somma
corrispondente al valore attuale del terreno, alla quale deve essere dedotta l'indennità ottenuta a livello nazionale, oltre alla plusvalenza data dalla presenza di edifici – quantificata con il loro costo di costruzione. Per quanto riguarda il danno morale, la Corte ha stabilito che la violazione subita ha arrecato alle parti private un “torto morale certo, risultante dalla sensazione d'impotenza e di frustrazione di fronte all'espropriazione illegale dei loro beni”, quantificandolo per ogni ricorrente nella somma di euro 10.000,00.
tratto da "Massimario della Suprema Corte di Cassazione " in http://www.giustizia.it/

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